Il rifugio dello scrittore

Grazie

Giallo

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    Il cavaliere tenace

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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Mi affloscio sulla sedia e abbandono la testa alle mie braccia incrociate. Non ho voglia di fare niente, come al solito. Penso e basta.
    Sento l’eco delle parole che Nico mi ha detto stamattina: “Matte, non possiamo fare finta di niente, lo sappiamo entrambi che non si sarebbe mai tolto la vita!”
    Mi sono girato e sono scappato, non volevo che mi vedesse piangere.
    Ma la verità è che la penso come lui.
    Ste non si sarebbe mai buttato da quella finestra. Ste era quello entusiasta, quello ottimista, era la spalla di chi si sentiva giù, quello che sapeva dire la cosa giusta al momento giusto, quello con la vita perfetta.
    E qualcuno ce l’ha portato via. Stringo i pugni. Sto piangendo. Ma il mondo è crudele, perché la verità non corrisponde a ciò che è realmente accaduto, ma a ciò che la maggior parte delle persone crede.
    Molti dei miei compagni si sono lasciati andare, Nico vuole andare fino in fondo alla questione, la maturità è alle porte e i professori ci vogliono concentrati sullo studio, certo, come se fosse facile.
    Fermate il tempo, lasciatemi solo, lasciatemi piangere e dormire!
    Una brusca manata sul tavolino mi fa trasalire. Può essere solo Davide che rompe le scatole.
    -Che fai, dormi? Non si dorme quando si lavora!- sbiascica con il suo tipico tono di voce fin troppo alto.
    Merda, sono bagnato di lacrime, non posso alzare la testa. Mi farà mille domande.
    Mi arrivano due pacche sulla schiena, forse sarebbe meglio definirle botte, dato che quasi mi spezzano le ossa. Mi costringo ad alzarmi, me la filo senza guardarlo, così non noterà nulla.
    E invece no. Mi ha preso il braccio.
    -Matteo!
    Che palle. Cosa vuoi che ne capisca un down di queste cose? Lui vive nel suo mondo, fatto solo dai bambini di questo dannato centro pomeridiano. Farò finta di nulla.
    -Hai ragione, devo darmi da fare, lasciami andare.
    -Lo Stefano non vuole che tu piangi.
    Posso solo immaginare che espressione mi si sia appena dipinta sul volto. Come osa parlare di lui? Lo conosceva a malapena, lo vedeva soltanto quando veniva qui!
    -Non è per quello.
    -Sì che è per quello, io vi vedevo che eravate amici. Tu sei suo amico, vero?
    -Ero suo amico, sì.- Non capisce proprio nulla, è come parlare con un bambino, anzi, forse è peggio, perché in realtà è un adulto, lavora ed è addirittura fidanzato con una volontaria del centro, down pure lei, dunque non capisco mai se debba trattarlo come un decerebrato o fare finta che sia normale.
    -Allora non devi piangere, devi scoprire chi l’ha lanciato, così lo fai felice.
    -Non l’hanno lanciato, Davide, è stato lui che… Non fa nulla.- Questa conversazione inizia a essere ridicola.
    -L’hanno lanciato!- I suoi occhi a palla mi fissano da dietro le lenti spesse degli occhiali. –L’ho sentito, è stato quello che gli urlava nel telefono!
    Mi stringe il braccio con la mano tozza. Cosa sta dicendo? Stefano aveva ricevuto delle minacce? Allora Nico aveva ragione? No, non è possibile, la polizia starebbe già indagando su questa pista.
    -La polizia pensa che i down sono scemi, pensano che mi invento tutto.- la sua voce si fa acuta, ha gli occhi lucidi. -Devi dirglielo tu chi è stato. A me non mi credono. Non mi crede mai nessuno.
    -Io…- Io sono solo uno stupido. Non mi ero mai reso conto di quanto potesse essere difficile la vita di Davide. Non mi sta chiedendo di indagare solo per Stefano, me lo sta chiedendo anche per la sua stessa dignità. E io sono un codardo che non accetta la realtà soltanto perché è più scomoda delle menzogne. –Io ti credo.

    Non sono riuscito a dormire stanotte, adesso sono uno zombie in classe, la voce della Beretta è solo un lontano miscuglio di suoni indistinti.
    Ho scritto sul quaderno i nomi di tutti i miei compagni. Se c’è un colpevole in tutta Milano, deve essere nella mia classe, nessun altro ha accesso all’aula nel pomeriggio, il che è davvero agghiacciante.
    Sto davvero condividendo l’aria con un assassino? Scruto le facce di tutti. Ventuno sospettati. Io non sono stato, dunque siamo già a venti.
    Chissà se Nico ha già un’idea, ora gli passo il foglio… No, meglio di no, e se fosse stato lui?
    Ma no dai, è impossibile, perché starebbe indagando altrimenti?
    E se fosse psicologia al rovescio?
    Mio Dio, quanto è difficile!
    Dai, non posso dubitare di lui! Piazzo un punto di domanda affianco al nome di Marco Ferrari, lo spaccone della classe, piego il foglio e lo passo al mio storico compagno di banco.
    Dopo averlo aperto, si volta di scatto e mi fissa con occhi speranzosi. Al mio sorriso di risposta lo vedo buttarsi a capofitto in quella pagina quadrettata, la mano che procede spedita a scarabocchiare frasi.
    Non appena mi fa riavere il foglio ne divoro ogni particolare.
    In alto spicca una frase in stampatello: “ALLORA CI CREDI, GRAANDE!”
    Sotto c’è una serie di frecce e frasi in corsivo. Ha scritto di non essere tanto convinto che fosse stato il Ferrari. Secondo lui dobbiamo tenere d’occhio la Caterina Russo, perché era la ex di Ste, ma a dire la verità di moventi ne aveva per ognuno dei nostri compagni.
    In dieci minuti aveva svuotato su quel foglio tutti i ragionamenti che stava facendo da chissà quanti giorni.
    È così lanciato che mi sta facendo intrippare. Non vedo l’ora dell’intervallo per chiedergli scusa per come mi sono comportato in queste due settimane, ma non posso dirgli cosa mi ha detto il Davidown - è così che chiamiamo Davide - mi prenderebbe soltanto per pazzo se sapesse che è stato lui a convincermi.

    Oggi ho molta più voglia di fare alternanza scuola-lavoro. Ieri ho passato un sacco di ore a parlare con Nico dopo scuola, abbiamo vagliato tutte le routine quotidiane dei nostri compagni di classe, ma per incastrare qualcuno abbiamo bisogno di più indizi.
    Devo scoprire che cosa sa esattamente il Davidown.
    -Ciao, Davide.- gli dico, mentre sta passando una spugna sui tavoli, a fine giornata –Hai tempo per parlare di quello che mi hai detto l’altro giorno?
    Mi getta un’occhiata da dietro la spalla. -Hai deciso di scoprire chi l’ha lanciato, quindi?
    -Sì.- un sorriso deciso si impossessa del mio volto. –Ho bisogno di sapere di più riguardo quella telefonata.
    Il Davidown disegna degli ultimi cerchi ampi con la spugna, poi batte vigorosamente la mano sul tavolo, due volte. –Siediti allora.
    Mi accomodo su una ridicola sedia di plastica alta sì e no cinquanta centimetri e lui fa lo stesso. Sembriamo due bambini che giocano a fare i grandi. Ma forse è veramente così.
    Davide congiunge le mani e mi fissa per qualche secondo, come se stesse per confidarmi il più grande dei suoi segreti. -Era il due marzo quando è successo.
    -Ne sei sicuro?
    -Sì, perché era il compleanno della Roberta, la mia fidanzata.
    Posso prenderlo per vero. Tiro fuori il foglio stropicciato di Nico e aggiungo una postilla con questa data.
    -Che cos’è?- chiede lui, allungando il collo con curiosità.
    -Questo? È… il mio taccuino dell’ispettore, se così si può definire.
    Ride di gusto. –Ispettore Matteo Holmes.- dice poi, a fatica. –Risolviamo questo caso!- batte le mani nel dirlo.
    -Va bene, Watson, allora dimmi, stava parlando al telefono con un ragazzo o con una ragazza?
    -Maschio. Sono sicuro, perché lo Stefano gli diceva stai calmo, che te li porto domani i soldi.
    Interessante. Mi serve un altro foglio, però. Mi accontento del retro di un Peter Pan da colorare per appuntarmi queste cose. Dunque via tutte le ragazze. Dieci sospettati.
    -Come fai a essere sicuro che sia stato questo ragazzo a… lanciarlo?
    -Glielo ha detto.- Davide stava visibilmente per scoppiare a piangere. –Gli ha urlato talmente forte “ti ammazzo” che l’ho sentito anche io.
    Rimango paralizzato per qualche secondo. Mi rendo conto di avere paura, sono davvero adatto per gestire tutto questo? –Cos’altro hai sentito?
    -Non mi ricordo bene.
    Prima che potessi sospirare, Davide si abbandona ai singhiozzi. Si porta le dita grassocce agli occhi per coprirli e lascia che l’aula deserta venga riempita dal suo pianto disperato.
    Mi viene in mente l’altro ieri, quando stavo piangendo, e non volevo che lui mi vedesse. Ora è il suo turno, ma a differenza mia non ha paura di nascondere le sue emozioni.
    Non so cosa mi abbia spinto a farlo, ma mi sono appena alzato e l’ho abbracciato. Viene da piangere anche a me.
    È strano, mi ha fatto stare bene, e anche Davide si è calmato.
    -Grazie.- mi dice quando torno a sedermi. Non mi ero mai sentito così felice nel sentire quella parola. –C’è un’altra cosa importante che devi sapere.
    -Dimmi tutto.
    -Ho chiesto a Stefano se voleva aiuto, ma mi ha allontanato. Ero sicuro che qualcosa non andava, allora l’ho guardato dalla finestra mentre andava via. Ha buttato un sacchetto nell’immondizia. Era droga Matteo, sono andato a vedere con i miei occhi!
    Droga?! E io che pensavo che i down vivessero tra le nuvole.
    -Ste non aveva proprio l’aria di un drogato.
    -Magari la vendeva.
    La spacciava, intende dire. In effetti non era ricco e la storia filava anche, ma si sarebbe abbassato a tanto? Ste spacciatore, che assurdità! E poi, chi poteva essere il fornitore? Guardo l’elenco dei miei compagni, perplesso.
    -Sai chi è stato?- la domanda del Davidown mi riporta coi piedi per terra.
    -No…
    Davide si rabbuia. –Non mi credi nemmeno tu, vero?
    Mi dispiaceva ammetterlo, ma facevo fatica a convincermene. Se nemmeno la polizia aveva avuto ragione di dubitare di un suicidio, perché avrei dovuto farlo io?
    “Matte, non possiamo fare finta di niente, lo sappiamo entrambi che non si sarebbe mai tolto la vita!”
    -Ti sbagli, ti credo.- Devo avere il coraggio di andare fino in fondo. Per Ste. Per Nico. Per Davide. Per me stesso. -A che ora l’hanno chiamato?
    -Aveva appena iniziato a lavorare, quindi penso le tre.
    Le tre… Chi dei miei compagni maschi non era impegnato a quell’ora del giovedì? Pochi! Abbiamo sempre gli allenamenti della squadra di calcetto della classe, e ne facciamo quasi tutti parte. Nessuno di noi avrebbe potuto chiamarlo, tranne gli assenti e pochi altri.
    Solo Nico può aiutarmi a questo punto.
    -Devo fare una telefonata.- compongo il suo numero a memoria.
    -Ehilà!
    Passo subito al dunque: -Nostri compagni che spacciano droga e non giocano a calcetto?
    Nico scoppia a ridere -Devi dirmi qualcosa? Comunque penso nessuno, l’unico fattone è il Locatelli, però gioca. Perché?
    Locatelli è un fattone? Mi sono perso qualche passaggio.
    -Niente, scusami. Ho una pista per il caso Ste, e cercavo gente invischiata nel traffico di droga che potesse aver telefonato a Ste, il due marzo.
    Silenzio per qualche secondo. –Il due marzo? Ma ne sei sicuro?
    -Perché?
    -Come fai a non ricordarti, la Beretta lo rinfaccia sempre al Locatelli! “Locatelli mi raccomando che il due marzo viene solo una volta all’anno!”
    Cazzo, è vero. Mi vengono i brividi. Era il giorno in cui era stato colto in flagrante a bigiare. Quindi lui poteva aver…
    -Matte, ci sei?
    -Nico, penso di non sentirmi tanto bene… Abbiamo risolto il caso.- Al diavolo i pregiudizi sui down. -Io, te e Davide.
     
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    Parto avvenuto e con conteggio perfetto!
    Manca il genere scelto (casella Descrizione). Dimmelo in privato, Show, che poi lo metto io. ;)

    Lucchetto serrato.

    EDIT: come non detto... errore mio, che ho guardato il titolo mentre ero già in modulo di risposta, e lì la descrizione non compare. :wacko:

    AxumFuuuso! :wub:
     
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    Ho finito adesso di leggere per bene: complimenti per la prosa, molto precisa e chiara, molto scorrevole, hai descritto con grande chiarezza sia gli stati d'animo del protagonista che i suoi ragionamenti, e soprattutto nell'ultima parte si riesce benissimo ad immedesimarsi in lui e in Davide nel loro sfogo. Anche la trama mi è piaciuta, un poco veloce ma molto accurata, visto sia il finale che il numero massimo di caratteri; se posso farti solo un piccolo appunto, per quanto non sia esperto di procedure giuridiche, mi sembra strano che la testimonianza di Davide, con magari annessa anche la prova del sacchetto, non venga presa in considerazione solo perché down, anche perché è davvero molto dettagliata e può mettere più di una pulce nell'orecchio di un poliziotto, ma tolto questo piccolo dettaglio devo davvero complimentarmi per l'intreccio e la scrittura
     
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    Il cavaliere tenace

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    Grazie mille BardoBlu!
    Le tue critiche sono più che giuste, forse, non avendone l'esperienza, scegliere di sviluppare un giallo credibile in poche pagine è stato un po' come tirarsi la zappa sui piedi.
    È emerso anche dai parametri che ho "peccato" in verosimiglianza, che già di per sè è il mio tallone d'Achille, e in questo caso ho perso proprio il controllo lasciando che la vicenda si sviluppasse in modo lineare e semplicistico.

    Per il resto ti ringrazio per i complimenti e per il tempo dedicato :)
     
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    Ciaaaao!
    Per ora, voglio solo rispondere a un dettaglio esposto da BardoBlu, sulla faccenda credibilità dei testimoni. Purtroppo, e non solo da noi, in aula l'attendibilità di un teste è la cosa più facile da plasmare, e la realtà dà stra-piena ragione al pensiero del protagonista. Basterebbe essere "un barbone" o una prostituta per diventare inattendibile. È una pessima realtà, basata sui pregiudizi e i preconcetti, usata "non per legge scritta" bensì per intesa tra menti pregiudiziose. Sto dicendo che, nella realtà, una persona down non verrebbe mai ritenuta attendibile, perché anche l'avvocato più inesperto giocherebbe la carta vigliacca delle "domande al fulmicotone", cioè a raffica, dove chiunque si confonderebbe e cadrebbe subito in contraddizione momentanea. In un'aula di tribunale vige (purtroppo) ancora la "sensazione" sulle persone. La logica, ovvero la corrispondenza certa con i fatti avvenuti, è data soltanto dalle prove scientifiche e matematiche, concrete e dunque inopinabili (come le intercettazioni verbali). In una sola frase: Sulle testimonianze, il giudizio in aula è - ancora oggi - basato sul mero pregiudizio.
     
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    A me la storia è piaciuta, con tratti davvero commoventi. E' il finale che non ho capito, infatti ho avuto la sensazione come di una storia che non si è affatto conclusa. Cosa voleva dire l'intuizione finale del protagonista? Perché il colpevole non è stato svelato? Il finale non mi è sembrato chiaro o, almeno io , ripeto, non l'ho capito. Per il resto la storia mi è sembrata davvero scritta molto bene.
     
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    Secondo me, Show ha fatto un piccolo miracolo: riuscire a costruire un giallo con i paletti posti da Axum non era per niente facile, e lui ci è riuscito benissimo.
    La scrittura è molto buona (ma questo si sapeva già :) )
    I personaggi sono tutti ben delineati e la trama si dipana piano piano, svelandosi al lettore nello stesso momento in cui lo capisce il protagonista.
    Ottimo lavoro, Show :)
     
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    Il cavaliere tenace

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    Vi ringrazio per i commenti, e scusate il ritardo, le feste mi hanno travolto :D

    @salvom77 il finale fa intuire (o meglio, dovrebbe) che il colpevole sia il compagno di classe di cui stanno parlando, Locatelli, poiché era l'unico coinvolto nel traffico di droga e che al tempo stesso si sapeva essere stato beccato a fare qualcosa di "illecito" il giorno dell'omicidio. Non posso però biasimarti pr aver avuto difficoltà a comprendere, perché a mio avviso il finale è un segnale lampante di quanto sia stato problematico restare nel limite stabilito di caratteri.

    @Trammy il tuo commento non può che regalarmi grande piacere, so con che attenzione leggi i testi e ti sono grato per i complimenti :D ciò che non uccide, fortifica, quindi direi che è stata un'occasione di crescita ben riuscita, si può sempre migliorare!
     
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12 replies since 14/12/2018, 22:32   201 views
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