Il rifugio dello scrittore

Sbattere contro un muro

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    Esploratore della galassia

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    La vita fa schifo, ma è bella. Si, è bella o almeno bisogna convincersene per andare avanti. La vita è bella perché c'è il sole, l'acqua, il mare e ci sono le donne. Peccato che c'è anche mia moglie!
    Francesca è una donna fantastica. Mi avvicino a lei sorridendo. Ha occhi celesti come il cielo, capelli biondi e lisci.
    Lei mi guarda e mi dice :«Cosa vuoi Piero?»
    Le rispondo prontamente: «Posso offriti qualcosa?»
    Siamo nel solito bar dove incontro gli amici, quattro passi da casa mia.
    Lei:«Cos'è? Sei ancora caduto dalle scale?»
    Me ne ero dimenticato, i miei occhi sono neri e fanno un po' male quando provo a chiuderli.
    Non rispondo, il mio orgoglio è ferito. Ordino un bicchiere di whisky e lo bevo velocemente.
    Francesca è davvero bella, vorrei essere spensierato come ero una volta, quando la caccia alle ragazze era il mio sport preferito. Lei se ne va. La conosco perché me l'ha presentata Fabrizio mio vecchio amico, ex compagno di scuola elementare. Davvero ce la siamo spassata tanto insieme, sempre in cerca di belle donne.
    Ma poi ho incontrato Tania, bellissima, di famiglia ricca, e me ne sono innamorato. Ma l'ho sposata non solo perché mi piaceva, ma anche perché questo matrimonio mi permetteva di stare sicuro economicamente. Lei è figlia del ricco industriale Ancestri, quello del salame. In televisione i suoi spot passano in continuazione!
    E così, grazie a questo matrimonio, il signor Ancestri mi ha ha offerto un bel posto lavorativo nella sua azienda. Modestamente non me la cavo nemmeno male!
    Oggi non mi va di rientrare a casa, voglio passare la serata qui al bar. Forse mi ubriacherò.
    Arriva Fabrizio. Cerco di non farmi notare. Non voglio che veda questi occhi neri e gonfi.
    Sgattaiolo fuori dal bar. Lui però mi nota e girandosi verso di me mi chiama: «Ehi Piero!»
    Corro per un bel po' e sono già parecchio distante, sono arrivato nei pressi della stazione, dove ci sono i barboni. .
    Mi suona il cellulare. È mia moglie, Tania. Non voglio rispondere. Credo che dormirò fuori.
    Però adesso penso che se scappo per sempre da casa sicuramente perderò il posto.
    Io non ho una laurea, sono già grande, ho superato di poco i 40, se mi licenziano, col cavolo che posso trovare un nuovo lavoro! Non voglio finire come quei barboni che mi sono adesso davanti.
    Non ho nulla contro di loro, ma non voglio fare quella vita!
    Ho provato a farlo capire tante volte al signor Ancestri che con sua figlia non mi trovo molto bene e lui mi ha minacciato più volte che, se un giorno dovessi lasciare sua figlia, lui mi licenzierebbe! E poi ogni volta che mi ha chiesto cos'è c'è che non va con sua figlia io sono rimasto sempre muto, incapace di dire altro.
    Ma si, che me ne frega di essere licenziato, non ne posso più di vivere in questo modo, vado a far compagnia ai barboni!
    Ma mi viene in mente Roberto, il mio bambino, ha nove anni. Allora decido di tornare. Ma non torno indietro subito, perché prima mi metto a piangere come una femminuccia.
    Un barbone mi vede e fa per abbracciarmi.
    È puzzolente, in un altro momento l'avrei evitato, ma cedo al suo abbraccio.
    Come ho fatto ha ridurmi così! Prima avevo una dignità, ero un uomo forte e virile, adesso invece non so più cosa sono!
    Prendo dalla tasca la prima banconota che mi passa sotto mano e gliela do senza nemmeno guardare.
    Appena tornato a casa, Antonio mi guarda con i suoi occhioni.
    «Coraggio papà è qui, non potrei mai lasciarti! »
    Di certo non potrei scappare con lui, senza un lavoro non potrei mantenerlo e poi che vita gli darei?
    Tania è lì, con il suo sguardo severo già mi rimprovera. Poi lei mette il bambino a letto a dormire e si allontana per un po', senza dire nulla. Poi ritorna con il ferro da stiro in mano. Si mette a urlare, contro di me, cose orrende. Vorrei alzarle le mani, ma so che passerei dalla parte del torto. Ma quando la vedo su di me con l'atto di colpirmi col ferro da stiro, provo a difendermi. Ma il ferro da stiro è caldo. Scotta. Fa male.
    La vita è bella, soprattutto quando accanto al mio letto d'ospedale passa questa bella infermiera. É davvero carina ed ha un bel sedere. Le sorrido come un cretino. Ma l'atto di sorridere mi costa sforzo e mi fa male. Ho il volto fasciato, le ustioni che ho subito, purtroppo, sono gravi.
    Nella stanza entra Fabrizio ed inizia a parlarmi: «Sei proprio un cretino! Guarda che lo sanno tutti che tua moglie ti picchia. perché non la denunci? Guarda come ti ha ridotto! Ma roba da matti!»
    Io lo guardo sorpreso.
    Fabrizio continua: «Ti ricordi quando eravamo bambini e tu dicevi che volevi diventare un supereroe? Volevi avere il potere di attraversare i muri! E adesso attraversalo questo muro! perché non la denunci? perché non dici mai di quello che ti fa tua moglie? perché non dici mai niente? Il signor Ancestri ha detto a tutti che ti sei ustionato da soli col ferro da stiro. Ma andiamo, chi ci può a credere a una simile balla? Cretino!»
    Fabrizio se ne uscì sbattendo la porta.
    L'infermiera: «Davvero sua moglie la picchia?»
    Risposi: «Non l'ha sentito? Mi sono fatto male da solo come un cretino. Mi piace giocare col ferro da stiro!»
    L'infermiera esce ed io rimango solo con i miei pensieri.
    Ebbene si, da piccolo sognavo di avere i superpoteri, forse come tutti i bambini. Ma il potere che desideravo di più era quello di attraversare i muri. Infatti una volta, mentre correvo allegramente, sbattei contro un muro e mi feci davvero male. Stetti qualche giorno in ospedale. Fu un vero trauma. Ecco perché volevo attraversare i muri. Mi ricordo di quanto raccontai questa cosa a Tania. Lei sorrise con quel sorriso che mi fece innamorare. Era in una discoteca e quando vidi questa magnifica donna mora, alta, con un un fisico niente male, due occhi verdi come smeraldi, provai subito ad attaccare bottone. Fu così che la incontrai. Sembrava delicata, gentile, mai avrei sospettato che in lei si nascondesse uno spirito violento.
    Fabrizio mi ha parlato di un muro che devo attraversare ora, ma io sono un uomo e non posso raccontare in giro che vengo picchiato da una donna! Però adesso sono su un letto d'ospedale e tutti pensano che mi piace trastullarmi col ferro da stiro! Mi viene in mente l'immagine del barbone che mi abbraccia e ripeto a me stesso che sono davvero caduto in basso. Forse lo devo davvero attraversare questo muro e guardo la parete della stanza, quella dove c'è una finestra, immaginando di cadere e di finire spiaccicato sulla strada. Ma io ho un figlio che voglio bene e non posso uccidermi. Ma se non la denuncio finirà che mi uccido veramente. Allora è per lui, per Antonio, che devo fare il passo di denunciare Tania. Si, è vero, in fondo Fabrizio ha ragione, devo attraversare il muro del mio orgoglio.
    Entra nella stanza il signor Ancestri. Si siede sulla sedia accanto al letto e con voce calma dice: «Dimmi la verità, cosa ti ha fatto mia figlia?»
    Io con voce tremante: «Sua figlia...cioè Tania...»
    «Si, lo so, come si chiama mia figlia. Dimmi, ti sto ascoltando.»
    «Ebbene lei...»
    «Si, lei...»
    «Lei mi vuole bene e mi cura amorevolmente. Questo fa.»
    «Bene, è proprio questo quello che volevo sentirti dire. Sai, li fuori, ho sentito certi stupidi che dicevano che mia figlia ti picchia.»
    «Chi? Tania? Ma no, lei non farebbe mai certe cose. E poi io che mi faccio picchiare da una donna? Non è una cosa possibile!»
    «Già semmai sei tu che....»
    Non capisco cosa vuole dire il signor Ancestri. Ma io però penso nuovamente ad Antonio ed allora mi faccio forza e dico:«Sappia che ho deciso di denunciarla.»
    Il signor Ancestri: «Denunciare chi?»
    «Di denunciare sua figlia. Mi picchia.»
    Adesso che finalmente ho ammesso la verità mi sento come più leggero.
    Ma il signor Ancestri, rivolgendosi a me in maniera furibonda: «Ah bastardo! Dimmi la verità, sei tu che picchi lei! Sei un uomo violento! Ma sono io che ti denuncio!»
    «Ma che dice? Non lo vede in che stato sono combinato?»
    «E allora mia figlia, in che stato l'hai ridotta, mostro!»
    «Ma che dice? Io non ho ridotto sua figlia in nessuno stato!»
    «É ricoverata in questo stesso ospedale!»
    «Come ricoverata?»
    «Lei me l'ha detto che tu avresti raccontato che è stata lei ad averti fatto del male. Invece ti sei fatto del male da solo con quel ferro da stiro e l'hai fatto apposta per dire che quello che hai fatto a lei è stata legittima difesa. perché tu sei un mostro bugiardo ed ipocrita! Puoi dimenticarti qualsiasi lavoro! Ci vediamo in tribunale!»
    Il signor Ancestri esce fuori sbattendo la porta.
    Mi domando quale sia il significato di queste parole pronunciate dal signor Ancestri. Mi paiono pure farneticazioni. Tania mi ha fatto del male, io ho provato a difendermi, ma non ci sono riuscito. A Tania non ho fatto nulla. Io ho solo subito, come sempre del resto. Forse questa mia rivelazione sulla natura violenta di sua figlia l'ha fatto diventare matto.
    Nella stanza entra Antonio correndo: «Papà!»
    Mi ricordo di quanto presi Antonio in braccio per la prima volta. Finalmente, in quel momento, imparai a fermarmi e a godere il momento. Prima di Antonio non avevo paura di nulla, mi sentivo sicuro di me stesso e pensavo solamente al mio facino e alla mia capacità di sedurre le donne, ma dopo iniziai a conoscere la paura. Paura di non potergli dare tutto quello che gli bisognava, sperimentai l'insicurezza.
    Antonio ripete:«Papà!»
    «Cosa c'è?»
    Antonio si avvicina al mio letto e ancora una volta esclama: «Papà!»
    Preoccupato gli domando nuovamente: «Cosa c'è?»
    Antonio non risponde, distoglie il sui occhi da me, ed inizia a guardare il muro con uno sguardo vuoto e perso.
    «Anche tu vuoi attraversare i muri?»
    «Ho fatto male alla mamma.»
    «Cosa?»
    «Le ho rotto il vaso sulla testa per fermarla. Eri a terra svenuto. Non volevo tu morissi.»
    Ecco allora a cosa si riferiva il mio suocero quando diceva che avevo ridotto sua figlia in malo modo. Mia moglie ha raccontato una bugia, cioè ha detto che sono stato io a romperle il vaso sulla testa!
    Ma io non posso perdonarla e non posso perdonarmi. Entrambi, lei, con la sua violenza, ed io, con il mio orgoglio, abbiamo fatto vivere a nostro figlio chissà quanti brutti momenti senza nemmeno rendercene conto!
    Da quel giorno in ospedale è passato dal tempo. Sono stato uno stupido per troppo tempo, non volevo parlare del fatto che mia moglie mi picchiasse.
    In questo momento sono in una stanza di tribunale a raccontare a tutti la verità ed ad abbattere il muro del mio orgoglio.
    È solo la mia parola contro quella di mia moglie e di mio suocero. Continuano a sostenere che il violento sono io.
    La giudice è una mia ex amante, si chiama Alice, iniziai a frequentarla subito dopo il mio matrimonio e la lasciai, senza darle alcuna spiegazione, unicamente perché avevo paura di Tania. Infatti assentarmi per troppo tempo da casa significava urla e botte in più.
    La sentenza è chiara. Vado in galera.
    Ora sono per sempre senza mio figlio. Guardo sempre il muro della cella. Vorrei solo attraversarlo. Ci sbatto contro in continuazione.

    Edited by salvom77 - 26/11/2018, 11:47
     
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    la discussione è chiusa fino al termine della gara, come da avvisaglie preliminari. ;)
     
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    Edited by Axum - 30/11/2018, 15:25
     
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    Eccomi Salvom77:
    Il racconto è piacevole, la lettura scorre bene nonostante sia inciampata in qualche refuso (se posso permettermi ti consiglio di rileggere sempre più volte, non c'è cosa peggiore di incontrare refusi, almeno per me. Mi da l'idea che l'autore non abbia messo abbastanza cura nel suo lavoro)
    Apprezzo l'uso della prima persona che, come avrai visto, ho usato anche io e che trovo piuttosto difficoltosa, soprattutto al presente, come hai fatto tu, ma hai fatto un buon lavoro, anche con i dialoghi che risultano naturali, non forzati.
    Ho qualche perplessità sulla credibilità di alcuni avvenimenti, mi spiego: se un uomo/donna viene ricoverato in seguito a colpi e scottature da ferro da stiro, dall'ospedale stesso parte una denuncia. Non si tratta di una galla su una mano o su un braccio, che può essere un incidente; se uno è ridotto in modo tale da essere ricoverato, difficilmente può essere autoinflitto. Così come il giudice ex amante che lo condanna a prescindere, poco verosimile, inoltre se l'avvocato sa questa cosa il giudice viene sollevato per conflitto d'interessi.
    Sono pignola, lo so, ma quando scrivi devi essere credibile.
    Grazie Salvom77 :)
     
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    Il cavaliere tenace

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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Ciao Salvom77, mi manca solo il tuo racconto da recensire, che paradossalmente è il primo che lessi a suo tempo, d'altronde, sei stato tu a rompere il ghiaccio pubblicando per primo.
    Ho apprezzato molto il tuo racconto, ti confesso che al momento della lettura il mio foglio era ancora bianco, e temevo che sarebbe stato impossibile fare di meglio.
    Sei stato molto bravo nella presentazione del tuo protagonista, la prima persona ha fatto sì che mi ci affezionassi in poco tempo. Inoltre, la trama non è affatto scontata, ci sono sviluppi interessanti e mi hai tenuto pressoché incollato allo schermo in attesa di scoprire come sarebbe andata a finire.
    Il finale lascia molta amarezza, perché non è lieto, ma proprio per questo motivo direi che è rispettabile, hai mostrato come sia difficile per l'uomo rinunciare alla via comoda e sbagliata in favore di quella faticosa e corretta.
    Uno dei miei racconti preferiti di questa edizione.
     
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8 replies since 25/11/2018, 20:02   286 views
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