Il rifugio dello scrittore

La fine di Thorvin

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    Il giovane Thorvin zoppicava stanco lungo un sentiero disseminato di ciottoli, mattoni rotti e polvere. La sua gamba sinistra si piegava a stento, lacerata da tre grossi tagli sanguinolenti che spiccavano dal cuoio rinforzato dei calzoni. Una piccola ascia argentata, dal manico intarsiato con rune luminose, penzolava inerme dalla sua cintura.
    Un rombo lontano echeggiò per la vallata. "È finita" pensò il guerriero. Seguì la via tortuosa, per le sue curve e i dislivelli, senza mai fermarsi. Non v'era traccia di un sole, di lune o di stelle. Grosse nubi soffocavano l'aria intorno, proiettando grigio sull'intero continente. Era grigia la terra e il legno degli alberi, era grigio il dorso della montagna lontana, riflessa negli occhi scavati del giovane.
    Thorvin strinse i pugni e i denti. La ferita della gamba bruciava, ma era qualcos'altro che ardeva di più."È finita", ripeté a sé stesso. Lo pensava ogni volta che la terra tremava, o che il rombo del cielo tuonava, o che l'odore di un vasto incendio si espandeva nell'aria.
    Ed era proprio così.

    "Io sono Thorvin il Prescelto, figlio di Heornel Battiscudo. Sono il Prescelto, perché così mi confidò una maga vestita da mendicante, ormai diciassette inverni fa. «Thorvin, tu sei speciale» sussurrò una vecchia ricoperta di stracci, fissando col suo classico cipiglio severo il ragazzino dall'aria smunta che le si parava davanti. I suoi occhi neri brillavano pericolosamente. Strinse la mano di Thorvin tra le sue piccole dita inanellate. «Non puoi restare qui tra questi villani, tu hai un dono, sei destinato a sconfiggere Lui, il Male Incarnato, che infligge miseria e dolore su queste terre.» Fece una pausa, scrutando il volto del giovincello, cercandone una reazione. «Io...» esordì sommessamente Thorvin, ma poi si fermò. Il suo pallido volto assunse un'espressione perplessa, perchè non gli tornava che era speciale. Nella sua breve vita non aveva fatto granché. Sovente veniva preso in giro per la sua goffaggine e la tendenza a restare in disparte, e poteva indicare almeno altri tre coetanei migliori di lui, vuoi per forza, velocità o abilità. Eppure, dal primo momento in cui aveva incontrato la vecchia signora, aveva stretto con lei un rapporto formidabile. Discutevano di ogni cosa, dell'aria e dell'acqua, della terra e del cielo, degli uomini e delle bestie. La mendicante lo guardava stupita, e ogni volta che riappariva dai suoi lunghi viaggi, portava con sé qualche tomo con cui gli insegnava a leggere, ad interpretare le numerose rune e i segni di terre lontane, e a svelare i significati che vi si celavano.

    Erano trascorsi tre anni dal loro primo incontro.
    «Seguimi» esordì Sabyn, la vecchia mendicante. «È giunto il tempo di mostrarti una cosa». Thorvin la seguì fremendo di eccitazione. Erano mesi che non si vedevano, un tempo insolitamente lungo. Ciò poteva voler dire che la vecchia viandante si era spinta al di là del confine, forse alla ricerca di qualcosa di prezioso che ora gli avrebbe mostrato e, chissà, forse addirittura donato. Thorvin era ormai ben cosciente di essere molto caro a lei.
    I due si addentrarono nel folto della foresta, per il sentiero tortuoso pieno di ciottoli che si alzava ed abbassava, curvava e si inoltrava tra gli alberi nodosi, sino a che non giunsero presso una piccola radura. Era un luogo come tanti, se non vi fosse stata piantata una grande tenda blu e viola, attraversata verticalmente da ricami dorati che si muovevano leggermente con la brezza proveniente dalle loro spalle. Thorvin seguì Sabyn al suo interno, dove stava uno sgabello in legno e un tavolino apparecchiato, quest'ultimo sormontato da una sfera opaca e nebulosa e tante piccole ampolle di mille colori diversi.
    Sabyn si girò verso Thorvin, si erse ritta come lui non si sarebbe mai aspettato. «Mio caro Thorvin, non spaventarti» esordì scrutando il volto intimidito del ragazzo. «Nei tomi che abbiamo letto, ogni parola celava un significato. Io dico di essere una mendicante, e dietro questo si cela la mia vera natura.» Socchiuse gli occhi e agitò le mani, in quello che sembrava l'inizio di una strana danza esotica. Poi Sabyn svanì. O meglio, si trasformò, poiché al suo posto vi era una strana creatura, dalle parvenze che Thorvin non comprendeva. Non era umana, non era una belva. Non era qualcosa. Thorvin non ricordò mai la sua forma, solo il terrore che gli aveva istillato la sua comparsa, un singolo sussulto e il gelo allo stomaco. Scrutando il ragazzo, Sabyn comprese il suo terrore, ma il messaggio che doveva trasmettergli era troppo importante. Doveva spiegare tante cose, doveva dirgli quanto era importante, ma soprattutto doveva convincerlo. Decise di ritrasformarsi nella vecchia figura a cui il ragazzo era abituato. «Mio caro Thorvin, tu sei speciale...»

    "Non era vero niente" pensò il guerriero. Nonostante la ferita sanguinasse e bruciasse, nonostante l'inferno di fuoco che si stava innalzando oltre il confine, le grida lontane e il boato dietro la montagna, ciò che ardeva di più in cuor suo era l'essere stato ingannato. Da quell'incontro con la maga tutto era cambiato. I due avevano intrapreso una missione, un tentativo speranzoso di avvertire tutti del male incombente che minacciava l'umanità intera.
    "L'umanità, come ben prestò capii, non esisteva. I popoli si massacravano a vicenda come bestie, e chi ascoltava e credeva nel disastro imminente voleva un eroe, non qualcuno che gli indicasse una via faticosa per salvarsi."
    La sua vista cominciò ad appannarsi, vedeva una figura bianca davanti a sé. Si avvicinò ad essa, e si svelò essere un masso insolitamente bianco, liscio e scavato, dalle forme morbide. Si adagiò su di esso, era stanco. Non sentiva più niente, la cacofonia del disastro mondiale era la nuova normalità per le sue orecchie. Volse il suo sguardo verso la montagna. Quattro dita nere artigliate spuntarono da dietro la cima, stringendola senza problemi. L'oscurità riempì la visuale del guerriero, in procinto di chiudere gli occhi. Vide appena il volto del Male, trionfante, affiorare da dietro la parete montuosa. Ma non gli importava più. Due fari rossi lampeggiarono, tentando di penetrare lo sguardo del guerriero morente, ma era troppo tardi. Thorvin era ormai lontano...

    Edited by Gianlucavatar - 7/4/2024, 15:40
     
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