Il rifugio dello scrittore

La pentola magica

Fantasy con componenti esoterici

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    La pioggia tamburellava leggera sulla tenda, come a dare il ritmo al suo lavoro.
    Sul tavolo illuminato dalle lampade, Bran stava rigirando per l'ultima volta uno dei braccialetti appena estratti dal sito.
    La vecchia torbiera nei pressi di Ardoire era una miniera di reperti, e solo la pioggia incessante rovinava il sogno di qualunque archeologo.
    Un sito ricco, reperti in buone condizioni, e pochi curiosi.
    Bran annotò le ultime righe di descrizione, si stiracchiò e sciolse le spalle intorpidite.
    Alzandosi e sentendo le vertebre scrocchiare, non si stupì che molti vecchi professori fossero gobbi.
    Con un sorriso, il ragazzo si avvicinò alla cassa dov'erano custoditi i reperti.
    Tirò fuori una vecchia pentola, alta appena una decina di centimetri e larga una ventina.
    All'interno c'era un ciondolo dorato pieno di rune.
    Il ragazzo decise di iniziare da quello. Posò la pentola su un tavolo libero, e si concentrò a tradurre le rune
    -Allora, vediamo- fece tra sé e sé, mentre apriva il suo quaderno di appunti -dunque: Thùatal, re supremo, qui... pose?-
    Bran sfogliò dubbioso il quaderno, confrontando le rune incise sul ciondolo con quelle scritte sulle pagine.
    Insicuro, Bran prese uno dei dizionari che aveva a portata di mano, svogliando fino a trovare il termine che cercava
    -Quindi, “porre, deporre, sotterrare, traslato abbandonare”- si grattò la barbetta rossiccia del mento -un re che “abbandona” una pentola, e che senso ha?-
    il ragazzo sollevò gli occhi verso il reperto incriminato, e rimase di sasso.
    Stava piovendo nella pentola.
    Bran si precipitò al tavolo, togliendo il manufatto da sotto l'unico punto della tenda dove piovesse
    -Ma tu guarda! Ma che diavolo...- Bran gettò un'occhiata a ciò che teneva in mano, e che di colpo scottava come infiammato.
    La pentola era piena di stufato.
    Bran sbatté gli occhi, convinto di avere le traveggole. Il bruciore alle mani lo riportò alla realtà.
    Si sbrigò a posare la pentola su un tavolo lì vicino, senza ben capire che cosa stesse succedendo.
    Quello nella pentola pareva proprio stufato, con tanto di pezzi di carne e verdure che galleggiavano invitanti.
    Lo stomaco del ragazzo ricordò il misero panino del pranzo, e Bran dovette sforzarsi per convincersi di non essere finito in qualche racconto per bambini.
    Quando però, ormai certo di star solo sognando, il suo naso si concentrò meglio sul profumo, Bran si morse le labbra
    -Beh, e che può succedermi?- disse ad alta voce, come a convincersi -se è un sogno, mi sveglio, se non lo è... sarà un miracolo-
    sorridendo per quella sua infelice battuta, il ragazzo, preso un cucchiaio, provò ad immergerlo nella pentola.
    Con sua sorpresa, il cucchiaio tornò su portando con se una buona quantità di stufato, compreso un pezzo di carota che non voleva saperne di star fermo
    -Ok, prova numero uno fatta- Bran rimase fermo immobile a fissare ciò che aveva in mano -prova numero due...-
    Bran si portò il cucchiaio alla bocca, ingoiandone il contenuto. Era stufato, nessun dubbio, ed anche eccellente.
    Ora che lo stomaco aveva appurato trattarsi di cibo, insorse per averne di più. Il ragazzo, non trovando argomenti contrari, prese altre tre cucchiaiate, prima di sentirsi sazio
    -Però, meno male che è così piccola- commentò, portandosi una mano alla bocca per sbadigliare. E invece nulla.
    Bran si guardò la mano, stranito per la seconda volta in pochi minuti.
    Lui aveva sempre sonno quando era sazio. E invece, adesso, si sentiva pieno di energia.
    Senza nemmeno accorgersene, Bran prese a saltellare sul posto. Poi, insoddisfatto, iniziò a vagare per la tenda, sempre guardando la strana pentola.
    Si sentiva di colpo forte, pieno di vita, ogni fibra del suo corpo viva più che mai, con una consapevolezza di sé stesso che non aveva mai provato. I colori erano più vivi, i suoni più nitidi, perfino attraverso le scarpe sentiva il più piccolo filo d'erba, sulla pelle, nonostante la pesante felpa, avvertiva ogni alito di vento.
    E, soprattutto, i muscoli parevano più grandi, più tonici, più robusti. Nella sua mente, Bran avvertiva di poter sollevare una montagna, e non in senso figurato.
    -Allora...- borbottò il ragazzo -io lascio la pentola su un tavolo, ci cade dentro della pioggia, la prendo ed è piena di stufato, ottimo stufato come quello di mia nonna, lo assaggio, e...-
    -E non riesci più a star fermo- una voce gracchiate fece sobbalzare Bran.
    All'entrata della tenda, stava una vecchietta dalla faccia piena di rughe, così tante che quasi le coprivano gli occhi neri, luminosi, separati al centro da un naso adunco su cui spuntava un grosso foruncolo.
    La bocca sdentata era atteggiata ad un sorriso, mentre una mano nodosa giocherellava con una ciocca di capelli grigi.
    La vecchia avanzò nella tenda, ed alla luce delle lampade i suoi vestiti neri, laceri come se ancora più vecchi della proprietaria, ne sottolineavano l'imponente gobba
    -Signora, mi scusi- iniziò Bran, che di colpo sudava freddo -questa è un'area riservata, non può stare qui-
    -Ma che scortesia- gracchiò la vecchia -cacciare dalla tua tenda una povera vecchina, mentre fuori piove e tu banchetti-
    Bran non sapeva cosa dire, dondolava incapace di fermarsi, apriva e chiudeva la bocca senza che potesse articolare una frase
    -Quello- proseguì la vecchia, puntando un'unghia nera e scheggiata verso la pentola -è mio. O meglio, di mio fratello-
    Bran fissò la pentola, che d'improvviso si era svuotata, e poi la vecchia che continuava a fissarlo con quel sorriso inquietante
    -Signora, quella pentola è un reperto archeologico, non può essere di suo fratello-
    balbettò Bran, continuando a dondolare e ad intrecciarsi le mani.
    La vecchia lo guardò, il sorriso di colpo svanito. Socchiuse gli occhi, come soppesando il ragazzo
    -Proviamo così- e mentre parlava, la vecchia si raddrizzò.
    La pelle del volto si distese, diventando liscia e pallida come alabastro. I capelli s'infittirono, scurendosi fino ad assomigliare ad un cielo notturno. Il naso rimpicciolì, ed il foruncolo diventò un delicato neo.
    I vestiti logori, ora un elegante abito da sera, coprivano senza nasconderle le forme di un corpo tonico ed aggraziato.
    Bran sbatté le palpebre un paio di volte, si strofinò gli occhi, provò perfino a tirarsi un pizzico sulla mano
    -Signora... signorina...- balbettò il ragazzo, squadrando il corpo meraviglioso che aveva davanti
    -Ladro, scortese, ed anche guardone- commentò la ragazza che aveva preso il posto della vecchia -mi piaci-
    Bran spalancò la bocca, ormai incapace di reagire a quanto gli accadeva. La ragazza alzò una mano affusolata, con le lunghe unghie smaltate di nero, e schioccò con eleganza indice e pollice.
    La terra e la polvere di secoli si staccarono dalla pentola, facendolo tornare alla lucentezza di quando era appena stato forgiato.
    Il ragazzo, ormai incapace perfino di sobbalzare, si accostò al tavolo, guardando le rune appena apparse sul reperto. Decifrò un nome, e gli bastò
    -Dagda- sussurrò. E poi sollevò lo sguardo sulla ragazza, tentando senza riuscirci di formulare un nome
    -Morrigu- sorrise la ragazza -o Morrigan, come preferisci, e quello è il calderone di mio fratello Dagda-
    Bran, ormai in balia degli eventi, riusciva solo a saltellare sul posto, agitare le braccia e sbattere le palpebre. Il suo cervello aveva rinunciato a capire
    -Tu hai mangiato dal calderone, vero Bran?-
    Il ragazzo non si chiese neppure come sapesse il suo nome, ma di colpo si vergognò d'aver anche solo guardato quella pentola
    -Io... non-
    -Ladro, scortese, guardone, bugiardo e codardo- Morrigu si avvicinò al ragazzo, fino a quando lui poté sentire il profumo della sua pelle -sei perfetto!-
    Bran, che tentava ancora di decifrare uno dei prodigi che aveva visto, venne colto dall'ennesimo brivido
    -Perfetto per cosa?- balbettò il ragazzo
    -Ma per fare un dispetto a quel musone no?- commentò Morrigu, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
    Bran poté solo rimanere a fissare la ragazza
    -Tu...- iniziò il ragazzo, quando il silenzio nella tenda si prolungò -tu sei una... dea?-
    -Se vogliamo metterla così- sorrise ancora Morrigu, girando intorno a Bran -una dea, una fata, un demone, un angelo. Un santa o una puttana, dipende- le ultime parole gliele sussurrò nell'orecchio.
    Bran sudò freddo, rimanendo immobilizzato da quelle labbra a poca distanza dalla sua pelle. Qualcosa dentro di lui gli diceva di stare fermo, qualcos'altro gli imponeva di girarsi.
    Morrigu si scostò da lui, riprendendo a girargli attorno. Un avvoltoio sulla sua preda
    -Quindi... se metto un po' d'acqua nella pentola...- iniziò Bran
    -Calderone- lo bloccò Morrigu, posandogli le mani sulle spalle
    -Nel calderone- ripeté Bran, mentre il calore di quelle dita gli si diffondeva nel corpo -se metto un po' d'acqua nel calderone, quella diventa stufato magico, giusto?-
    -Boh- disse Morrigu, mentre le sue mani salivano verso il collo del ragazzo -non lo so-
    -Ma come...- Bran venne zittito dalle unghie della ragazza, che d'improvviso diventarono artigli puntati alla sua gola
    -Ladro, scortese, guardone, bugiardo e codardo mi piacciono- sibilò Morrigu al suo orecchio -curioso, proprio no-
    Bran, la lingua paralizzata dal terrore, mosse appena la testa per annuire
    -Quanto al calderone, usalo pure per quanto ti pare- la voce di Morrigu si addolcì di nuovo, e le mani tornarono sulle sue spalle -per tutte le tue brame, le tue voglie, i tuoi piaceri-
    quelle parole, sussurrate proprio nell'orecchio del ragazzo, lo fecero prima arrossire di colpo, poi gli scatenarono un'ondata di caldo tepore nelle membra
    -Quindi, è mio?- domandò Bran
    -Ma certo- la lingua di Morrigu s'insinuò nell'orecchio del ragazzo, mentre il suo corpo si premeva contro il suo -come tu sei mio-
    Bran avvampò, irrigidendosi tutto. Provò a balbettare qualcosa, ma un sibilo rauco fu tutto quello che riuscì a tirare fuori
    -Io bandisco la stanchezza e la debolezza dalla tua vita- una mano di Morrigu prese a vagare sul petto del ragazzo -in cambio ti chiedo solo un piccolo, piccolissimo favore-
    -Quale?- la lingua finalmente tornò sotto il suo controllo
    -Concepisci un figlio- Bran ormai era rosso come un carbone, ma lo stesso una parte del suo cervello non disdegnò l'idea
    -Con tua sorella- aggiunse Morrigu.
    Bran si gelò sul posto, girandosi di scatto, incurante di artigli o altro.
    Morrigu non attese oltre, rise, aprì le bracci e le lasciò ricadere in basso. Divenne un corvo e volò via dalla tenda, gracchiando divertita.
    Bran rimase a fissare il calderone. Incapace di pensare, o anche solo di stare fermo.
    Il cellulare gli squillò in tasca, se lo portò all'orecchio senza nemmeno pensarci, già sapeva chi lo stava chiamando
    -Bran, tutto bene? Perché mi chiami da stamattina?- chiese preoccupata sua sorella
    -Dana, ti devo vedere- la lingua di Bran si mosse da sola -devo chiederti una cosa...-
     
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    Il cavaliere tenace

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    Vorrei partire dal commentare questo racconto, come prima recensione.

    Premesso che sicuramente la lettura che ho dato io non è stata oculata e attenta come quella dei giurati, devo dire che a me è piaciuto molto questo racconto per come è stato impostato l'incipit.
    Sei stato piuttosto bravo a inquadrare una scena nel limite dei caratteri consentito, l'ambientazione secondo me è stata vincente e il passaggio dal reale al fantastico non è stato brusco, a mio parere.
    Tant'è vero che, quando ho iniziato a leggere, non ricordavo quale fosse la traccia del racconto fantasy, e vedendo come stavano procedendo le cose mi sono detto: "Wow, com'è realistico, ma cos'è che dovrebbe succedere di fantasy?"
    La prima parte è quella che ho preferito, da quando compare la divinità però inizia a essere tutto un po' confuso, e forse una volta finito di leggere manca un po' qualcosa, non sono riuscito a capire se la vicenda andrà ipoteticamente avanti perché la divinità controlla la mente del protagonista, oppure se questo stufato è talmente importante da convincerlo all'incesto, oppure ancora se si lascia convincere perché, sotto sotto, il messaggio del racconto è che alla fine tutti gli uomini non ragionano con la testa ma con qualcosa d'altro.

    Nel complesso l'ho trovato un racconto simpatico, leggero, l'hai condito con una giusta dose di mistero come richiesto dalla traccia e ti sei inventato un modo piuttosto originale per generare questa fonte di energia che io, personalmente, non avrei saputo dove diavolo andarla a pescare nel mondo della fantasia.

    Complimenti BardoBlu, ho apprezzato!
    Ci vediamo al prossimo!
     
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    Grazie mille della risposta, appena potrò farlo come si deve leggerò e commenterò il tuo racconto
    Purtroppo nel finale ho dovuto accelerare un poco per rimanere nei caratteri consentiti, ma non volevo far trasparire un messaggio vero e proprio, quanto più chiudere con una classica richiesta “fatata”, nel senso mitologico irlandese, quindi un qualcosa che per noi può sembrare orribile, ma che per una come Morrigu appare del tutto normale
     
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    Orbetello

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    Premetto che non sono una lettrice del genere quindi non mi sento di dare un giudizio sull'originalità della trama.
    Il racconto è gradevole, i personaggi sono molto ben descritti, sembra di vederli così come l'ambiente dove si svolge la scena. Non è una qualità che do per scontata ;)
    La lettura scorre abbastanza bene, ho incontrato qualche refuso ma niente che una rilettura non possa aggiustare.
    E' stato un piacere leggerti Bardo Blu :)
     
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8 replies since 15/12/2018, 10:37   168 views
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