Il rifugio dello scrittore

Thriller senza titolo

Capitolo II

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    Il cavaliere tenace

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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Ecco il secondo capitolo, spostato dal vecchio forum.
    Personalmente, è uno di quelli di cui vado più fiero a livello di scrittura, spero non sia solo un'impressione!
    A un certo punto c'è un pezzo in spoiler: in un libro non sarà possibile, ma dato che qui si può fare, ho sfruttato tale strumento per favorire l'immedesimazione del lettore. ^_^ Capirete leggendo.

    Capitolo I

    II


    Québec City, 12 Novembre 2034

    Il vento soffiava forte, invisibile nel nero della notte, carico del gelo dell'emisfero boreale. La temperatura era calata a picco negli ultimi giorni, l'autunno canadese era ben più rigido di quello europeo. Tutto tacque all'improvviso, compresi gli ululati delle folate, generando così una cupa atmosfera tanto silenziosa quanto assordante.
    -Tristan, i bambini.- Sophie ruppe timidamente il silenzio. Era arrivata senza produrre suoni, con passo felpato, scalza, come faceva sempre. Tristan poggiò le nocche sul vetro freddo della finestra, poi si scostò, lasciando che la tenda nascondesse la vista sul cortile immerso nell'oscurità.
    -Vado subito.-
    Imboccato il corridoio, aprì delicatamente la porta e fece ingresso nella stanza dei figli, i quali erano già infilati sotto le coperte. Mathieu stava sfogliando per l'ennesima volta le pagine del suo libro preferito. Tristan si sedette sul materasso e si chinò fino a raggiungere la sua testa.
    -Non sei mai stufo di guardare le stesse immagini?- gli chiese, ridacchiando.
    -No.- nell'innocente tono da bimbo di quattro anni si percepiva una nota di tristezza.
    -Come mai sei così silenzioso? Oggi non ti sono successe avventure stratosferiche che vuoi raccontarmi prima di dormire?- lo incitò con voce da cantastorie.
    -No.-
    Tristan sospirò.
    -Quando cambi lavoro? Quello nuovo non mi piace. Voglio che stai sempre qui.- borbottò il bimbo, voltando una pagina con violenza. Il padre si voltò e con sguardo interrogativo fissò Victor, il quale era concentrato sulla sua console portatile.
    -Ti abbiamo sentito mentre parlavi con mamma. Non siamo stupidi.- disse il figlio maggiore, senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
    Victor aveva undici anni, gli piaceva fare il duro, ma il suo cuore era ancora quello di un bambino: amava divertirsi e giocare e, anche se non lo aveva mai esplicitato, adorava farlo con il suo papà. Sicuramente, il fatto che ora avrebbe dovuto distaccarsene lo infastidiva non poco, anche se apparentemente nulla poteva tenergli più compagnia di un videogioco.
    -Sai, Mathieu- disse Tristan iniziando ad accarezzare la testa del piccolo -Per questo lavoro dovrò volare in giro per il mondo, pensa a quante avventure dovrò affrontare! Ma non starò via sempre: non appena potrò, tornerò qui per raccontarti tutto e tu farai lo stesso con me.- Tristan avrebbe tanto voluto credere alle sue stesse parole.
    -Vai anche nello spazio?- il piccolo Mathieu accennò un sorriso, iniziava a essere interessato.
    -Chi lo sa. Dobbiamo solo aspettare.- guardò di nuovo Victor: lui, al contrario, non aveva mutato l'espressione burbera. -In ogni caso vi porterò tantissimi giochi che non potete nemmeno immaginare. Giochi che non esistono qui in Canada, ma che vengono da lontanissimo!-
    Victor fu come rinsavito e volse occhi esaltati a Tristan. -Davvero? Che figo! Ne voglio uno dal Giappone! Allora ti scriverò una lista, tu scegline uno!-
    -E io lo voglio del polo Nord, dove lavora Babbo Natale!- esclamò Mathieu aggrappandosi alla manica.
    -Va bene! Non appena capiterò in un posto nuovo, lo farò, saranno i vostri premi per avermi aspettato con pazienza.- sorrise arruffando i capelli del piccolo Mathieu, che aveva posato lo sguardo sul bracciale.
    -Cos'è questo?-
    -Mi serve per il lavoro.-
    Mathieu toccò lo schermo, che si accese. Victor scese dal letto e si avvicinò per guardare.
    -Perché c'è scritto Fox di fianco al tuo nome?-
    -Cosa vuol dire Fox?- Chiese Mathieu tirando il braccio del padre.
    -Vuol dire volpe in inglese.- rispose il fratello.
    -Mi hanno dato questo soprannome quelli del lavoro, per chiamarmi più in fretta.- spiegò Tristan strizzando l'occhiolino.
    -E questi cosa sono?- continuò il piccolo facendo scorrere il dito sul touch screen per mostrare gli altri nomi.
    -Sono le persone che lavorano con me. Anche loro hanno un soprannome.-
    -Quindi siete come i supereroi?- bisbigliò con gli occhi illuminati.
    -Come i supereroi.- affermò Tristan, bisbigliando anche lui, per poi dargli un bacio sulla fronte.
    -E poi allora diventi Foxman e diventi un eroe famosissimo che cura le persone?-
    -Proprio così.- sussurrò Tristan, senza staccarsi dalla testa del piccolo. Gli occhi gli si inumidirono e una lacrima scese lungo la sua guancia. Sapeva benissimo che sarebbe stato esattamente il contrario. Non osò immaginare che delusione sarebbe stata per i suoi figli se lo avessero scoperto.
    -Non è ora di andare a letto?- Sophie era comparsa sulla soglia della porta, riportando tutti con i piedi per terra.
    -La mamma ha ragione. Tutti a nanna!- Tristan fece un ampio respiro per farsi coraggio, e si alzò. -Buonanotte Victor, buonanotte Mathieu.-
    -Notte, papà.- risposero loro, quasi all'unisono.
    Tristan chiuse la porta e sospirò. Aveva voglia di addormentarsi e non svegliarsi mai più: il suo 'nuovo lavoro' sarebbe iniziato già dal giorno successivo, purtroppo. Raggiunse Sophie nel letto e cercò di chiudere occhio scacciando i pensieri funesti. Istintivamente, cercò la mano di lei e la strinse. Era fredda, ma questo fu per lui il miglior toccasana. Lei si voltò a guardarlo per qualche secondo, poi posò la sua seconda mano sulla sua, avvolgendola completamente in quel gelido calore affettuoso.

    Québec City, 13 Novembre 2034

    Il pomeriggio successivo gli toccarono le visite a domicilio. Sebbene avesse comunicato all'ospedale che avrebbe cambiato lavoro, aveva chiesto di poter prestare ugualmente servizio ai pazienti abituali nei periodi in cui sarebbe rimasto a Québec City. La cosa non aveva suscitato sospetti, fortunatamente, soprattutto perché non vi erano molti medici che avrebbero potuto caricarsi del lavoro in eccesso che si sarebbe creato.
    A ormai 48 anni, dopo venti di lavoro, Tristan aveva iniziato ad annoiarsi nel somministrare le stesse noiose cure a un esercito di vecchietti. Fortunatamente le evoluzioni della medicina avrebbero ridotto il numero di problematiche per i futuri anziani e forse i posteri avrebbero sperimentato una medicina molto più innovativa e dalle attività più originali.
    Ora però avrebbe di gran lunga preferito continuare con pastiglie e siringhe piuttosto che passare alle armi da fuoco come strumenti di lavoro.
    Suonò il campanello della signora Dumont. Aveva fatto tardi di qualche minuto. Passarono pochi secondi prima che il portone si aprisse, così Tristan raccolse la sua borsa a mano e salì fino al terzo piano, dove la vecchina lo stava aspettando sulla soglia dell'appartamento.
    -E' tutto a posto dottore?- chiese con la sua vocina roca. -Non è da lei essere in ritardo.-
    -Tutto a posto signora Dumont, grazie. Avevo scordato i guanti.-
    -Eh, la capisco...- rispose rientrando in casa facendolo entrare. -Con la vecchiaia queste cose accadono sempre più frequentemente... Ma che ci possiamo fare... E' così che va la vita.-
    Tristan sorrise pur non trovando divertenti quelle parole. Erano le solite lamentele che aveva sentito migliaia di volte. Poggiò la borsa sulla sedia della cucina, come di consueto, ed estrasse le cartelle dei pazienti dopo aver aperto il pesante cappotto.
    -Mi hanno detto che lascerà la città, è vero?- chiese quella con fare stupito, come se stesse per venire a conoscenza di un fatto segretissimo.
    -E' così, ma tornerò spesso qui.- la liquidò mentre posava sul tavolo i barattoli con dentro diversi farmaci.
    -Come si è sentita con le ultime dosi che le avevo prescritto?- aggiunse in fretta, prima che potesse impicciarsi ulteriormente.
    -Oh, decisamente meglio! Però... Ho sempre quei maledetti dolori alla schiena... Non mi lasciano in pace nemmeno un istante!- spiegò teatralmente tastandosi i punti dolorosi. -Per non parlare dell'insonnia! Quella è addirittura peggiorata!-
    -Capisco- rispose lui, appuntandosi la risposta su un foglio apposito. -Lo immaginavo, così ho deciso di prescriverle un nuovo sonnifero in polvere. Ne prenda uno più o meno a quest'ora e vedrà che ora di sera farà effetto. Mi raccomando, non...- il discorso di Tristan venne interrotto dallo squillare dello smartphone della donna. La signora Dumont gli fece segno di aspettare, che sarebbe tornata non appena avrebbe finito.
    Tristan rimase solo nella cucina, in silenzio. Guardò il suo bracciale: il gioco era iniziato già da quasi un giorno. Volle dare un'occhiata alla classifica, per vedere se qualcuno fosse già entrato in azione.

    1. Caiman

    9 p.


    2. Jaguar

    7 p.


    3. Wolf

    5 p.


    4. Panther

    4 p.


    4. Shark

    4 p.


    4. Viper

    4 p.


    4. Salamander

    4 p.


    8. Moray

    3 p.


    8. Spider

    3 p.


    10. Mantis

    2 p.


    11. Hyena

    1 p.


    11. Lynx

    1 p.


    13. Eagle

    0 p.


    13. Fox - Tristan Desjardins

    0 p.


    13. Jackal

    0 p.



    Per poco non gli venne un colpo. Com’era possibile? Quasi tutti gli altri concorrenti avevano già provveduto a sporcarsi la fedina penale decollando nella classifica e lasciandolo di conseguenza sul fondo assieme ad altre due persone che, probabilmente come lui, non sarebbero riuscite facilmente a fare del male. Gli vennero in mente le parole di Aries. Più tempo sarebbe rimasto in coda al gruppo, più le cose si sarebbero complicate. Ma cosa poteva fare? Non avrebbe mai potuto competere con persone che in mezza giornata avevano già ottenuto un bel bottino di punti.
    "Potrei superare i limiti di velocità in auto... Ma lo conteranno come crimine?" Pensò, alla disperata ricerca di un modo per risollevarsi.
    Anche se era un uomo alto e sano, Tristan non era per nulla cattivo, anzi. Aveva sempre amato essere un paladino del bene e della pacifica convivenza. Quella gara si prospettava per lui un ostacolo veramente insuperabile.
    Improvvisamente gli balenarono in mente i volti di Mathieu e Victor illuminati dalla gioia di poter ricevere i doni che aveva loro promesso. Stavano solo aspettando che partisse per poi tornare e godersi la vita di famiglia, assaporando la libertà della fanciullezza.
    Gli venne in mente anche Sophie, silenziosa ed emotiva come la aveva sempre amata. I suoi capelli neri e i suoi occhi penetranti colmi d'amore gli ricordarono il felice giorno in cui si erano conosciuti e quello in cui si erano sposati. Sentì delle lacrime formarsi sotto le ciglia. Strizzò gli occhi per scacciarli: la signora Dumont si stava avvicinando, probabilmente non mancava molto alla fine della telefonata.
    Tornò con lo sguardo sul farmaco che le stava presentando e cercò di ricordare dove era rimasto, quando improvvisamente gli venne un'idea. Alzò lo sguardo, sporse la testa verso il corridoio per studiare la posizione della donna, poi si alzò, non vedendola nei paraggi. Aveva ancora i guanti sulle mani. Aprì il pensile sopra il lavandino e prese un bicchiere, poi lo richiuse. Un sonoro cigolio lo paralizzò. Si voltò per controllare che la donna non si fosse accorta di nulla. Dopo interminabili secondi silenziosi, un lontano -Ma non mi dire! E poi?- gli fece rilassare i muscoli contratti.
    Aprì l'acqua del lavandino fino a riempire il bicchiere, poi tornò rapidamente al tavolo. Respirò profondamente, poi con un movimento fulmineo prese tre buste di sonnifero e, dopo averle aperte, versò con foga il contenuto nel liquido, controllando ripetutamente che la vecchia signora non stesse per sopraggiungere. Agitò il bicchiere con movimenti rotatori, mentre con la mano libera accartocciò le bustine ormai vuote e se le cacciò nella tasca dei pantaloni.
    Posò finalmente il bicchiere e deglutì: aveva un nodo alla gola. La signora Dumont arrivò poco dopo, sorridendo.
    -Mi scusi, dottore, era un'amica di vecchia data un po' depressa, non potevo ignorarla...-
    -Non si preoccupi.- disse con voce piuttosto flebile. Fu costretto a deglutire per ritrovare il suo timbro. -Nel frattempo le ho preparato la dose di oggi.-
    -Oh, che gentile! Non avrebbe dovuto! Cosa mi stava dicendo prima che me ne andassi?- Chiese per poi iniziare a scolarsi il medicinale. Tristan si schiarì la voce, leggermente scosso. -Non ne prenda più di uno al giorno. E' un farmaco molto potente che può avere gravi effetti. Gliel'ho scritto anche sull'etichetta del barattolo perché non si dimentichi.- Quasi non riuscì a guardarla in faccia mentre lo faceva.
    -Senz'altro. Allora la ringrazio dottore, ci vediamo la prossima settimana, sempre che non parta prima! Vuole bere qualcosa anche lei?-
    -Assolutamente, non si preoccupi, ho molto lavoro da fare.-
    -Capisco, lei è un uomo così impegnato e disponibile!- disse mentre lo accompagnava alla porta. Tristan cercò di non ascoltare quelle parole.
    -Arrivederci signora Dumont. Stia bene.- fece un cenno con il capo, poi prese a scendere le scale.
    -Arrivederci!-

    Scese in strada e iniziò a dirigersi verso l'abitazione del paziente successivo. Respirò profondamente e cercò di ricapitolare le sue ultime azioni. Si stupì di quanto velocemente avesse architettato un omicidio perfetto. La polizia non avrebbe mai potuto risalire a lui, sarebbe sembrato un comune suicidio.
    Nessuno poteva provare che era stato lui a diluire una dose tripla: non aveva lasciato in casa le bustine siccome qualora ne avessero valutato le impronte, non avrebbero trovato quelle della donna. Sulla confezione, inoltre, aveva lasciato una provvidenziale etichetta con la raccomandazione di prendere soltanto un sonnifero dei dieci ogni giorno. Quando la scientifica ne avrebbe visti solo sette, avrebbe subito capito le cause del decesso, ma non potevano supporre che le bustine mancanti le avesse portate via con se. Dopotutto, il medico non somministra mai medicine a pazienti autonomi e nessuno avrebbe avuto la possibilità di chiedere alla signora Dumont se si fosse preparata la dose da sola. Come se non bastasse, aveva un'ottima reputazione in campo lavorativo e non c'era movente che avrebbe potuto scalfire la sua posizione. Si rilassò, placando i tremori che lo stavano tormentando. Fu a quel punto che il bracciale emise un suono.

    Nuovo messaggio registrato. Ascoltare esclusivamente quando si è soli.

    Tristan non avrebbe certo ignorato quella raccomandazione. Sapeva che ogni passo falso sarebbe stato pagato a caro prezzo. Si guardò intorno: non c'era molta gente in giro, ma preferì infilarsi nel vicolo più vicino. Si assicurò che non ci fosse davvero nessuno, poi pigiò sul touch screen e una voce modificata iniziò a parlare.

    -Vi porgo i miei saluti, novellini. È Taurus che vi parla. Mi occupo della pianificazione dei crimini maggiori. Abbiamo notato con piacere che quasi tutti vi siete attivati già dal primo giorno. Come avete potuto notare, però, le vostre gesta non sono state valutate con grandi somme di punti. Sappiamo benissimo che per alcuni di voi sarà molto più difficile approcciarsi allo stile di vita del criminale, ma non disperate, non sarete condannati a restare in fondo per sempre. Questo perché la mia voce provvidenziale vi annuncerà le grandi missioni che, se completate, vi assicureranno un gruzzoletto di punti tale da ribaltare la situazione.
    Questa è una di quelle occasioni. L'obiettivo è semplice: uccidere il Sultano del Brunei durante la manifestazione che si terrà nella capitale il giorno 20 Novembre. Le spese di viaggio saranno ovviamente a nostro carico. Ulteriori informazioni vi verranno fornite via messaggio sul vostro bracciale. Siate pure emozionati, ma ricordate... E' molto facile cadere nelle mani degli sbirri in eventi simili... E non solo... Guardatevi dai vostri colleghi... Un concorrente in meno fa comodo a tutti. Vi auguro una buona continuazione del vostro lavoro.-


    Tristan rimase fermo e in silenzio. Dopo essere rimasto a fissare lo schermo inattivo del bracciale, piegò il labbro all'insù. Non ci sarebbero state molte altre occasioni per andare in Brunei gratuitamente, dopotutto.
     
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