Il rifugio dello scrittore

Il dottore

Ogni riferimento a cose e persone del mondo reale, essendo quella che segue pura fantasia, deve intendersi del tutto accidentale.

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    Sul finire dei caliginosi pomeriggi che pigri preludono alle domestiche serate dell'autunno, i lampioni principiano ad inondare della loro luce, gialla e pubblica, quelle vie della città che, selciate di porfidi e graniti, son precluse alle automobili, e sui cigli delle quali il vento depone delicato qualche foglia solitaria che i suoi soffi han portato con sé accarezzandone il rossore, quale caro ricordo dei lontani giardini che hanno visitato; l'aria fredda, ispessita dalle brume, s'impiglia nei bracci di metallo tesi a reggere le lampade, ed esita a discendere come fosse da quelli premurosamente trattenuta coll'intento d'impedire della foschia, col calare precipitoso, la prematura dispersione nell'infanzia della sera, la sua dissoluzione nel chiarore delle luci che in ampi riquadri oltrepassano le vetrine dei negozi e si adagiano sui marmi levigati negli anni dai passanti affaccendati che i porticati riparano dalle piogge; i palazzi vigilano austeri dietro ai fregi ed agli stucchi che ne ornano le facciate signorili tra cui ondeggiano al di sopra delle strade i festoni distesi dalle nebbie, vegliando silenziosi sulla frettolosa e zoccolante umanità che vuole rincasare: s'interpongono maestosi agli orizzonti che nelle rare terse sere novembrine si coloran di carminio, escludendo la più parte di quelli dagli sguardi degli umani ai quali concedono, con ben calcolata parsimonia, trapelare qualche scorcio quando s'interrompono per far spazio ad una piazza, ed esigono così, dai pochi che levano lo sguardo dagli affollati marciapiede, il completare immaginando gli affreschi imporporati del crepuscolo; in quei tardi pomeriggi e languidi, appena troppo giovani per esser sera, quando il caldo ron ron del gatto e il ceppo nel camino son bramati quali più appaganti premi alla giornata di lavoro, e son le sole frugali aspettative della gente verso la sua casa, quando ha la coscienza d'aver procurato alla sua banca il giusto quanto di profitto quotidiano, il dottor Baroffio, soddisfatto, si rilassa, lasciandosi sfuggire qualche confidenza: un'aneddotica ed educativa storia estratta dalla sua lunga vicenda di dirigente prima, e di dirigente anche dopo, e della quale si sente di voler locupletare i più scelti tra i suoi collaboratori: perché non tutti ritiene meritevoli di condividere i preziosi ammaestramenti che tanta esperienza gli ha elargito: anzi! ci sono di quelli che lazzaroni è dire poco! parassiti, ecco cosa sono!
    Con la voce addolcita dalla melanconia, e le pupille volte in su per rivedere nella mente gli anni ormai lontani della giovinezza, gli salgono alla memoria i primi giorni: il principio della sua carriera di secolare monaco consacrato ai capricciosi numi che governano gli eterocliti universi finanziari. S'inumidiscono le iridi nel toccante ricordo di quel sant'uomo del prozio Rodolfo, un don prozio arcivescovo Rodolfo per esser più precisi, che nell'immacolata devozione al servizio del Signore s'era tanto avvicinato alle porpore cardinalizie da sfiorarle colle mani, senza mai indossare tuttavia del cardinale i sacri paramenti, essendosi arrestato a quella sede arcivescovile in cui ricevette l'ultima chiamata dell'Altissimo, proprio mentre era in procinto di prepararsi a far trasloco verso le stanze del successivo grado della santa gerarchia e di passar perciò dall'Eccellenza all'Eminenza. Già il Pontefice a sé l'aveva voluto che il Signore, più caparbio, glielo contendeva, con l'esito che possiamo immaginare, essendo il primo inviato a calpestare l'orbe nella veste di vicario del secondo, il quale secondo, assunta a nuovo la pienezza delle proprie delegate facoltà, reclamava immantinente l'obbedienza che gli spetta. Come suole realizzando i suoi disegni misteriosi, la Divina Provvidenza aveva omesso d'avvisare, lasciando quindi costernati tutti quanti, soprattutto chi si fregava già le mani d'aver un parente cardinale, ma almeno con la consolazione d'esser certi della santità del dipartito, visto che con ogni evidenza il Signore s'era mostrato impaziente di richiamarlo a sé, per preservarne il candore dell'anima dai meschini intrighi vaticani e connaturate tentazioni, congetturarono i più inclini ad indagare gli insondabili intendimenti dell'Altissimo. L'aveva chiamato a sé in tutta fretta, pur alla non tenera età dei suoi novantadue anni, quasi novantatre, portati comunque con somma ed arcivescovile autorevolezza: una lucidità cristallina sino si può dire all'ultimo secondo, quando lo colse il richiamo del divino. Egli lo volle a sé, inopinatamente, mentre stava firmando, assistito d’una mano diaconale, una procura per la vendita d'immobile legato d'una pia e facoltosa fedele ormai defunta, con correlata plusvalenza del cento per cento, ed al contempo dissertava del qui ex Patre Filioque procedit, direttamente, stando al commosso racconto corroborato dal segno della croce dei testimoni oculari, tra cui s’annoveravano nientemeno che un notaio e annesso segretario al seguito, con Sant'Agostino, il quale certamente gli s'era presentato in guisa di aperitivo anteposto alle delizie ultraterrene, o di beatificato psicopompo. Ed anziché vergare della firma la procura ad acta per la stipula, in presenza notarile e segretariale, ormai rapito dai cori dei cherubini, s’era abbandonato, ribelle alla mano coadiuvante, a maledire con la penna: sian dannati quegli eretici per cui lo Spirito Santo procede dal Padre solamente! spirando appena dopo con la santa testa riversa sulla carta pergamena, confortato in ultimo dall'approvativo e barbuto cenno dell'antico teologo, disceso apposta dalla maestà dei cieli per accompagnarlo sulla via del definitivo viaggio. Fortunatamente potremmo dire, con una punta di cinismo, per il buon esito dell'alienazione dell'immobile, la procura per stipular la quale come è noto richiede di apporre il proprio nome, e, se possibile, evitare in calce le maledizioni: del completamento della pratica fu infatti immediatamente incaricato, colle necessarie rettifiche del testo, il successore, che, per quanto indegno come sono tutti i successori, era ancora ben di là da discettare di persona coi defunti dottori padri della Chiesa.
    Il prozio Rodolfo! Fu lui, arcivescovo d'una di quelle diocesi in cui di preferenza gli istituti finanziari erigono i palazzi delle proprie sedi, che lo introdusse nel dorato mondo delle banche poco più che ragazzo e fresco dell'alloro dottorale rilasciato con firma autografa del preside della facoltà di economia e commercio e del rettore, il magnifico, proprio lui in persona. Per i buoni uffici del prozio, che intratteneva con affettata riluttanza poco intuitive relazioni coi detti istituti così numerosi nella diocesi di competenza, ed evidentemente bisognosi di quel soccorso spirituale che rammenti loro anche i fini immateriali dell'esistenza, fu assegnato sin da subito alle alte sfere dirigenziali, con relato inquadramento e conseguente stipendio. È un ragazzo in gamba, proprio a modo, diceva. E certamente per via di quell'alone di presagita beatificazione che già allora, quand'era ancora nella pienezza della vita, ne circondava la figura, e della promessa di trasferire in parte alla banca disponibile all'assunzione i pingui depositi della sua curia, fu ascoltato il suo consiglio, ed il suo desiderio fu esaudito: il Baroffio, giubilato dal merito d'esser pronipote, s'era avviato alla carriera da una posizione che per la maggior parte degli impiegati è un'inarrivabile miraggio, e, per una piccolissima quota degli stessi, il culmine di anni di sacrifici e di una lunghissima successione di deretani abluiti con la lingua.

    Edited by CurzioG - 3/11/2020, 09:52
     
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    Ciao,
    di certo la retorica è sapiente, massimamente curata, così come densi e cremosi sono i concetti, espressi con uno stile impeccabile.
    Mia cara lingua d'un tempo, dove sei finita? Cosa ti han fatto i neo trogloditi della penna che vergano nuovi graffiti nell'oceano sconfinato della rete?
    Come in ambito militare, baronico, politico, giuridico, legislativo ed esecutivo, la gerarchia di sottomissione nei precisi ranghi della disuguaglianza vige in maniera medesima nella giungla e nella savana. Ma tra quegli animali non occorre neanche la parola per concretizzare la piramide sul cui vertice puntuto siede, per volere più alto, il tiranno o il venerato della trascendenza.

    Magari, in una bevanda del decrepito tenace c'era pure "qualcosa"... ;)

    Chapeau !
     
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    Grazie.
     
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2 replies since 28/10/2020, 09:12   70 views
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