Il rifugio dello scrittore

Facciamo due chiacchiere...

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    Madadayo!

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    Un testo che ho scritto per il contest di "Show Don't Tell" di un sito americano. Temo "mostri" solo quanto sia ancora lontano da capire il concetto ma... spero vi piaccia ugualmente.


    “Finalmente una breccia! Era ora!”

    Ruby girò il volante e premette l’accelleratore; il motore ronzò, quindi esplose in un ruggito.

    “Merda!”

    Il gemito dei freni le penetrò le orecchie e l’aria le sfuggì dai polmoni sotto la stretta della cintura. Fottuti motori ibridi! Se la prendevano comoda proprio nei momenti peggiori. Doveva farlo presente alla riunione, se mai fosse riuscita a arrivarci tutta intera.

    “Stronzo! L’avevo visto prima io quello spazio! Massì! Prenditelo tu! Come se un metro o due facessero differenza in questo casino!”

    Affondò le unghie nella pelle del volante. Perché diavolo le era saltato in testa di prendere la macchina? A quell’ora poi? Poteva già sentire il tamburellare delle dita del gran capo sulla scrivania mentre la trapassava con quella sua occhiata da te la farò pagare cara!
    Afferrò la collana e sgranò una a una le perle. Quella volta avrebbe avuto davvero bisogno di un intervento divino per non ritrovarsi a casa senza un soldo e con una pila di bollette sul tavolo.

    “Non è colpa mia capo! La gente a quest’ora rimane imbottigliata nel traffico! Non è forse quello su cui conta il nostro business model? Facciamo macchine elettriche così la gente può sentirsi la coscienza a posto con l’ambiente mentre tira accidenti alla macchina a fianco!”

    Un trillo risuonò nell’abitacolo. Cristo, già si era accorto del suo ritardo? A volte si chiedeva se non avesse firmato anche una autorizzazione a impiantarle una sonda mentale nel cranio assieme al contratto.

    “Numero sconosciuto? Ma andate a farvi fottere! E poi quei coglioni nel marketing dicono che conosco il cliente come il palmo della mano? E allora perché cazzo chiamano sempre nei momenti sbagliati!”

    Sbattè il cellulare sul cruscotto e serrò le mascelle al suono di plastica rotta.

    “Fa-n-ta-sti-co! E l’avevo appena fatto riparare ieri!”

    Le cose andavano di bene in meglio. Proprio come tutto nella sua vita. Se almeno il coglione sulla moto davanti si fosse deciso a togliersi di mezzo.

    “Ancora sto’ maledetto telefono! Non compro nien…“

    Il tipo della moto. Si era girato. E aveva un cartello in mano.

    “Rispondi al telefono?”

    Ruby allungò la mano per alzare di qualche grado il condizionatore. Sentiva freddo; come se la rabbia che le era bruciata in corpo fino a quel momento si fosse spenta di colpo come una colata di magma finita in mare. Gettò uno sguardo in ambo le direzioni. Doveva trattarsi di qualche scherzo cretino da postare su youtube. Di quelli che si guardava per passare il tempo in metropolitana, salvo ridere come una cretina e beccarsi le occhiate dei vicini. Ma non sembrava esserci nessun cellulare puntato su di lei.

    “Pronto?”

    “Ehilà, Crimsy.”

    “Ah!” Una fitta di dolore le esplose sulla guancia. Ruby alzò la mano che stringeva il telefono. Una goccia di sangue illuminò l’unghia dell’indice e scese man mano sulle altre dita, mischiandosi al colore dello smalto come una manata di vernice fuoriposto.

    L’altoparlante del cellulare ridacchiò. “Ehi, attenta. Non vorrai rovinarti il tuo bel visino. Con quel che ti costerà in cosmetici…”

    “Tu! Ma cosa… Come!”

    “Non riesci a crederci, eh, Crimsy? Ma ti capisco, sai. Il caro vecchio ciclo dell’accettazione. Lo conosco bene. In quindici anni di prigione ti fai un vero ottovolante di quella roba. Ma ho io le risposte, tranquilla. Il tuo vecchio amico e compagno Roscoe è qui. E ha deciso di farti una visitina.”

    Non poteva essere lui. Aveva la prima pagina del giornale incorniciata davanti al letto per ricordarle che Roscoe era finito sulla sedia elettrica. E che la sua vita con lui era finita. Morta, sepolta e spolpata dai vermi. Come anche lui avrebbe dovuto essere. Eppure era lì; davanti ai suoi occhi; a spararle in faccia il gas di scarico di una Harley.

    “Cosa vuoi?”

    Roscoe fece spallucce. “Solo fare una chiacchierata. L’ultima volta mi hai chiuso il telefono in faccia, quando avevo gli sbirri al culo. E invece di venire a prendere il vecchio Roscoe hai preso un aereo e hai lasciato il paese, mentre io mi facevo quindici anni. Beh, quattordici. Per buona condotta. E per colpa tua.”

    “Per quello che tu hai fatto!”

    “Ah! Ma sentitela! Un bell’assegno ti mette a posto la coscienza, eh? Forse è per questo che non ti servono più gli amici. Ma, credimi, gli amici servono. Servono a cavarti fuori di galera. Servono a farti trovare un posto su una nave diretta in Europa. Servono a farti rintracciare la tua ex-migliore amica che è diventata un pezzo grosso. Un bel pezzo grosso di merda.”

    Ruby serrò le mani sul volante. Le dita dei piedi fremevano dalla voglia di premere sulla tavoletta. Di dimostrargli che la merda era solo lui. E che avrebbe potuto trovarsi spiaccicato sull’asfalto, e sul finestrino del furgone davanti.

    “Cosa vuoi? Vendicarti? Non potevamo continuare quella vita, Roscoe. E tu lo sai. Non dopo quello che è successo.”

    Il motore della Harley tuonò. “Ah, sì! Ora sai di colpo cosa è giusto e cosa è sbagliato? E’ quello che ti hanno insegnato alla business school? Quella che ti sei pagata coi nostri… coi miei soldi? Cos’è? Credi che le tue macchinine di colpo puliranno l’aria? Ma sai quanta merda bisogna spalare per estrarre la roba di cui sono fatte quelle batterie?”

    “Sta’ zitto! Chiudi quella fottuta bocca! Esci dalla mia vita! Io chiudo!”

    “Fallo e domani tutti i telegiornali parleranno di Ruby Walsh. L’ex-ecoterrorista che si è fatta saltare in aria nel bel mezzo di un imbottigliamento per liberare il mondo da un po’ di quei puzzolenti motori a scoppio.”

    Il taglio sulla guancia bruciava. Ruby sfilò un fazzoletto e se lo premette sul viso, cercando di fermare il sudore. “Stai bluffando! Ti conosco figlio di…”

    “Non è quello che quel CEO di quella industria farmaceutica ti disse prima che tu lo facessi saltare in aria col tuo Nokia? Lo stesso sistema funziona anche con uno smartphone, sai? Lo so. La riparo, quella roba. E ho ancora la tua ricevuta.”

    Roscoe sventolò un foglio col fare di un condottiero vittorioso.

    Morire uccisa dal suo stesso trucco. Dopo tutto quello che aveva fatto per riavere indietro la sua vita. Cercò di aprire lo sportello. Bloccato. Proprio ora doveva piazzarsi lì quel cazzo di suv.

    “Spostatevi! Lasciami uscire!” Si mise a percuotere il clacson come un tamburo. Dietro il finestrino l’autista del suv le fece segno che non aveva la benchè minima voglia di togliersi di lì.

    “Troppe macchine, eh Crimsy? Tutto quell’inquinamento uccide. Lo sai meglio di me. Ma noi possiamo fare qualcosa per fermarlo.”
    Ruby si trascinò sul sedile del passeggero e prese a martellare sul finestrino. Un ragazzino la guardò con gli occhi spalancati.

    “Merda! Merda! Merda!”

    “Non possiamo far pagare alle nuove generazioni il prezzo dei nostri errori. Lo sai meglio di me.”

    Ruby tornò al sedile di guida. Aveva ragione. Quel figlio di puttana. Si rannicchiò sul volante, cercando di strapparsi una parola dalle labbra in mezzo ai singhiozzi. “Che…cosa vuoi?”

    “Ehi, ti ho fatto piangere? Su, su. Non guastare così la nostra nuova amicizia. Facciamo due chiacchiere…”
     
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    Bel racconto come sempre, scritto in maniera ottima, aspetto il seguito :)
     
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    Il cavaliere tenace

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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Ed eccomi al secondo commento.

    Su questo testo ho delle perplessità in più.

    Parto però dalle cose buone, ovvero il riuscito esperimento di Show Don’t Tell, che era il tuo intento primario con questo racconto.
    Nulla da dire, non sono un esperto in materia ma sono riuscito a figurarmi la scena e i personaggi nei loro atteggiamenti grazie al procedere dei loro pensieri e parole.
    Bravo!

    Ora cerco di spiegare cosa mi ha lasciato un po’ perplesso.
    La prima impressione che mi ha dato è stato un senso di confusione generale.
    È un po’ come se avessi percepito che nella tua testa il contesto fosse chiaro e delineato, ma che da parte mia non sia stato possibile comprenderlo con altrettanta facilità.
    Mi spiego meglio, si parte in modo abbastanza lento e introspettivo, si conosce la personalità pungente e impaziente della protagonista, dopodiché parte la telefonata e il tutto accelera con i dialoghi. Forse accelera un po’ troppo.
    Inizia una conversazione su qualcosa di già avvenuto che noi non conosciamo e non si capisce cosa stia succedendo (forse è giusto così per la filosofia dello show don’t tell, non lo so).
    È una situazione di pericolo? È un chiarimento di questioni irrisolte?
    Andando avanti si comprende la natura dell’incontro, ma inizialmente non si percepisce, secondo me, la tensione che forse volevi creare.
    I due si conoscono quindi sembra che entrambi abbiano uguale potere e influenza l’uno sull’altra.

    Non so se mi sono spiegato, forse il sottofondo di spiegazione noiosa ha inibito le mie capacità, ma spero di aver espresso il concetto principale :) .
     
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    simpatico.
     
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