Il rifugio dello scrittore

I Giorni del Gigante: Il caso della Signora P.

Parte 3

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. GiorgioFochettini
     
    .

    User deleted





    - Voglio mostrarle delle foto: disse risoluta la signora P.
    Il signor L. accolse di buon grado la proposta. Non fece in tempo a dire nulla, la signora si alzò ed uscì dalla stanza.
    Stavolta non si guardò intorno, la stanza era così grande da mettergli paura. Addentrarsi in quello spazio, tra quelle cose, lo angosciava, sentiva una soffocante malinconia. Aveva la gola secca, versò un poco di liquore e si diresse verso la vetrata.
    La vista era magnifica, un bosco circondava il lago. Alcuni alberi erano dei soldati, altri dei civili, tutti rivolti a guardare dentro un’enorme distesa grigia, una lapide di centinaia di metri quadri e metri cubi d’acqua.

    Una goccia colpì la vetrata, scorrendo segnò una linea. Il signor P. la seguì con lo sguardo finché non terminò la sua corsa.
    Ne arrivò un’altra e una ancora, frantumarono l’immobile omogeneità dei vetri, la loro trasparenza. Goccia dopo goccia, anche l’immenso e grigio volto del lago prese ad agitarsi e gli alberi, soldati e civili, intonarono una nenia. Dalle voci profonde, alle voci acute, il coro respirava e diretto dal vento emetteva i suoni.
    Il paesaggio si specchiava su un volto tormentato, ogni cosa prese parte allo spettacolo. 
Lo Schicksalslied della natura. Il signor L., Iperione.
    Il ritmo cresceva e cresceva, in sala nessun colpo di tosse da almeno trentaquattro battute, dagli archi agli ottoni, poi un lampo e il rimbombo violento e deciso dei timpani.
    Il bicchiere cadde a terra e andò in mille pezzi. Il signor L. rinvenne dal tormento, si inginocchiò tentando di fare qualcosa, tentando forse di ritrovarsi.
 La signora P. era nella stanza e teneva in mano un cofanetto d’argento. Lo osservava severa.
    L’uomo arrossì, si rese conto di essere stato maldestro, tentò di scusarsi, si voltò ancora verso la signora, ma lei era seduta. Ancora una volta gli dava le spalle.





    - Venga signor L., penserà mio fratello al bicchiere, non deve preoccuparsi.
    - Sono profondamente dispiaciuto signora, il tuono mi ha preso di sorpresa e io…
    - Le assicuro che non è un problema. Ora, se vuole accomodarsi…
    - Certo.
    La signora aprì il cofanetto e tirò fuori le foto.
    Nella prima foto c’erano due ragazze, una più alta e una più bassa. Vestivano con abiti eleganti e sorridevano.
    Sullo sfondo, poco nitido, alcune vallate.
    - Questa è la mia ultima foto da nubile. Quella accanto a me è una delle mie sorelle, la più piccola. Eravamo tre sorelle e due fratelli, una famiglia numerosa. Un fratello e una sorella erano di madri diverse, mio padre sposò mia madre da vedovo.

    I miei fratelli, figli di mio padre, erano così piccoli che non ricordavano la loro madre, d’altra parte mia madre li amò come se fossero stati figli suoi.
    Mio padre aveva una piccola fabbrica di scarpe, niente di eccezionale, ma era sempre stato molto abile nel commercio. Alcune entrate arrivavano anche dalle sue proprietà terriere. Si dava un gran da fare e a noi non mancò mai nulla.
    Il signor L. ascoltò con attenzione, poi chiese alla signora P. se avesse ancora dei contatti con qualcuno dei suoi familiari, eccetto il fratello con il quale viveva.
    Lei ignorò la domanda e proseguì: -Lasci che le mostri una foto di mio padre.
    Ancora una volta, una figura si presentò davanti al signor L.: un uomo alto, distinto. Aveva dei lunghi baffi e nella mano teneva una preziosa pipa. Accanto a lui, su un mobiletto, erano esposte delle scarpe da donna, mentre sotto il braccio sinistro reggeva un elegante bastone.
    - Ricordo che da bambina desideravo tantissimo stare con mio padre, era il mio eroe. 
 Accanto a lui mi sentivo forte, mi sentivo al sicuro e mi divertivo. Era un uomo d’altri tempi, ma un uomo giusto.
    Il signor L. stava ad ascoltarla e prendeva appunti, tuttavia aveva capito che la signora P. avrebbe guidato i giochi e che alle sue domande non avrebbe risposto se non quando si fosse sentita pronta.
    La signora proseguì con le foto e le loro storie. 
La luce aveva imprigionato anni ed anni nella carta, li aveva stregati e segregati, segretamente ingannati e dolcemente sedotti.
    Le strade, i muri, i vestiti, le case, i sorrisi, le finestre, i giardini, i segni dell’età. Compagni fedeli vittime della cellulosa.
    Furono interrotti dal signor P. che entrò per assicurarsi che tutto stesse andando per il meglio.
    - Oh Andre, ti prego, potresti pensare ai cocci di bicchiere vicino la vetrata, purtroppo c’è stato un piccolo incidente poco fa.
    Il signor Andre P. era rimasto tale e quale a quello nelle foto, ma aveva perso il particolarissimo sorriso che lo distingueva da tutti gli altri soggetti. Non che gli altri non ridessero, anzi, era una famiglia molto allegra e le foto erano tutte piene di vita e gioia, ma il sorriso di Andre era particolare.
    Vent'anni più giovane della signora P., sembrava esserne coetaneo.
    La signora P. era stata molto bella da giovane e lo era tutt’ora. Dalle foto traspariva il suo carattere ribelle, ma servile nei confronti della sua famiglia.
    Quando Andre ebbe finito con i resti del povero bicchiere - vittima della sindrome di Stendhal del signor L. - si rivolse all’ospite chiedendogli se si fosse fermato per il pranzo.Il signor L. lo ringraziò. Poi mentì, dicendosi già impegnato.
    Così, raccolse le sue cose.
    - Signora P. la ringrazio di tutto e…
    - Può tornare giovedì prossimo se le fa piacere, io sarò qui ad aspettarla. Per qualsiasi cosa, può contattare Andre, che sarà lieto di aiutarla.
    Il signor L. girò sui tacchi e uscì, rifece il percorso inverso e uscì dalla villa.
    Stava ancora piovendo, ma nulla che somigliasse al temporale annunciato per il pomeriggio.




    Giunto a casa, si cambiò i vestiti bagnati e preparò il pranzo.
    Viveva da solo, si era trasferito in città da un paio d’anni, le sue giornate trascorrevano pensando al lavoro e al giorno in cui avrebbe avuto più fortuna.
    Non amava la vita mondana, ma spesso si concedeva delle piacevoli uscite e anche delle notti di pura follia.
    C’era un tizio, un certo Raimondo, che aveva conosciuto durante le prime settimane di vita cittadina e con cui di tanto in tanto faceva un giro. Raimondo era sostanzialmente un pallone gonfiato, ma un pallone gonfiato affascinante. Piaceva a tutti e conosceva un sacco di persone, aveva contatti in qualsiasi ambito ed era anche parecchio fortunato.
    Era sposato con la figlia di un banchiere e aveva qualche amante qua e là. Non aveva figli, anche se avrebbe voluto averne. Grazie a lui il signor L. aveva saputo che la signora P. si era trasferita in città.
    Ufficialmente Raimondo gestiva un autosalone insieme al cognato.
    Era noto, però, che ogni tanto si concedesse a qualche affare di altro tipo, qualcosa di dubbia legalità.
    Ad ogni modo, per lui era semplicemente una conveniente compagnia e non gli importava del resto.
    Il signor L. finì di pranzare e si sdraiò per un attimo sul letto.
    Era sua abitudine riposarsi un poco dopo pranzo, per affrontare pieno di energia la seconda parte della giornata.
    Quel giorno però, aveva vissuto delle emozioni talmente forti, talmente solide, presenti, chiassose e caotiche, che non riuscì a riposare.
    A peggiorare la situazione c’erano le orride condizioni meteo. La pioggia iniziò a infittirsi e a diventare pesante e l’ululato del vento entrò prepotente nelle piazze, tra le strade e nelle case, i decibel erano quelli di un pomeriggio trascorso nel mezzo di una rappresaglia di Vietcong, arginata da un intervento di Grummar ben lieti di ricreare atmosfere degne del salotto di Lucifero.
    Il signor L. non aveva delle preferenze particolari per quanto riguarda le condizioni meteo, trovava affascinante la natura, in tutte le sue rappresentazioni. Anche quando molestava il suo riposo con temporali violenti.
    Il suo animo romantico lo doveva agli anni trascorsi a Francoforte sul Meno.
    In quegli anni scoprì persino l’amore, Maria Alina Wozniak.
    Maria era un’incantatrice, di una seduzione feroce, ipocrita dolcezza. Lui la amava, lei forse.
    Riusciva a controllarlo, come un abile burattinaio. Riusciva ad intrappolarlo nella sua tela, come una tarantola.
    Era la regina della notte. Forte e passionale. Intelligente. Un’ avvocato con studi filosofici alle spalle.
    Una mente acuta come lo squillo di tromba nell’Etamin, occhi taglienti come Saif. Era letale.
    Si perse per anni nelle sue movenze, nel suo ermetico sorriso, tra i suoi capelli.
    Finita la permanenza a Francoforte, Maria decise che non si sarebbero più rivisti e il signor L. non fece una piega e non soffrì. Di colpo non l’amava più, lei stessa aveva spezzato l’incantesimo.
    Gli aveva lasciato però i ricordi e le sensazioni.
    Non si era più legato a nessuna donna da allora.


    Il mattino seguente decise di fare due passi.
    Scese per strada, la giornata era ben più luminosa e un poco d’aria - pensò - gli avrebbe fatto bene.
    Percorse tutto il viale e poi girò a destra, imboccò un vicolo e si ritrovò in una piazzetta.
    Alcuni bambini giocavano a palla proprio lì.
    Mentre il signor L. passava di lì, la palla abbandonò fugace la compagnia e si precipitò proprio sull’uomo. Un bambino si fiondò a recuperarla, come la poiana sull’arvicola.
    Nella mente del signor L. ripiombò l’immagine del quadro nella villa dei P.
    Si chiedeva chi fosse quel bambino. L’immagine non lasciava la sua mente. Aveva visto tutte le foto che la signora P. gli aveva mostrato. Le aveva guardate bene, aveva preso appunti. Di quel bambino nemmeno l’ombra, nessuno pareva somigliargli.
    Eppure il quadro era così vivo, col giovinetto vittorioso e innocente sui colori della disperazione. Trionfante come Cristo nella Risurrezione di El Greco. Poetico e perduto, come un Orfeo senza la sua Euridice.
    La curiosità lo assaliva, lo possedeva, lo seduceva, lo umiliava e condannava.

    Una di quelle sere prima del nuovo incontro con la signora P., incontrò ancora Raimondo.
    Si videro in un bar, sedettero ad un tavolo e bevvero qualcosa.
    Raimondo osservava il suo interlocutore, questi invece taceva. Al primo, però, non piacevano i silenzi, lo disturbavano ed infastidivano.
    Così, decise di rompere il ghiaccio: - Pensi mai ad incontrare una donna? farti una vita? Amico mio, non puoi continuare a vivere con la tua solitudine e con la pazzia a sprazzi. Per poi arrivare qui col muso lungo. Se vuoi posso darti una mano, ne conosco di bocconcini che farebbero al caso tuo.
    Il signor L. alzò lo sguardo: - Ti ringrazio per l’interesse, ma ho gia i miei contatti.
    - I “miei contatti”? Ma ti senti? Come cazzo parli? E poi non credo a una parola di quello che dici. Io so cosa vuoi, hai deciso di fare il botto e ti sei messo a pensare a questo tuo progetto meraviglioso che ti renderà felice. So come sei fatto, tu implodi quando ti trovi di fronte a questo tipo di cose e sai di cosa hai bisogno? Hai bisogno di una donna. E hai bisogno anche di me.
    - Non è come pensi, sto benissimo. Forse mi distacco un poco, ma perché cerco di rimanere sul pezzo.
    - Ti distacchi un poco? È così? Mi sono già pentito di averti dato questo spunto, di averti servito la rovina su un piatto d’argento.
    - Non essere melodrammatico.
    - Io non sono melodrammatico, sono me stesso e cerco di aiutarti.
    - Puoi aiutarmi cercando di farmi rilassare e non stressandomi col solito discorso della donna e della solitudine e via dicendo.
    Pausa.
    Raimondo riprese, lui odia categoricamente i silenzi: - Di’ un po’, che tipo è?
    - Chi?
    - La signora P., ho sentito dire che è fuori come un balcone. Alcuni dicono che sia una sensitiva, una chiromante, una strega…
    - Non dire sciocchezze, è una signora per bene. Vive col fratello, è molto elegante, sa il fatto suo.
    - Capisco, ma… sai? in giro ci sono delle storie, no? Pare che compia dei riti, pare anche che ogni tanto si sentano delle urla.
    Io non ho notato nulla di anormale, mi è solo sembrata una signora a modo. Forse un po’ stanca, ma dopo quello che hanno passato, penso sia normale essere almeno stanchi.
    Raimondo lo ascoltava, ma era chiaro che cercasse dentro di sé ulteriori dicerie a riguardo.
    Lui amava comportarsi così, era un provocatore.
    L’incontro si concluse dopo un paio di drink. Il signor L. era stanco e decise di tornare a casa.




    Durante la notte, un rumore lo svegliò. 
Apri gli occhi e nella sua stanza vide una figura. Per la paura un urlo gli si strozzò in gola e non uscì. L’uomo si avventò su di lui, gli strinse le caviglie e iniziò a tirarlo a sé. Il signor L. fece di tutto per liberarsi da quella morsa, si districò, lo colpì più e più volte, urlò. Finalmente urlò.
    Si alzò dal letto, l’uomo lo prese alle spalle. Continuarono a lottare. Si diresse verso la porta della camera, sentiva il fiato sul collo e l’odore del sangue. Giunto alla porta, la aprì e accese la luce. I suoi occhi erano pieni di orrore. La stanza era vuota. Si guardò le mani, erano insanguinate. Muri, coperte, lenzuola, maniglia e interruttore tinti di rosso. 
Non era rimasta alcuna traccia dell’aggressore, nessun segno della sua presenza.
    Andò in bagno, era scosso e stava parecchio male. Sospettava anche di essersi fratturato un dito, ma per fortuna si sbagliava. Si lavò e medicò le ferite, poi guardò l’ora: era quasi l’alba.
    Non riuscì a tornare a letto, così decise di preparare una bella colazione per consolarsi. L’impresa non fu semplice, era contuso e dolorante.
    L’unica cosa positiva era il giorno: Giovedì.
    Era felice di poter tornare dalla signora P. di saperne di più, di ascoltarla, di scoprire ancora segreti nascosti. Non credeva ad una parola di quelle velenose di Raimondo, tuttavia in cuor suo sentiva che la signora P. non era una signora comune. Sentiva tutta la profondità di un’anima immensa. Aveva bisogno di stare al cospetto di tanta grandezza, per cibarsene, per farla sua. Inoltre aveva molte domande che lo tormentavano. Poi, c’era quel quadro. Doveva a tutti i costi rivederlo e scoprirne le verità nascoste. Si vestì a fatica, date le sue condizioni, e fece in modo di rendere le fasciature il più possibile discrete. Si avviò verso la villa della signora P. che, come da accordo, lo stava aspettando.


    Parte 4 ->

    Edited by GiorgioFochettini - 7/6/2018, 17:39
     
    Top
    .
  2. BitFrau
     
    .

    User deleted


    La storia mi piace come progredisce, ma lo stile affettato (per me) con cui viene raccontata non mi cattura, sorry.
    Anche in questa parte ho notato una aggettivazione stucchevole (per me), usata prima del sostantivo, e l'uso solito delle d eufoniche...
    Purtroppo, questi tratti, che per te saranno scelte stilistiche, non incontrano i miei gusti.
    Quante parti ci sono ancora?
     
    Top
    .
  3. GiorgioFochettini
     
    .

    User deleted


    Intanto ti ringrazio per la lettura.
    Più tardi se ho tempo, tolgo tutte le "d". In vita mia non sono mai state un problema, quindi non avrei mai pensato che potessero dare tanto fastidio. Quindi scusami se ogni tanto scappano.
    Per l'aggettivazione non so cosa dirti, mi dispiace.
    Ho una quinta parte pronta.
    Ci saranno altre parti, ma non sono scritte.
    Grazie ancora, a presto.

    P. S. Che intenti con stile affettato?
     
    Top
    .
  4. BitFrau
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (GiorgioFochettini @ 9/6/2018, 20:06) 
    Intanto ti ringrazio per la lettura.
    Più tardi se ho tempo, tolgo tutte le "d". In vita mia non sono mai state un problema, quindi non avrei mai pensato che potessero dare tanto fastidio. Quindi scusami se ogni tanto scappano.

    Intanto non ti devi scusare, mica sono una offesa! :) E non sono neppure un fastidio. Semplicemente, con l'evoluzione della lingua, non vengono più contemplate. Forse, perché gli studiosi avranno realizzato che rendevano cacofonia, anziché eufonia... :D

    CITAZIONE
    Per l'aggettivazione non so cosa dirti, mi dispiace.
    Ho una quinta parte pronta.
    Ci saranno altre parti, ma non sono scritte.
    Grazie ancora, a presto.

    Grazie a te.

    CITAZIONE
    P. S. Che intenti con stile affettato?

    Intendo artificioso, costruito... :)
     
    Top
    .
3 replies since 3/6/2018, 12:46   61 views
  Share  
.