Il rifugio dello scrittore

È il cielo che lo vuole

Psicologico

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  1. Liborio
     
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    «Finalmente. Buon risveglio, caro! Benvenuto tra noi, vedrà, qui si troverà bene. Come si sente? A proposito, mi vuol raccontare cosa le è successo?», volse lo sguardo a lui.
    «Io, non saprei. Io... Dove sono? Che è successo?», rispose guardando prima il medico con gli occhiali scuri, poi la suorina.
    «Le spiegherà per bene tutto la cara suor Sara. Per il momento pensi a rimettersi, e stia sereno. – Era sulla porta pronto a uscire, alzò il tono della voce. – Chiami pure se ricorda qualcosa. Non dopo le 17, mi raccomando. Dovremo valutare anche se sarà utile eseguire altri esami. Avremo tempo, per adesso, stia tranquillo. A trovarla, verrà il dottor Villoy Maria Gastaldi; uno psichiatra, il migliore sulla piazza. Arrivederci. Si rimetta su coraggio!». Si allontanò, seguito dalla religiosa.
    Nel corridoio i due: «È un caso di perdita di memoria. Resta da capire se si può ritrovare. Sorella chiami subito il collega Villoy; a reparto oppure al cercapersone, lo chiami. Gli dica che son io a cercarlo; che voglio subito la sua consulenza».
    Trasmesso il messaggio, Suor Sara rientrò per spiegare la situazione al degente. Con garbo gli disse di essere ricoverato in ospedale, di essersi risvegliato nella sala rianimatoria; e che il coma era durato due settimane. «Un incidente d’auto. Un’auto si è scontrata frontalmente con la tua mentre stavi sorpassando. Dai rilevamenti della Stradale eri nella corsia opposta al senso di marcia. Sei stato portato qui senza conoscenza. Abbiamo eseguito T.A.C. e radiografie, non sembra tu abbia riportato danni fisici; quindi non restava che attendere e sperare che uscissi dal coma. – Una pausa, forse per accertarsi di essere capita – Quello che è appena venuto, è il dottor Terzini, neurologo primario del reparto di neurologia. Adesso ha detto di trasferirti nel suo reparto»
    «Sorella, si avvicini. Alto, spalle larghe, corporatura robusta da atleta; a prima vista, si presenta bene. A parlar chiaro e in confidenza, sorella, sembra uno con qualche rotella fuori posto, più o meno come me ora. Sono in buone mani?»
    «Sta tranquillo. Sì sono particolari, eppure restano ottimi professionisti i nostri dottori. Devo dirti solo una cosa: burocrazie interne, sai?! In questi giorni son venute due donne. Hanno dimostrato una certa atTerzinione verso te. La cosa singolare è che si sono alternate. È come se una sapesse dell’altra, la mora veniva al mattino, la bionda al pomeriggio. La mora un caschetto, non molto alta e piuttosto in carne. La bionda con una lunga chioma ondulata, alta, fisico asciutto e – arrossendo e bisbigliando – sempre con una vistosa scollatura.»
    «No, non ri…»
    Lo interruppe, «Non sforzarti, recupera le forze. In ogni caso, il dottor Terzini ha detto di non far passare nessuno oggi. “Dobbiamo verificare le reazioni del paziente al risveglio”». Una scossa del capo fu eloquente per la religiosa che se ne andò canticchiando una nenia.
    «Ben svegliato! – Arrivò in stanza il dottor Villoy Maria Gastaldi, così come era scritto sul badge. – Voglio verificare il suo stato da vigile»
    «Dottore non so, non ri… »
    Incalzante il dottore, «Sì, sì. La sua memoria. Certo un’amnesia della memoria può capitare in violenti traumi come quello che lei ha subito. Anche… anche se i danni mentali spesso nascondono ben altre verità. Tranquillo siamo qui noi, io e il mio maestro Freud. Penseremo noi a lei. Ma perché correte in auto, santo figliolo, visto che succede? – Il paziente stava per replicare, il dottore incurante continuò – Va bene, faccia pure gli accertamenti che le indicheranno. Badi, non voglio rubare il lavoro a nessuno: a ognuno il suo. Comunque, in base ai rilievi della Polizia Stradale e della squadra dei Vigili del Fuoco intervenuti a estrarlo da un’autovettura tutta accartocciata, non è stato rilevato niente di rotto, né complicazioni, hanno constatato che lei era privo di conoscenza. Trasportato qui in codice rosso. T.A.C. e radiografia hanno scongiurato ulteriori problemi. Nel frattempo, è caduto in coma. Si è svegliato. Quindi ora pensiamo a rimetterlo a posto. – Invitò la suora a uscire. – Sento di poter azzardare una diagnosi su lei. Ho motivo di pensare che lei abbia problemi a riconoscersi, ovvero, ad accettare la sua sessualità. Una libido prepotente che la soffoca e la fa racchiudere in se stesso. No, lasci parlare me, non mi interrompa sempre, diamine; lei faccia il paziente, lo specialista sono io. Domani alle 17, potrò iniziare la terapia che ho pensato per lei. Arrivederci», uscendo biascicò qualcosa, nessuno sentì. Dal corridoio giunse una frase, “Chi si crede d’essere questo”, non fu chiaro chi l’avesse pronunciata.
    Nella stanza non c’era più nessuno, solo calma e silenzio. La solitudine gli faceva paura, ma per guarire doveva impegnarsi. Innanzitutto volle guardarsi. Si sporse giusto quel po’ che il groviglio di fili e tubicini gli permettesse; sollevò la testa e poté guardare il viso, solo quello, nel vetro della porta-finestra, controluce la superficie rifletteva come uno specchio. Si trattava pur sempre di un uomo di una certa età, lo capiva da sé, le linee d’espressione erano lì evidenti. Invece i dolori che sentiva, gli sembrarono eccessivi. Avvertiva un fisico fiaccato, dolori dappertutto: le costole, i fianchi, il collo, le gambe, e poi un forte mal di testa. Benché si sforzasse, non ricordò niente. Era ancora un mistero il suo passato. Ripiombò sul letto, triste; emise un grido smorzato: “Chi sono io? E quelle donne, chi sono quelle donne?”
    «È permesso? – una mano bussò alla porta della stanza, – Sono l’addetto alle pulizie: Michele, mi chiamo Michele»
    La risposta non arrivò, Michele era abituato a non riceverne, non se la prese. Entrando scrutò il paziente. Abbozzò un ciao ripetuto per approcciare. L’altro lanciò uno sguardo veloce; e un laconico “salve” per automatismo.
    «Sono passati sei anni. Anch’io ho subito un’amnesia, sai? La strada ghiacciata, l’auto che stava davanti a me, all’improvviso perse il controllo, entrò in testa-coda e… boom! Mi piombò addosso. Il muso dell’auto rientrò fino all’abitacolo. L’airbag si gonfiò, salvandomi dall’urto violento contro il volante; però mi fece mancare il respiro. Persi i sensi, entrai in coma. Fui ricoverato qui. Al risveglio non ricordavo nulla. Proprio come è successo a te. Come vedi, oggi sono tornato in perfetta forma».
    Nessuna risposta. Michele cominciò il suo lavoro. Dal letto all’improvviso un gemito. Michele si voltò. Terminò e uscì, salutandolo.
    «No signora, non può salire. Stia tranquilla il signor Carlo Mori si è risvegliato dal coma. Questi sono gli ordini del dottor Terzini, il primario, “Nessuna visita oggi”»
    «Io sono la moglie»
    «Sì, lo so. Altrimenti per la privacy non avrei po… Signora che fa? Si fermi. Esca dall’ascensore.»
    «Lei sarebbe dovuta entrare dalla reception, a piano terra. Non si preoccupi! C’è Michele che la aiuterà», – “Benedetto Michele, non sai resistere al fascino muliebre”, con un sorriso malizioso lo bisbigliò mentre prenotava l’ascensore.
    «Faccia così. Prenda questo ascensore. Arriverà diretta al piano. Comunque è fortunata, salgo anch’io; ero sceso a prendere le chiavi in auto».
    Presero l’ascensore, prima fermata: piano terra. Entrarono due infermieri, un paziente con deambulatore e una donna bruna che piangeva compostamente. Già al primo piano i due paramedici e il paziente uscirono. Al secondo fu il turno di Michele che si ricordò di dover pulire i servizi igienici del reparto di urologia. Si accomiatò e assicurò la signora che ormai restava solo un piano “Non si può sbagliare. Io ci sono già stato, tornerò dopo”.
    Nella cabina restarono solo in due: le due signore.
    All’inizio, evitarono di incrociare i loro sguardi; fissi dovunque, tranne che sui presenti. Poi accadde quel che nessuno si aspetta né avrebbe desiderato capitasse. Un rimbombo secco seguito da un rumore sordo e la cabina si bloccò tra il secondo e il terzo piano: un imprevisto.
    Controvoglia la mora pregò l’altra donna di pigiare il pulsante dell’assistenza, «È davanti alla pulsantiera, io non posso. Lei ci sta proprio davanti».
    Una voce dal suono metallico diffuse un messaggio registrato, di star tranquilli. Fece eco una voce umana che assicurò un intervento rapido.
    Passarono venti minuti, dalla pulsantiera: “Purtroppo è andato in avaria il sistema di sicurezza dell’impianto. Dovremmo procedere manualmente a far salire la cabina al piano”. La tensione iniziò ad aumentare.
    La bionda: «Credo proprio che qui passeremo un bel po’ di tempo assieme»
    «Già, pare proprio»
    «È inutile ignorarsi, signora. Parliamone. Forse è il cielo che lo vuole. Lei sa chi sono, vero?»
    Alle strette replicò, senza distogliere lo sguardo dal quadrante dell’ascensore, di saper che il marito aveva una relazione con una “Femmina bionda”.
    «La “Femmina bionda” sono io. - Era irretita e offesa. – Mi guardi e non nasconda la testa. Affronti i fatti e accetti i confronti, lei non li conosce. Sa quando ho conosciuto suo marito? Quando è venuto al centro di ascolto per il recupero della coppia al quale andavo anch’io. Ero la segretaria dell’assistente sociale. Tutto andava bene. Suo marito stava recuperando l’amore per lei. Poi, all’improvviso, il crollo. In casa arrivò sua madre e le cose subirono una cattiva piega. “Poverina, è rimasta vedova e sola”, era la sua giustificazione. Normale per lei signora, ma per Carlo no. La presenza costante di un’altra persona nella coppia può destabilizzare»
    «È mia madre! Lei…»
    «Giusto signora, è Sua madre; e non capì che avrebbe dovuto rimanere imparziale. In realtà, ogni occasione era buona per allearsi con lei, e il povero Carlo solo. L’equilibrio in una coppia è un fenomeno delicato, frutto di continue conquiste, comprese le più semplici abitudini quotidiane; è in continuo pericolo di spaccatura. All’inizio, cercò uno sfogo, una spalla su cui piangere tutta la sua frustrazione. Dopo… lei sa. È tutto. Signora Martina»
    «Mi sembra troppo comodo giustificare così un’avventura»
    «Sì, dice? E l’insonnia, gli scatti d’ira, la paranoia? – fissandola – No, signora. Suo marito era alla frutta; in condizioni pietose»
    «Avrebbe dovuto cercarmi, dirlo a me; le avrei spiegato che Carlo…»
    «E lei pensa che non ci abbia provato? – Era così infuriata da gridarglielo. – Carlo mi dissuadeva sempre. Mi diceva che lei avrebbe commesso qualche pazzia»
    La sovrastò, «Signora, mi dispiace per lei. Si è trattato solo di una storia di sesso. Carlo, il mio Carlo, è tranquillissimo. Va d’amore e d’accordo con la suocera; dorme come un angelo»
    «No, non ci credo. Carlo…», si fermò. Si accorse che gli occhi della moglie adesso mostravano compassione.
    Nel frattempo, la cabina iniziò a salire, arrivò al terzo piano. Le porte si aprirono, insieme le due donne si diressero verso la stanza.
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    Finalmente, Liborio! :gioia:

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    Ehi ciao, eccomi :).
    In realtà non ho molto da dire su questo racconto, ritengo ci siano poche imperfezioni. Ho ritenuto che non avesse il 10 pieno nell'attinenza con il genere letterario perché, a mio giudizio, il medico bonaccione e facilone era poco caratterizzato è non dava quella impressione, invece l'altro era ben caratterizzato. Il peggior difetto del testo è per quanto riguarda la scorrevolezza di lettura che comunque raggiunge un buon voto, ti sei impappinato sulla scena dell'ascensore:
    «No signora, non può salire. Stia tranquilla il signor Carlo Mori si è risvegliato dal coma. Questi sono gli ordini del dottor Terzini, il primario, “Nessuna visita oggi”»
    «Io sono la moglie»
    «Sì, lo so. Altrimenti per la privacy non avrei po… Signora che fa? Si fermi. Esca dall’ascensore.»
    «Lei sarebbe dovuta entrare dalla reception, a piano terra. Non si preoccupi! C’è Michele che la aiuterà», – “Benedetto Michele, non sai resistere al fascino muliebre”, con un sorriso malizioso lo bisbigliò mentre prenotava l’ascensore.
    «Faccia così. Prenda questo ascensore. Arriverà diretta al piano. Comunque è fortunata, salgo anch’io; ero sceso a prendere le chiavi in auto».
    Presero l’ascensore, prima fermata: piano terra. Entrarono due infermieri, un paziente con deambulatore e una donna bruna che piangeva compostamente. Già al primo piano i due paramedici e il paziente uscirono. Al secondo fu il turno di Michele che si ricordò di dover pulire i servizi igienici del reparto di urologia. Si accomiatò e assicurò la signora che ormai restava solo un piano “Non si può sbagliare. Io ci sono già stato, tornerò dopo”.
    Nella cabina restarono solo in due: le due signore.


    Comunque la parte che mi è piaciuta di più è quella verso la fine, il "litigio" tra le tue donne, era scritto davvero bene è mi a fatto in qualche modo emozionare.

    P.S. Da quando ci sono le suore al posto delle infermiere?
     
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  9. Liborio
     
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    CITAZIONE (Daverio @ 21/12/2018, 04:20) 
    Ehi ciao, eccomi :).
    In realtà non ho molto da dire su questo racconto, ritengo ci siano poche imperfezioni. Ho ritenuto che non avesse il 10 pieno nell'attinenza con il genere letterario perché, a mio giudizio, il medico bonaccione e facilone era poco caratterizzato è non dava quella impressione, invece l'altro era ben caratterizzato. Il peggior difetto del testo è per quanto riguarda la scorrevolezza di lettura che comunque raggiunge un buon voto, ti sei impappinato sulla scena dell'ascensore:
    «No signora, non può salire. Stia tranquilla il signor Carlo Mori si è risvegliato dal coma. Questi sono gli ordini del dottor Terzini, il primario, “Nessuna visita oggi”»
    «Io sono la moglie»
    «Sì, lo so. Altrimenti per la privacy non avrei po… Signora che fa? Si fermi. Esca dall’ascensore.»
    «Lei sarebbe dovuta entrare dalla reception, a piano terra. Non si preoccupi! C’è Michele che la aiuterà», – “Benedetto Michele, non sai resistere al fascino muliebre”, con un sorriso malizioso lo bisbigliò mentre prenotava l’ascensore.
    «Faccia così. Prenda questo ascensore. Arriverà diretta al piano. Comunque è fortunata, salgo anch’io; ero sceso a prendere le chiavi in auto».
    Presero l’ascensore, prima fermata: piano terra. Entrarono due infermieri, un paziente con deambulatore e una donna bruna che piangeva compostamente. Già al primo piano i due paramedici e il paziente uscirono. Al secondo fu il turno di Michele che si ricordò di dover pulire i servizi igienici del reparto di urologia. Si accomiatò e assicurò la signora che ormai restava solo un piano “Non si può sbagliare. Io ci sono già stato, tornerò dopo”.
    Nella cabina restarono solo in due: le due signore.


    Comunque la parte che mi è piaciuta di più è quella verso la fine, il "litigio" tra le tue donne, era scritto davvero bene è mi a fatto in qualche modo emozionare.

    P.S. Da quando ci sono le suore al posto delle infermiere?

    __________________________________________________
    Detto fatto!
    Mi hai piacevolmente colpito, anche se mi sento in colpa per l'orario che ti ho fatto fare! :(
    Probabilmente il "paletto" del numero di battute a disposizione mi ha penalizzato, ma - mi potresti obiettare - sarebbe bastato poco. Esatto questo, ammetto di non aver "caricato" a modo questo personaggio. Il fatto di trovarmi difronte a una regola mi ha destabilizzato, ho commesso degli errori su altre parti come hai notato (uno su tutti: ascensore), chiedo scusa.

    Anni fa le caposala nei reparti erano suore (ovviamente "professionalizzate"). L'ospedale, nel suo perimetro, aveva anche una palazzina/piano/ala dedicata a loro.
    Grazie!
     
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    Non ti dispiacere, sono un animale notturno :).
    Naturalmente il numero di caratteri limitato crea difficoltà nell'equilibrio tra caratterizzazione e narrazione, io per esempio non credo sarei in grado di scrivere un racconto buono quanto il tuo, però dalla mia parte della "palizzata" è più facile. Quando si legge un racconto, e lo si giudica, non si vedono tutte le difficoltà superate dallo scrittore, ne quanto impegno ci abbia realmente messo.
     
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    Il cavaliere tenace

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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Anche il tuo mi è apparso subito come un racconto simpatico e leggero, Liborio.
    La situazione iniziale, con tutto quel via vai di personaggi sconosciuti che si fanno beffe di quello che potrebbe pensare il protagonista ha un che di comico, ma al tempo stesso ha qualcosa di kafkiano, secondo me.
    Poi, con la scoperta dei ruoli delle due donne si fa più serio, scendi in un tema ahimè battuto molte volte e in cui, con spazio limitato, è difficile essere originali.
    Forse è questo che mi ha un po' lasciato a bocca asciutta, non sono rimasto troppo colpito dallo svilupparsi del dialogo tra le due donne, anche il finale mi è un po' oscuro, non capisco se c'è qualcosa che dovrei capire o se è normale che non si riveli cosa andranno a dire o fare a Carlo le due :non so:

    Nel complesso un racconto direi ben scritto, a tratti "frettoloso", ma sono sicuro che con più spazio avresti saputo trasformarlo in un pezzo da novanta. :D

    Buona giornata!
     
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  12. Liborio
     
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    CITAZIONE (Showmaster @ 21/12/2018, 09:49) 
    Anche il tuo mi è apparso subito come un racconto simpatico e leggero, Liborio.
    La situazione iniziale, con tutto quel via vai di personaggi sconosciuti che si fanno beffe di quello che potrebbe pensare il protagonista ha un che di comico, ma al tempo stesso ha qualcosa di kafkiano, secondo me.
    Poi, con la scoperta dei ruoli delle due donne si fa più serio, scendi in un tema ahimè battuto molte volte e in cui, con spazio limitato, è difficile essere originali.
    Forse è questo che mi ha un po' lasciato a bocca asciutta, non sono rimasto troppo colpito dallo svilupparsi del dialogo tra le due donne, anche il finale mi è un po' oscuro, non capisco se c'è qualcosa che dovrei capire o se è normale che non si riveli cosa andranno a dire o fare a Carlo le due :non so:

    Nel complesso un racconto direi ben scritto, a tratti "frettoloso", ma sono sicuro che con più spazio avresti saputo trasformarlo in un pezzo da novanta. :D

    Buona giornata!

    ______________________
    Sì, in effetti distribuire un aspetto comico e uno drammatico/serio mi ha da sempre intrigato (o intricato? Poi leggerò su google!); credo che in questo contrasto si esalti ancor di più l'effetto.
    In questo caso, mi piaceva "giocare" sul finale aperto. Il tema che ho accennato è molto delicato, ognuno ha la sua idea.
    Grazie
     
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    Ciao Liborio.
    Una lettura gradevole, la forma è corretta.
    Fa sorridere la parte iniziale, con i personaggi un po' schizzati e come ha detto Show, fa riflettere la parte finale.
    Mi piace il finale aperto, chissà cosa capiterà ancora al poveretto.
    Complimenti, Liborio caro :)
     
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  14. Liborio
     
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    Grazie T.,
    è piacevole il tuo parere e mi lusinga. Sì, come ho avuto modo di dire, i finali aperti -"che arrivano a un bivio"- esercitano su di me una forza attrattiva ineludibile (e io soccombo volentieri).
    Buon anno, amica.
     
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13 replies since 14/12/2018, 19:36   232 views
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