Il rifugio dello scrittore

Lo scoppio.

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    La serata era stata strana fino a quel momento. Strana ma a tratti piacevole.
    Vittorio, il responsabile degli acquisti, uno dei pezzi grossi per intenderci, era passato a prendermi a casa dopo la mia chiamata disperata: la macchina aveva deciso di abbandonarmi e non sapevo proprio come andare alla cena aziendale.
    Lui era arrivato con tutta la calma del mondo, mi aveva caricata e poi invece di dirigersi subito al ristorante aveva deviato verso un bar vicino, dove mi aveva offerto un aperitivo e aveva cominciato a parlarmi di sé a ruota libera, sicuro del fatto che non avrei raccontato niente ad anima viva.
    Avevamo passato quasi un ora insieme e dopo esserci accorti dell'enorme ritardo che avevamo accumulato ci eravamo diretti verso il "Rifugio" un ristorante alla mano e con dell'ottimo cibo.
    Gli sguardi di tutti erano allibiti, nessuno riusciva a capire come mai Vittorio era a braccetto con me, come mai eravamo arrivati insieme... con tutto quel ritardo oltretutto!
    Il primo sguardo torvo è stato quello di Enrica che subito si è avvicinata a Valentina per dirle qualcosa all'orecchio, poi ci si è messo Roberto, il capo del magazzino, che mi ha stretto l'occhio come se avesse pensato qualcosa di strano e per ultimo Alessio che ha aperto la bocca incredulo, lasciandomi con una fitta al cuore senza senso.
    Ci siamo seduti e le cameriere hanno cominciato a servirci la cena a base di pesce. Vittorio si premurava che avessi tutto, porgendomi i piatti e versandomi il vino ogni volta che ne avevo bisogno.
    Nessuno mi ha rivolto parola per tutta la cena e ci sono stata male, solo perché non ne capivo il motivo.
    Al momento del caffè mi sono avvicinata a Roberto che continuava a fare ammicchi per chiedergli il motivo. La risposta è stata imbarazzante: "credevo che ci fosse del tenero tra te e Alessio, non sapevo che puntassi più in alto".
    Sono diventata rossa e ho girato la testa verso Alessio, che era vicino ed aveva sentito tutto.
    Lui aveva abbassato lo sguardo.
    Io me ne ero andata.
    Enrica, che si è appena licenziata, era alla sua ultima cena aziendale, prossimamente seguirò tutti i suoi clienti e lei fino a quella sera era sempre stata carina con me, forse anche a causa della nostra amicizia lavorativa decennale. Questa sera invece no. Non era mia amica. E ci aveva tenuto a farlo sapere a tutti annunciando che mi avrebbe messo i bastoni tra le ruote parlando male di me ai suoi ex clienti.
    Avevo aperto la bocca, incapace di controbattere, l'avevo richiusa e mi ero alzata per andare a fumare.
    Mi ero appena accesa la sigaretta quando era arrivato Alessio, che si era avvicinato mi aveva porto l'accendino e poi dopo averci pensato un po' su aveva deciso che era il momento per parlarmi.
    Avevamo fatto qualche battuta, piena di imbarazzo, si era avvicinato pericolosamente, si era allontanato subito dopo di sua iniziativa. Poi gli avevo detto di non prendermi in giro che "gliele davo", Lui aveva sorriso, chiedendo dal nulla che cosa volevo da lui, cosa gli stavo chiedendo in realtà. Non ero riuscita a rispondergli, ero arrossita e poi scappata. Il risultato della mia codardia.

    Dopo cena un gruppetto di noi aveva deciso di continuare la serata in un pub. Alessio, Roberto ed Enrica non avevano nemmeno ai miei inviti. Ci ero rimasta male perche erano tre persone da cui non mi sarei aspettata un comportamento così.

    Verso l'una e mezzo ho visto da lontano una mia vecchia fiamma, sono rimasta sbigottita. Tutte insieme così no eh.

    Alle due ho finalmente trovato il mio migliore amico qualche tavolo più in là con dei suoi compagni di scuola.
    Ho percorso il tratto che ci separava con ampie falcate e gli ho preso la mano.

    È quindi ci siamo alzati, siamo andati a fare una passeggiata senza salutare nessuno.
    L'ho guardato e sono scoppiata.
    Lacrime, singhiozzi e sussulti.

    L'ho abbracciato, in silenzio, stringendolo fino a farmi male. Ho continuato a piangere e l'ho guardato con gli occhi arrossati, il moccio al naso e le guance rigare. Ho aperto la bocca ed ho vomitato parole di sconforto, delusione, rabbia e disperazione. Per ore.
    "Mi rinnovano il contratto solo per sei mesi, anche se sono sei anni che lavoro per loro. Che cazzo faccio Franz? Ho gli attacchi di panico ogni mattina, non dormo, non riesco a fare niente, nemmeno l'amore con un uomo. Devo andarmene. Voglio andarmene. ma, Franz... Io non so fare niente. IO NON SONO CAPACE DI FARE NIENTE. NIENTE DI BUONO."
     
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