Il rifugio dello scrittore

Tratto da "Ritorno a Branson"

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    Tratto da "Ritorno a Branson"



    Da oltre due mesi Cristi viveva nella fattoria libera di andare ovunque volesse e di fare ciò che più le piacesse. Con lei Fred aveva iniziato ad adottare lo stesso metodo collaudato negli anni in cui insegnava a New York e più tardi a Branson e sebbene non si trattasse di una vera e propria riforma in fatto di psicologia infantile, se paragonato alle metodologie adottate in quegli anni, era pur sempre un gran balzo in avanti.

    Tecnicamente si trattava di applicare due semplici regole tratte dalle sue memorie gaussiane, di cui; la prima consisteva nell’ottenere il rispetto e la fiducia dei ragazzi interessandosi di ogni loro azione senza mai intervenire o criticarne i risultati, mentre la seconda, che prevedeva un incondizionato incoraggiamento fino a divenirne praticamente complice, addestrava il loro spessore morale affinché una eventuale disfatta non si trasformasse mai in un dramma, ma in una opportunità di dialogo.
    Il resto sarebbe venuto da solo.

    Seguendo queste due semplici regole e sfruttando il naturale orgoglio che ancora la dominava, riuscì ben presto a coinvolgerla in ogni evento che riguardasse la fattoria e la sua stessa persona, fino a farla sentire, ogni giorno di più, parte essenziale del quotidiano.

    Immagino sia superfluo rammentare che in quei primi anni del secolo vivere una vita comoda era piuttosto difficile per la quasi totalità degli uomini della Terra, ma pensare di viverne una appena decente in quella valle era qualcosa che non apparteneva neppure ai sogni più sfrenati.
    Non che mancasse il necessario, il problema semmai era come procurarselo. (Mi riferisco a quel certo problema che assillava un po’ tutti e che in parole povere significava scarsità di danaro.) In sostanza era come se in quella valle il tempo si fosse preso una pausa di almeno mezzo secolo e ogni santo giorno che nasceva, aveva la pessima abitudine di trascinarsi dietro buona parte dei problemi di quello che l’aveva preceduto.
    Ovviamente tutto ciò significava che soltanto coloro dotati di un fisico indistruttibile o sorretti da una smisurata volontà potevano sperare di farcela.

    Le prime quattro regole alle quali il vecchio brontolone l’addestrò furono;

    1 Lavorare duro per l’intera giornata.
    2 Curare la propria persona per tutelarne la salute fisica.
    3 Pregare che non piovesse o grandinasse nei momenti sbagliati.
    4 Organizzarsi per avere ogni sera un po’ di pane e una fetta di lardo.

    Per quanto riguarda i mutamenti che si verificarono con il suo arrivo nella fattoria, si può affermare che nulla fu più la stessa cosa e che tutto si complicò terribilmente. (Ma vorrei vedere cosa vi fosse di normale in quella scassatissima coppia) Soprattutto se si tiene in debito conto che per vari motivi i viveri erano razionati

    Per la verità questo era un problema comune a molti uomini, ma considerando che al termine delle scorte significava arrangiarsi con quanto passava il convento; ovvero latte, uova e verdure, è facile immaginare come tutto ciò si trasformasse in un vero dramma.

    (Il giorno che domandò a Fred perché non mangiassero qualche gallina, ricevette una risposta piuttosto lapidaria – Io non mangio i miei amici)

    Qualcuno potrebbe essere tentato di credere che fu soprattutto a causa dell’appetito se il rapporto con Fred e la valle ebbe un inizio difficile, ma in realtà la vera causa va ricercata nel suo esagerato orgoglio, poiché pur di non abbandonare la sfida con il vecchio brontolone, si trovò a lottare contro se stessa, la fame e ogni altro tipo di complicazione fin quando, senza quasi rendersene conto, quel vivere così difficile e assolutamente precario, giorno dopo giorno cessò di sconvolgerla.

    Indubbiamente trascorrere intere giornate senza alcuna programmazione e per di più dovendo lottare con il suo stomaco, la scombussolò per benino. (Ad essere sinceri la rese quasi nevrastenica) Ma lasciandosi coscientemente sedurre dall’incantevole natura in cui era immersa, poco alla volta imparò a gestire la sua indole e soprattutto l’appetito.

    (A questo proposito c’è da dire che prima di arrendersi si mangiò quasi per intero la scorta di mais riservato alle galline, dopo di che passò ai frutti della quercia con i quali Fred preparava il pastone per i maiali, (Ai quali però dovette rinunciare a causa del pessimo sapore) e successivamente, spinta dai continui brontolii del suo stomaco, perfino alcune di quelle verdure di cui si alimentavano gli animali della valle. Ad ogni modo, di tutte le esperienze alimentari, quest’ultima fu sicuramente quella che seppe convincerla a tenersi i brontolii dello stomaco, piuttosto che trascorrere intere nottate con il mal di pancia)

    La sua metamorfosi si concluse quando si rese conto d’essere parte viva della fattoria e d’essersi guadagnata l’incondizionata fiducia di Fred. (Ciò si verificò pressappoco nel periodo della famosa frase “O cambi o ti spedisco in un istituto”)

    Il suo debutto attivo, oltre che consentire a Fred di recarsi in città con cadenze più regolari, le permise di ottimizzare l’umore e lo stato del suo stomaco. Ma se qualcuno dovesse pensare che la sua partecipazione fosse in qualche modo collegata al formidabile appetito sbaglia di grosso. Certamente un buon pasto riusciva sempre a metterle in corpo una rumorosa allegria, ma se ci si soffermava ad osservarla mentre svolgeva i suoi compiti o la si ascoltava cantare mentre impiegava il suo tempo libero nella valle, allora era possibile comprendere come quel risveglio fosse compiutamente vero

    (Per la verità anche in quel vecchio brontolone avvennero cambiamenti di una certa importanza. Era come se su di loro fosse calato un velo capace di distaccarli da tutti quei dolorosi ricordi che per entrambi avevano avuto inizio a Branson.)

    In quel periodo lei assunse atteggiamenti così incredibilmente spensierati che neppure i modi burberi di Fred (Quel vezzo di brontolare non lo perse mai) riuscivano a confonderla più di tanto.
    Per quanto riguarda il suo rapporto con il vecchio brontolone, questi mutò radicalmente dopo l’incontro con Mary. Infatti da allora assunse nei suoi confronti gestualità e comportamenti assolutamente impensabili soltanto due settimane prima.

    Da parte sua, Fred, dopo aver saggiato i limiti fisici e caratteriali di quel terremoto, (Non senza scontri al color bianco) con vari pretesti decise di riservare per se i lavori più duri, lasciandole la massima libertà di muoversi e fare ciò che più le piaceva.
    Com’era prevedibile Cristi valutò alla sua maniera il senso di quel benevolo trattamento, (E se non fosse stato per Mary gliene avrebbe cantate volentieri quattro) ma quando sua madre riuscì a farle comprendere la vera natura di quella disponibilità, fu capace di goderne l’intima essenza.

    Se dovessimo descrivere le sue impressioni quando giunse a quella rivelazione ci sarebbe da riempire un bel po’ di pagine. Ma siccome lei era quella che era, riuscì soltanto a crearsi un altro problema; ovvero come soddisfare quella strana necessità di sdebitarsi senza maltrattare troppo il suo orgoglio.
    E così, per ricambiare la benevolenza che lui mostrava nei suoi confronti, escogitò una serie impressionante di pretesti per svolgere quei lavori che lui trascurava di proposito. (Questo non lo comprese subito, ma quando lo scoprì...)

    Ma sebbene quello scambio di premure divenne un specie di recita, che ognuno di loro rappresentava ben sapendo che l’altro ne era a conoscenza, di una cosa fu subito certa; che non era per riconoscenza se all’imbrunire abbandonava ogni cosa per andare ad attenderlo in fondo all’orto, per poi fare assieme a lui, mano nella mano, l’ultimo tratto di strada.
    In quei momenti sentiva sbocciare in se caldissime emozioni che sapevano farla piangere di gioia e spesso doveva ringraziare il buio se lui mostrava di non accorgersi dei suoi occhi lucidi. (Ma questo lo credeva lei)
    Benché fosse ancora in lotta con i suoi condizionamenti, quella voglia di dare e ricevere amore la resero sempre più simile ad una bambina terreste e come tale, a volte (Quando la stagione e il tempo glielo consentivano) le accadeva di trascurare i suoi doveri per scapparsene nella valle alla scoperta di quel mondo così nuovo e magico.

    Allora non si stancava mai di saziarsi della traboccante offerta di bellezze che la valle Champlain sa offrire in primavera.
    Impiegò pochissimo tempo a scoprire i segreti degli animali. Imparò a riconoscerli dai suoni che emettevano e dagli odori che lasciavano, giungendo perfino a partecipare ai loro giochi.

    Durante il pasto della sera, sebbene avesse preso l’abitudine di riferire a Fred delle sue avventure, (Per poi subire la solita sfilza di suggerimenti del tipo – Tieniti alla larga dagli orsi e dai puma – oppure – Devi lasciarli in pace, non si può mai essere certi delle loro reazioni) mai si sognò di raccontargli che la sua migliore amica era una giovane femmina di orso sulla cui schiena si divertiva a fare lunghe corse nella valle.

    Ormai Maggio era alle porte e quella mattina, mentre un magnifico sole scaldava l’aria e lei era impegnata a condurre al pascolo le mucche, ebbe l’impressione di udire nell’aria una serie di suoni e mormorii mai sentiti prima.

    Emozionata da tanto fervore e dopo aver condotto gli animali nel recinto di pascolo, decise di dedicare il resto della mattinata alla sua amica orsa e a nuove avventure, ma purtroppo, seguendo gl’immutabili richiami della natura, quella mattina la sua amica aveva deciso di seguire un giovane maschio.
    Contrariata come solo lei sapeva esserlo quando qualcosa le andava di traverso, si arrampicò su di un grosso acero brontolando e lasciando trascorrere più di un’ora prima di convincersi che per quel giorno avrebbe dovuto proseguire in perfetta solitudine la passeggiata verso la collina.

    (Fin dal suo primo giorno nella valle, quella collina aveva saputo suscitare in lei un richiamo così prepotente da spingerla a salirvi ogni giorno per sedersi sotto la grande quercia che la dominava e se a volte un qualsiasi impegno la costringeva a saltare l’appuntamento, non appena il sole iniziava a lambire l’orizzonte, nulla e nessuno riusciva ad impedirle di arrampicarsi fin lassù per osservarlo dipingere il cielo dei più fantastici colori.
    Ben presto quel luogo divenne il suo rifugio, l’unico in tutta la valle dove poteva isolarsi a fantasticare o a piangere quando la tristezza s’impossessava del suo spirito)

    Giunta ai piedi della collina si arrampicò per l’erta già tinta del verde smeraldino dell’erba e soltanto quando si trovò al cospetto della quercia e della siepe di rovi che tagliava la collina a metà, sentì svanire il malumore per il mancato incontro.
    Per un po’ restò distesa sull’erba seguendo lo scorrere delle nubi e il volo planato dei falchi, ma poi, quando la sua attenzione si spostò sulla grande siepe, per l’ennesima volta si chiese cosa vi fosse sull’altro lato.
    Quella parete di rovi aveva saputo colpire la sua fantasia e non per la sua struttura davvero autorevole, ma per qualcosa di più profondo che la obbligò sempre a considerarla una barriera invalicabile.

    (Di lei ne aveva parlato con Fred chiedendo cosa vi fosse dall’altra parte, ed egli, evidenziando possibili incontri indesiderati, l’aveva sconsigliata di avventurarsi oltre quel limite.
    – Potrei correre dei rischi? – Chiese interessata
    – No, ma di sicuro potresti avere qualche sorpresa – Fu la sua laconica risposta
    Per farla breve le aveva detto che fin lì poteva andare, ma che se avesse voluto scoprire cosa vi fosse al di la, avrebbe dovuto cavarsela da sola.
    Da allora, per lei, quel dovere, quel non poter andare oltre, voleva dire che ai piedi di quella siepe terminava il suo mondo.)

    – È buffo, – Pensò – ho vissuto senza mai accettare ordini e ora su questa palla d’acqua un uomo viola la mia mente e una semplice siepe limita la mia libertà. Vorrei tanto che qualcuno mi spiegasse perché accade tutto questo?
    Si prese il capo tra le mani e gridò verso il cielo
    – Qual è il tuo disegno padre? Cosa ho fatto per meritare il vostro disprezzo. Cos’altro vuole il tuo popolo da me, la mia vita? È questo che vogliono? Forse non lo ricordate, ma per voi ho messo in gioco la mia esistenza milioni di volte senza mai chiedere nulla in cambio. Eppure sarebbe bastata una tua parola ed io ve l’avrei donata senza riserve. Ma ora non è più possibile, non vi appartengo più. Ora sono di un altro e ti prego padre non togliermi quanto di bello è nato in me. Sto bene qui, ho una casa, un lavoro che mi soddisfa e un uomo si prende cura di me. Lui mi protegge, mi rispetta e io ho imparato a stimarlo. Lui dice di amarmi e sebbene abbia la pessima abitudine d’imbrogliarmi io gli credo. Mi aiuta, è buono e se dice che questa siepe è la fine del mio mondo, beh, allora è così che deve essere. Dimenticati di me, non cercarmi, lasciami al mio destino... Ma bada, non permetterò che tu gli faccia del male, lasciaci in pace!

    Non appena avvertì di aver recuperato il suo equilibrio si alzò e, senza staccare un solo attimo gli occhi da quella massa di rovi, proseguì la passeggiata e seguendo distrattamente il percorso della siepe, di tanto in tanto spiccava dei salti nel tentativo di vedere cosa vi fosse dall’altra parte.

    (Per la cronaca c’è da riferire che ormai le era più facile tenere a bada la sua personalità gaussiana che non quella terrestre, poiché quella piccola natura intrigante riusciva sempre a trascinarla in avventure che il più delle volte si trasformavano in nuovi guai; come la volta che si arrampicò in cima ad un albero per osservare un nido di uccelli e poi si trovò a fare i conti con le vertigini da altezza.
    Potrebbe sembrare assurdo, ma sebbene quell’esperienza la terrorizzò nel vero senso della parola, non le tolse la voglia di superare l’ostacolo e infatti, a furia di tentativi che spesso si concludevano in rovinose cadute, qualche mese più tardi sciolse anche quel nodo.)

    Si dice che la curiosità sia femmina, ed è certo che lei lo stava divenendo prepotentemente e siccome si dice anche che i bambini siano curiosi per natura e lei lo era, non appena scoprì nella siepe un’apertura poco più larga di due spanne, vi si infilò ventre a terra e quando fu dall’altra parte e si sollevò in ginocchio aveva il cuore in tumulto.
    – Cavoli, – Si disse ad alta voce cercando di mascherare l’emozione nella voce – ma il cielo è lo stesso
    Rincuorata dal silenzio lasciò che lo sguardo scivolasse lungo un breve pendio che cessava sulla sponda di un torrentello.
    Alla vista dell’acqua avvertì subito un certo prurito lungo la schiena, ma, cosa strana, quel rivo largo due o tre braccia e profondo appena una spanna, riuscì ad attrarla.
    Per un po’ se ne rimase ad osservare dall’alto lo scorrere placido di quell’acqua che, frenando di tanto in tanto la sua corsa, dava forma a minuscoli laghetti o cascatelle chioccolanti, per poi riprendere la sua corsa sciabordando oltre la curva della collina.

    Quella scena la colmò di un così voluttuoso piacere che con pochi salti raggiunse la sponda del torrente e, dopo essersi distesa sull’erba e vinto quel certo istinto che l’avrebbe voluta lontana, immerse con decisione una mano nell’acqua.
    Quando estrasse la mano colma di sabbia, rimase a bocca spalancata osservando quelle pietruzze brillare al sole come stelle in cielo
    – Cavoli! – Esclamò – Non sapevo fossi così soffice...dio se mi vedesse Fred, questa sera dovrò raccontarglielo. Poi, lentamente, portò la mano alle labbra e con la lingua prese in bocca alcune di quelle pietruzze.
    – Sei buona – Mormorò prima d’immergere nuovamente la mano nell’acqua e osservare la sabbia depositarsi pigramente sul fondo – Scusami, ma dovevo farlo o non ti avrei mai conosciuta
    Si tolse le scarpe e immerse i piedi nell’acqua e sentendosi a suo agio si sdraiò sulla schiena tentando inutilmente di dare un senso a quella nuova scoperta.

    Quando fu stanca di stare in quella posizione si alzò e a piedi nudi attraversò il torrente.
    Sull’altra sponda sedette sull’erba per infilarsi le scarpe, ma quando si alzò e si guardò attorno scoprì di essere completamente circondata da un’erba assai più alta di lei.
    – Stai commettendo un errore. – Si disse ad alta voce grattandosi la testa – Faresti meglio a tornartene dov’eri
    (Vi è mai accaduto, quando eravate bambini, di fare qualcosa che vi ha messo in conflitto con la vostra coscienza? Immagino di si, altrimenti non sareste stati bambini. Ed è mai accaduto che abbiate rinunciato? A me no e a voi?)
    Per qualche secondo fu indecisa sul da farsi, ma poi, con voce studiatamente allegra, si disse – Ma che cavolo può accadermi in un posto tanto bello?

    E come spesso accade a tutti i pulcini di questo mondo, (Quando rinfrancati dalla loro stupenda innocenza si lanciano inconsapevoli verso l’ignoto) anche lei, dimenticando che la troppa sicurezza è spesso amica dell’imprudenza, si lanciò verso una di quelle indimenticabili avventure senza le quali non si può affermare di aver vissuto un’infanzia felice.
    Allegra come non le sembrava d’essere mai stata e cantando a squarciagola, s’inoltrò in quel mare di verde frusciante senza immaginare che, di li a poco, avrebbe avuto una memorabile sorpresa.
    Infatti, mentre stava spostando davanti a se l’ultimo fascio d’erba, improvvisamente si trovò a fronteggiare la figura terribile d’un uomo che la osservava dall’alto della groppa di un cavallo.
    Arrestare la sua corsa, ingoiando il grido che stava per invadere l’aria e sentire il cuore fermarsi fu tutt’uno. Fu così grande e improvvisa la paura che quell’urlo mancato per poco non la soffocò.
    Per un istante restò come impietrita, poi, lasciando inascoltato un segnale che le suggeriva i codici di difesa, reagì nel modo che sentì più congeniale; girò sui tacchi e se la dette a gambe urlando come un’aquila.
    Incurante dell’acqua che le riempì le scarpe e le inzuppò i pantaloni attraversò il torrente come un fulmine e trattenendo il respiro risalì la collina infilandosi nella siepe come avrebbe fatto un coniglio inseguito dal cacciatore. (La scena fu di una comicità unica a causa di un paio di rumorosi e folcloristici ruzzoloni che la obbligarono a ripetere, sempre più freneticamente, la salita)

    Una volta al di la della siepe si rotolò sul prato nascondendo nell’erba il volto grondante di sudore.
    – Accidenti a te! Accidenti a voi, accidenti a tutti! – Gridò esplodendo in singhiozzi isterici – Ma chi cavolo era quel coso! C’è mancato un chiodo che non morissi di spavento
    Le occorsero alcuni minuti prima di placare il pianto e recuperare il dominio di se, ma benché fosse certa di non correre alcun pericolo, rimase con il fiato sospeso in ascolto di eventuali rumori al di la di quell’ammasso di rovi.
    – Ma perché tutte a me? Ma che cavolo ho fatto per meritarmi questo? Io me ne sto per fatti miei e invece…Ma porco mondo non posso andare avanti così, io non sono capace di vivere come questa gente, non so difendermi
    Una vocina dentro di se sembrò sussurrarle – “Te lo aveva detto di non andare al di la!”
    – Accidenti a lui! – Esclamò risentita prima di correggersi – Macché sto dicendo, che colpa ne ha lui se sono cretina. Come lo chiama? Senso di colpa? Dio com’è difficile vivere da queste parti! – Poi, carezzando l’erba, completò il pensiero – Scusami Fred, non è colpa tua
    Quella prima sorprendente analisi (Dettata dal suo Io terrestre, in netto conflitto con quanto esigeva la sua controparte gaussiana) la lasciò senza fiato.
    Forse non se ne rese conto neppure lei, ma quella fu la prima volta che annullò volontariamente un ordine dettato dal programma e se si esclude una leggerissima vertigine, seguita però da una inebriante sensazione di piacere, non provò nessuna delle costrizioni psicofisiche che avrebbero dovuto far seguito ad un’azione di rifiuto.
    Purtroppo quella voluttuosa sensazione si esaurì non appena la componente gaussiana la indusse ad una nuova analisi dell’accaduto:

    MANCANZA DI CONTROLLO..………………Individuarne le cause
    CAUSE POSSIBILI...........…….Distrazione, alto grado di emotività o paura
    ATTUALE VALORE S.S.E.......……………………………………………….0,54%
    SOLUZIONI POSSIBILI……Ripristinare valore s.s.e. nei limiti medi di 99,46

    INIZIO PROCEDURE ...........….…….………………………………………

    A quel punto l’ego terrestre bloccò l’accesso al programma impedendo di fatto l’avvio delle procedure.
    Avvenne tutto così rapidamente che non fu in grado di predisporre alcuna procedura e sebbene al termine della contesa l’ego terrestre ne uscì vincitore, com’era prevedibile lei ne pagò il tributo con un deprimente mal di testa.

    (Per comprendere interamente quali fossero le reali difficoltà che Cristi si trovava ad affrontare ogni qual volta la componente gaussiana tentava di assumere il controllo della mente, si deve tenere conto che il programma di base, divenuto ormai la seconda pelle dell’ego gaussiano, poteva essere dominato soltanto se lei cedeva, al neonato ego terrestre, l’uso incondizionato dell’energia modulata; ovvero la sua stessa essenza vitale)

    Presa com’era da quei dolorosi problemi esistenziali non si accorse d’essersi inoltrata nel piccolo vigneto intrecciando il suo cammino tra i filari.

    (Ci riferiamo a quello spicchio di terreno sul quale Fred aveva interrato alcuni viticci e del quale ne era talmente geloso da minacciare ogni genere di guai a chiunque avesse osato accostarsi.
    Per la verità quei pochi tralci di vite erano soltanto una scommessa fatta con se stesso e pur sapendo che non gli avrebbero mai dato un grappolo maturo, continuava a curarli e a coccolarli come se fossero stati la cosa più rara della Terra)

    Avvolta com’era in quell’indistinta cappa di pensieri, Cristi si rese conto d’essere nei guai soltanto quando un improvviso fruscio alle sue spalle non la indusse a guardarsi attorno.
    – Oh cavolo! – Esclamò grattandosi la testa – Non bastava quel mostro a cavallo a rovinarmi la giornata, se quando rientra se ne accorge finisce come l’altra volta.
    Quindi facendo attenzione a non lasciare troppe impronte sul terreno si allontanò in punta di piedi.
    Evidentemente la somma di quelle emozioni doveva aver spostato verso il basso il barometro del suo umore e conoscendosi fin troppo bene, ma soprattutto per evitare che quella instabilità emotiva salisse verso limiti non facilmente controllabili, decise di rientrare in casa. La qual cosa, comunque, si rivelò di scarsa utilità quando sul tavolo della cucina ritrovò il bucato delle sue cose pronto da stendere.

    Per la verità il compito di stendere le sue cose non le procurava particolare disagio, quello che la infastidiva era doverlo stendere sull’erba e dover poi rimanere nei pressi per evitare che qualche animale ne facesse la sua cuccia.

    (Forse è meglio chiarire che la causa di quel nervosismo non era soltanto opera del suo caratterino selvaggio, ma aveva origini piuttosto lontane e per l’esattezza ai primi giorni di permanenza nella valle, quando Fred, proprio per evitarle quel fastidio, le aveva promesso che avrebbe teso una fune tra due alberi. Tant’è che una sera, di ritorno dalla città, le mostrò un bel rotolo di quella corda dicendo – Ecco il tuo stenditoio)

    Ed è proprio di li che iniziarono i guai, poiché da quella sera, pur essendo trascorso un bel po’ di tempo, quel rotolo era ancora sul camino e lei continuava a stendere sull’erba.
    A voler essere obiettivi, considerando che quello stenditoio sarebbe stato di suo uso esclusivo, (Lui stendeva il suo bucato sull’erba senza problemi) avrebbe anche potuto tenderlo lei stessa, ma testardamente preferì brontolare ogni volta che poneva il bucato sull’erba piuttosto che fare un lavoro del quale lui si era assunto l’impegno.
    In quanto al suo guardaroba non si può certo dire che fosse imponente, visto che oltre a ciò che indossava e cioè jeans, una maglia di lana e l’unico paio di grosse scarpe che possedeva, il resto poteva essere riassunto in un altro paio di jeans (I pantaloni li preferiva alle gonne) una gonna, un pigiama, (Ma lei continuò per molto tempo ad usare la camicia che Fred le aveva dato la prima sera) un’altra maglia di lana colorata, due camice di stoffa ruvida, due paia di calze di lana per la stagione fredda, (Nella stagione calda indossava scarpe senza calze) due orribili mutandoni di lana che Fred aveva ricavato modificando (Si fa per dire) un paio dei suoi e per concludere alcuni capi intimi che Mary aveva appositamente confezionato per lei, che le furono portati da Robert quando venne per aiutare Fred ad istallare la pompa.
    (Per quanto riguarda il vezzo di usare abiti maschili non si può certo dire che rendesse felice Fred, anzi, egli avrebbe preferito vederle indossare abiti femminili, ma avendo ormai imparato a sue spese che è sempre meglio star lontano dall’istrice, si guardò bene dal farle intuire quella sua preferenza.)

    Nel pomeriggio tornò ad arrampicarsi sulla collina, ma questa volta soltanto per osservare Fred arrancare con il trattore e così, tra uno sguardo al vecchio brontolone, uno sbadiglio e una pagina di lettura, sempre sgranocchiando semi di mais, rimase lassù fin quando il sole piegò la sua corsa verso l’orizzonte.
    Quando rientrò in casa ritirò il bucato già asciutto, preparò la loro cena, apparecchiò la tavola e quindi uscì nuovamente per andare incontro a Fred.

    Mentre trotterellava lungo il viottolo che costeggiava il meleto, la tornò alla mente all’avventura del mattino, ma non ebbe modo di arrabbiarsi perché il cuore le saltò in bocca quando vide di lontano la figura di Fred avviarsi lentamente verso il vigneto.
    – Ehi – Gli gridò correndogli incontro – Dove stai andando? Non hai appetito?
    – Altro che! Ma prima voglio dare un’occhiata alle viti – Rispose lui senza neppure voltarsi
    Per un attimo si sentì perduta, ma poi, con una sfrontatezza da far invidia a un politico, gli si parò dinanzi
    – Perché invece di andare a riverire quelle piante non mi fai contenta e ti decidi a tendere la corda per il bucato?
    – Pensavo che l’avessi fatto tu
    – Santo cielo, oltre che sordo sei diventato anche cieco? Ti pare di vedere qualche corda tesa?
    – Beh, no, ma perché non l’hai ancora fatto?
    – Mi dici come potrei riuscirci? Anche se mi sollevo in punta di piedi sarebbe sempre troppo bassa
    – C’è una scala nel fienile
    – Porca vacca! Hai detto che lo avresti fatto tu!
    – Davvero?
    – Puoi scommetterci
    – Okay, domani tirerò quella corda
    – Figuriamoci – Replicò lei in tono sarcastico
    – Qualcosa non va?
    – Per carità, tu puoi fare quello che vuoi, qui sei padrone
    A quella battuta Fred si arrestò, depose in terra gli attrezzi puntandole l’indice contro
    – Sentimi bene signorina, mi pare di averti detto più di una volta che qui non ci sono padroni
    – Scusa, mi è scappata, va bene?
    – Mi hai rovinato la serata, sei contenta?
    – No che non sono contenta. Mi dispiace invece
    – Ma perché stiamo bisticciando?
    – E che ne so! Dai che si fredda la cena
    – Okay e domani la tendo davvero quella corda
    – Ho preparato una cena da far leccare i baffi – Cinguettò lei felice per lo scampato pericolo
    – Quando hai quel tono di voce mi fischiano sempre le orecchie
    – Ma dai! – Disse lei prendendolo per mano e trascinandolo verso casa – Com’è possibile che ti fischino le orecchia se sei sordo come una campana?
    – La sordità non è un difetto, è una condizione naturale e poi per tua conoscenza io ci sento benissimo
    – Si, – Rispose lei – ma soltanto quello ti fa piacere sentire! Dai, chiacchiera meno e andiamo in casa
    – Ma non dovevo andare al vigneto?
    – Si fredda tutto. – Disse lei voltandosi a guardarlo mentre sentì il sangue gelarsi nelle vene – Puoi sempre andarci domani

    Com’era sua abitudine durante la cena Cristi iniziò il racconto di quanto le era accaduto durante il giorno, (Ben inteso omettendo di raccontare della passeggiata nel vigneto) ma, cosa insolita, quella sera si dilungò talmente nel racconto della sua avventura che Fred lasciò la tavola per sedersi sulla sua poltrona a soffiare in alto boccate di fumo azzurrognolo.
    Per un po’ Cristi continuò il suo racconto dalla tavola, ma quando spazientita per la poca considerazione che lui le riservava gli si parò davanti con le mani sui fianchi, (In una di quelle pose che lasciano assai poco alla fantasia) lo costrinse a sollevare lo sguardo
    – Cosa c’è? – Domandò lui con un sorriso beffardo sulle labbra – Hai bisogno di qualcosa?
    – Porca vacca! Non t’interessa più sapere cosa faccio durante la giornata? – Sbraitò lei con voce risentita
    Tentando di soffocare un sorriso, che comunque risultò evidente, Fred l’attirò a se e sollevandola come un fuscello se la pose sulle ginocchia.
    Infastidita per quell’atto Cristi reagì tentando di liberarsi del suo abbraccio.
    – Perché stai ridendo? – Domandò spazientita – Non mi sembra ci sia nulla di comico in quello che è accaduto
    – Te lo dico a patto che tu mi dica perché non hai voluto che andassi al vigneto
    Lei lo guardò fisso negli occhi per alcuni istanti, poi farfugliò
    – Se te lo dico mi strangoli
    – Potrebbe anche non accadere
    – So io come reagirai. Va bene, vuoi sapere la verità?
    – Se credi di poterla dire
    – Beh, certo che posso, non te l’ho detto subito perché non volevo rovinarti la cena
    – Ti ringrazio. È forse qualcosa che riguarda il vigneto?
    Cristi annuì senza rispondere
    – Causato danni? – Chiese lui armeggiando con la pipa
    Cristi scosse il capo – Nessuno, lo giuro!
    – Uhm e potrei conoscere il motivo che ti ha spinto fin li?
    – È stato senza volerlo. Ero talmente impaurita che non mi sono accorta d’esserci entrata
    A quella battuta Fred riprese a ridere e lei ebbe uno scatto di nervi.
    – Ti faccio ridere, eh? Accidenti a te, non ti racconterò più nulla! Lasciami, voglio scendere, hai capito? – Gridò lei divincolandosi
    Serrandola ancora più stretta a se per impedirle ogni movimento Fred cessò di ridere
    – Ehi! Sta un po’ ferma, sei peggio di un anguilla
    – Lasciami brutto testone, voglio scendere
    – Non stavo ridendo di te
    – E allora a chi era dedicato quello sconcio sghignazzare? – Chiese lei smettendo di divincolarsi
    – Non a te, pensavo a quale spavento deve aver provato quel poveruomo nel vederti
    – Ma tu da quale parte stai? – Gridò a piena voce
    – Sarò sempre dalla tua, ricordalo, ma se quel povero cristo è chi penso io starà ancora correndo
    – Allora non ce l’hai con me?
    – Perché dovrei? Hai appena ammesso che la tua visita nel vigneto è stata accidentale
    – Tu conosci quell’uomo?
    – Dev’essere un Abnaki – Rispose lui trattenendo a stento il riso
    – Cos’è un Abnaki? E non ridere accidenti, mi stai facendo saltare i nervi! – Esclamò lei mentre l’espressione del suo viso mutava per seguire nell’ilarità di Fred
    Per un po’ non riuscirono a dire una sola parola tanto era il ridere e quando con gli occhi colmi di lacrime Fred provò a balbettare alcune parole, dovette attendere che il riso si placasse per riuscire a farsi comprendere.
    – Gli Abnaki sono una tribù appartenente ad un popolo di nativi che vivono in queste zone del Nord degli Stati Uniti
    – Aveva un aspetto orribile – Borbottò Cristi riprendendo a ridere
    – Il loro modo di vestire è davvero pieno di folclore – Commentò Fred continuando a ridere
    – Sono uomini come gli altri?
    – Senza alcun dubbio, ma essendo più scuri di pelle vengono identificati come pellirossa. Non devi meravigliarti del loro aspetto, quel popolo ha preferito restare fedele alla cultura di quando giunsero su queste terre
    – Sono loro i proprietari di queste terre?
    – No, legalmente appartengono a chi possiede un documento che ne attesti la proprietà, ma c’è da dire che quando gli europei sbarcarono su questa parte del mondo, nessuno si sognò mai di chiedere loro se fossero d’accordo a cederle
    – Ed è giusto appropriarsi di beni altrui?
    – Assolutamente no! Ora però fammi un favore, prima di dare inizio a qualsiasi discussione, faresti bene a dare uno sguardo alla storia degli Stati Uniti e a qualche testo di diritto.
    – Diritto? Ma per carità! Lo conosco bene il vostro diritto
    – Guarda che non ho alcuna intenzione di discutere, ma se desideri sapere come la penso, loro sono di andare dove vogliono
    – Anche sulla tua terra?
    – Mi riferivo appunto alla nostra terra, il guaio è che loro non vogliono aver nulla a che fare con la società dei visi pallidi
    – Chi sono i visi pallidi?
    – Saremmo noi
    – Se erano qui prima degli europei significa che l’intero continente appartiene a loro
    – Ho capito, dovrò parlare tutta la sera; okay, allora le cose stanno a questo modo, non sono i proprietari di nulla
    – Ma se hai appena detto che...
    – Lo so cosa ho detto, ma sebbene siano giunti su questa terra qualche migliaio di anni prima degli europei
    – Come?
    – Attraversando lo stretto di Bering
    – Non ho trovato da nessuna parte questa notizia
    – Lo so, ma i documenti in nostro possesso confermano che attraversarono quello stretto assieme ad una parte della nostra gente
    – Perché non si sono evoluti?
    – È una lunga storia che non fa onore alla razza bianca
    – Dovrò approfondire l’argomento e tu non pensare di evitarlo
    – Non ci penso neppure. Io li adoro, sto bene con loro. È brava gente, assolutamente incapace di fare del male. Anche se in qualche occasione sono stati costretti ad imitare le nostre peggiori inclinazioni
    – Quali sono le vostre peggiori inclinazioni?
    – L’egoismo ad esempio e molto spesso l’incapacità di comprendere le ragioni degli altri
    – Gli uomini sono tutti così?
    – No per fortuna, esistono anche uomini diversi
    – Come te?
    – Qualcuno, ma ve ne sono anche di migliori
    – Posso conoscere il motivo per cui hai voluto proibirmi di oltrepassare quella siepe quando sapevi che non avrei corso pericoli?
    – Non ricordo di avertelo proibito
    – Ah no? Che strano, avevo l’impressione che me lo avessi caldamente consigliato
    – Che io sappia c’è una discreta differenza tra proibire e consigliare
    – Fammi capire, tu mi avresti consigliato di non oltrepassare quella maledetta siepe pur sapendo che al di la non vi erano pericoli? E così?
    – Più o meno
    – Se non sapessi chi realmente sei potrei credere che tu sia pazzo. Sai bene che mi danno l’anima per seguire i tuoi consigli
    – È vero
    – È vero un accidente! Perché l’hai fatto?
    – Beh...
    – Ora non morderti la lingua, devi sputare tutta la verità
    – Desideravo sapere quale sarebbe stata la tua reazione
    – L’hai fatto di proposito. Tu sapevi che prima o poi sarei passata di la
    – Beh, ci sei andata o no?
    – Si, porco demonio – Urlò lei
    – E ora non venirmi a raccontare che non l’hai fatto per appagare la tua curiosità
    – Mi spieghi perché cavolo avrei dovuto essere curiosa di sapere cosa c’era al di la di quella stramaledetta siepe? – Urlò lei con quanta voce aveva in corpo
    – Non lo so, però lo hai fatto – Rispose lui gridando altrettanto forte
    – È tutta colpa tua
    – Su questo sono d’accordo, sapevo che sarebbe accaduto
    – Come potevi esserne certo? Hai letto la mia mente?
    – Non ho bisogno di leggere la tua mente per comprendere che la curiosità è una delle qualità principali del tuo carattere
    – È male essere curiosi?
    – Non ho detto questo, l’uomo ha il dovere di rivolgere la sua attenzione alla conoscenza delle cose che lo circondano, ma bisogna saper distinguere tra curiosità e interesse
    – Qual è la differenza?
    – L’interesse che rivolgiamo a ciò che ci circonda è sano se ha come scopo primario il conservare e migliorare la nostra esistenza, la curiosità riguarda soltanto la sfera superficiale dell’interesse e a volte può diventare meschina se è rivolta alla conoscenza di fatti che riguardano altre persone
    – Allora quello che ho fatto è male?
    – La tua curiosità rientra nella norma di comportamento di tutti i ragazzi della tua età, ed è giusto che sia così. E poi sai cosa c’è? Speravo proprio che lo facessi
    – Porca vacca da te questa non me la sarei aspettata. Perché speravi che lo facessi?
    – Perché una volta al di la della siepe avresti dovuto cavartela soltanto utilizzando la tua testa
    – E come potevi sapere che lo avrei incontrato? Non dirmi che tu e lui...
    – No, questo no e ti prego di non metterti strane idee per la testa. Pero sapevo che quello è il suo terreno di caccia
    – Tu non sei pazzo, sei qualcosa che va oltre ogni immaginazione. Hai rischiato di farmi morire per conoscere…Dio mio ma cos’altro dovrò aspettarmi da te?
    – Stai scherzando o parli sul serio?
    – Meglio che non te lo dica. Piuttosto dimmi una cosa, come potevi essere certo che non avrei usato i poteri?
    – Lo hai promesso
    – Avrei potuto rompere la promessa
    – No, non tu
    – Ho l’impressione che tu mi conosca più di quanto voglia dimostrare
    – Può darsi, ma per conoscerti meglio avevo bisogno di sapere fin dove arrivasse la tua forza d’animo
    – Oh bene! Però sai cos’è accaduto? Che me la sono fatta sotto, altro che forza d’animo
    – Sono certo che sarebbero stati in molti a pisciarsi nelle brache, quello che a me importava conoscere era sapere se fossi riuscita a determinare liberamente una scelta senza mancare alla promessa
    – E se non fossi riuscita? Ti avrei deluso?
    – Non è accaduto
    – Ma se fosse stato?
    – Non sarebbe stata la fine del mondo
    – Certo che no, ma ti avrei deluso e questo mi avrebbe spinto a lasciarti
    – Non scherzare, come potrei andare avanti senza di te?
    – Prima ci riuscivi
    – Ormai senza il mio aiutante preferito non saprei più dove mettere le mani
    – Faccio così poco
    – Niente affatto, tu sei preziosissima, mi togli un’infinità di fastidi
    – È soltanto per questo motivo che ti dispiacerebbe che andassi via?
    – A parte il fatto che una simile sciocchezza non deve neppure sfiorarti la mente, ma neppure per un posto in paradiso ti permetterei di andartene
    – Non sono libera di andarmene? – Domandò lei riacquistando il sorriso
    – Certamente che sei libera…ma non pensi a me. Dove troverei un aiutante migliore di te?
    – Veramente sono un buon aiuto?
    – Il migliore che esista in tutto questo strano mondo
    Lei si strinse nelle spalle annuendo – Sarà come dici tu, ma un aiutante che fugge non mi sembra sia il massimo
    – Vuoi la mia opinione?
    – Sentiamola
    – Io credo che tu abbia fatto la cosa giusta. Alla tua età me la sarei data a gambe anch’io
    – Non lo credo, tu non saresti fuggito
    – Non esserne troppo sicura, a volte l’ho fatto per molto meno e se poi vogliamo considerare i pro e i contro, la tua non è stata una vera e propria fuga
    – Tu come definiresti l’atto di darsela a gambe?
    – Buon senso, ecco cos’è. Hai dimostrato di avere giudizio
    – Ti ringrazio per l’incoraggiamento, ma resta il fatto che ho tagliato la corda. L’unica cosa che mi da sollievo è sapere di non averti troppo deluso
    – Se fossi in te smetterei di sputarmi addosso e cercherei di convincermi che si è trattato della normalissima reazione che potrebbe avere un qualsiasi ragazzo della tua età
    – Io non mi sputo addosso! Dico soltanto che senza i miei poteri non valgo un accidente, ecco!
    – Sciocchezze. Quel dolorino che sta gravando sulla tua coscienza si chiama sentimento di colpa e non è per niente facile controllarlo. Quel figlio d’un cane opera a livello inconscio e di solito mette a nudo quel piccolo conflitto tra ego e superego che c’induce ad agire come se avessimo trasgredito i più alti ideali
    – Non è un dolorino, fa veramente male porca vacca!
    – Lo so e tra l’altro ha la cattiva abitudine di sviluppare dolorosi stati d’ansia e la tendenza all’auto punizione
    – Non credevo di essere così vulnerabile
    – Beh, ora lo sai. Qualcuno tende perfino a collegare quel sentimento all’imperfetto superamento del complesso di Edipo. Ne abbiamo già parlato ricordi?
    – Si ricordo, ma credevo di poterlo superare
    – Per ottenere dei risultati occorre pazienza un po’ di aiuto esterno
    – Vedi se avevo ragione, senza i miei poteri non riuscirò mai a farcela
    – E cosa mi dici di tutti coloro che vivono su questo scalcinato pianeta? Loro non hanno i tuoi poteri, però se la cavano piuttosto bene
    – Cosa vuoi che ti dica? Saranno migliori di me
    – E questo ti disturba
    – Ma no! Figurati. Ormai dovresti sapere che vorrei essere simile a loro
    – Se può consolarti saperlo non sei così lontana dal riuscirci
    – Cosa te lo fa credere?
    – Tu prova ad analizzare senza l’aiuto dei tuoi programmi ciò che ti è capitato oggi
    – L’ho fatto Fred e ho scoperto di non valere nulla
    – Benvenuta tra noi!
    – Non scherzare. Io non me lo posso permettere, ho una missione da compiere
    – Credi forse che somigliare agli uomini della Terra abbia affievolito le tue capacità?
    – Non lo so…
    – Beh, allora lascia che ti dica come stanno le cose; le tue capacità sono esattamente com’erano quando scendesti sulla Terra, con una piccola differenza… Ora conosci il loro valore e i tuoi limiti
    – Per esserne certa dovrei trovare il coraggio di lasciarti e vivere tra gli uomini
    – Vuoi andartene da questa valle?
    – No… io non vorrei lasciarti, – Mormorò lei con il pianto nella voce – ma c’è una parte di me che lo pretende
    – E tu non ascoltarla, il tuo posto è qui
    – Fino a quando? Oh Fred, se almeno il tuo dio mi aiutasse a non aver paura
    – Spero proprio che non accada, poiché senza quel sentimento potresti commettere qualche sciocchezza di troppo
    – Tu fingi di non capire cosa dico, ma io debbo condurre a casa il mio popolo e mi accorgo di essere soltanto una ragazzina piagnucolosa
    – E tu cosa credevi? Che sarebbe bastato schioccare le dita per ottenere ogni cosa? Non è così che vanno le cose mia cara, se vuoi ottenere qualcosa devi guadagnartelo. Noi fuggimmo da Gauss per non perdere la nostra anima e per mantenerla abbiamo pagato un prezzo altissimo
    – Ma come potrò guidarli se un uomo a cavallo è capace di per farmela fare nelle brache?
    – Questo è un problema che affronterai al momento opportuno… ma ricordati una cosa, se vorrai che ti seguano dovrai mostrare loro le tue lacrime e le tue paure… Debbono sentire che sei una di loro, non il loro dio. Quello lo hanno già
    – Perché tu non hai paura di nulla?
    – Non è vero, anch’io ho le mie, – Sussurrò lui divenendo serio – e qualche istante fa ne ho provata una grandissima
    – Quando?
    – Quando poco fa hai detto di voler andar via
    – Tu non credi che sia la cosa migliore da fare?
    – Io credo soltanto che sei una gran testona. Ma cosa credi che i sentimenti siano acqua zuccherata?
    – Oddio Fred scusami, non volevo dispiacerti, ma in me vi sono ancora forze che riescono ad influenzarmi… Sono potenti Fred, sapessi quant’è difficile…
    – Non è stato facile neppure riuscire a vivere accanto ad un bestione come me
    – Ora sei tu a sbagliare, per me è stato semplicissimo. Tu sei una persona straordinaria, ed io ti ho voluto con tutte le mie forze – Sussurrò lei con un filo di voce
    – Volere… Suona bene, non è vero?
    – Forse ho preteso troppo dalle mie forze
    – No, tu hai saputo imboccare la strada che ti condurrà a scoprire chi realmente sei e se hai commesso degli errori non lo ripeterai. Soltanto l’esperienza diretta delle cose è in grado di dettare alla coscienza e alla nostra sensibilità il genere di comportamento che dovrà esserci da guida nella vita
    – E tu cosa credi che faccia? Rischio l’osso del collo per imparare, ma a quanto pare non sono capace di superare l’imposizione della cultura che è fusa in me
    – Avrai bisogno di molto coraggio se vorrai riportare a casa il tuo popolo. E non dovrai mai vergognarti dei tuoi errori… Lascia che sia la tua gente a giudicarli… Tu dovrai soltanto esprimere i tuoi sentimenti, affinché loro possano comprenderti
    – Io non riuscirò mai… Guarda in quale pasticcio mi sono ficcata stamani, ho voluto fare di testa mia e alla fine non sono riuscita a trovare una soluzione al mio problema
    – Ma davvero credi di essere già in grado di giudicare le tue azioni?
    – Si Fred, sono perfettamente in grado di farlo
    – Smettila di gonfiarti come un rospo! Hai appena iniziato a capirci qualcosa e già pretendi di ottenere risultati?
    – Tanto per puntualizzare rospo sarai tu! Mary ha detto che sono bellissima... E poi a me i rospi sono simpatici, sono così divertenti. Vuoi sapere una cosa? Il mese scorso ne avevo perfino portato uno in casa, però…
    – Lo so, l’ho trovato nelle mie pantofole
    – E dove l’hai messo?
    – Nel campo dei cavoli
    – A loro non piacciono i cavoli
    – Comincio a credere che sarebbe meglio fare uno stop e ricominciare daccapo
    – Ricominciare cosa?
    – A farti entrare nella zucca che non sei nessuno
    – Questo lo dici tu! – Rispose arrabbiatissima lei
    – Non solo lo dico, ma lo ribadisco, tu non sei nessuno! E se continuerai ad avere nella testa sciocche idee rimarrai quella che sei. È chiaro il concetto?
    – L’ho sempre detto che sei un tesoro, tu neppure immagini quanto sentissi la necessità d’essere confortata
    – Vedo che l’ironia l’hai imparata
    – È difficile non impararla vivendoti accanto
    – Intendi dire che sono riuscito ad insegnarti qualcosa?
    – Cavoli!
    – Bene! Allora possiamo fare un prova
    – Io non voglio fare nessuna prova
    – Ora non cominciare a salire in cattedra, non ho alcuna intenzione di mettere a repentaglio la tua preziosa mente. Vorrei soltanto che provassi a formulare un giudizio su quella che è la tua vita utilizzando l’ironia
    – Ecco! Questa è una cosa che non potrò mai imparare con te accanto
    – Brava, questa è ironia… ma non è sufficiente. Ora prova a domandarti se saresti capace di sopportare quello che i mendicanti di questo pianeta patiscono ogni secondo della loro esistenza

    Lei lo guardò per qualche istante in silenzio, poi scosse il capo mormorando
    – No… non credo ne sarei capace
    – Dove li hai visti?
    – A Branson e sai una cosa? Io non riesco a pensare alle loro sofferenze… mi fa star male
    – Non siamo perfetti
    – Me ne sono accorta… ma io farò qualcosa per loro, è una promessa Fred
    – Certo… – Mormorò lui annuendo – Ma dovrai vivere la tua vita con le mani lavate
    – Perché citi Omero?
    – Perché soltanto se saprai accostarti a loro con umiltà sarai in grado di giudicare se la donna che è cresciuta in te è migliore di dell’altra
    – Quando parli così mi fai sentire una povera sciocca. Fossi capace io ad amare la mia gente come tu ami la tua
    – Le nostre razze sono talmente simili che potrebbero avere un unica matrice
    – Ti riferisci agli Onn?
    – Mi piace pensarlo – Rispose lui annuendo
    – Hai dimenticato che gli Onn sono stati la rovina della nostra razza?
    – E tu cosa ne sai?
    – So quanto è necessario debba conoscere
    – Tutto ciò è molto riduttivo, non puoi aver perduto di colpo tutta la tua curiosità
    – Non l’ho perduta, mi riferivo a quella che ero prima di scendere sulla Terra. Posso farti una domanda?
    – Certamente
    – Tu sei a conoscenza di qualcosa che a me sfugge, non è così?
    – Io so soltanto che sei il mio pulcino – Rispose lui scompigliandole i capelli
    – Non mentire imbroglione, ormai so leggere il tuo cuore e quando parli in questo modo tu vuoi dirmi qualcosa
    – Temo che tu stia imparando troppo in fretta. È vero, ero alla ricerca di un pretesto per raccontarti una storia. Ti andrebbe di ascoltarla?
    – Che genere di storia?
    – Una di quelle che si raccontano ai ragazzi prima di rimboccare loro le coperte
    – Chi te l’ha raccontata?
    – È una storia vecchia quanto il cielo, fu mia madre a raccontarmela quando avevo meno della tua età
    – Tua madre… – Sussurrò lei sorridendo e sedendo sul pavimento con le gambe sotto – Dai racconta, però non farla finire come quella di ieri sera
    – La piccola fiammiferaia non ti è piaciuta?
    – Certo che mi è piaciuta, è bellissima! Però se tu le avessi dato più fiammiferi qualcuno avrebbe potuta trovarla
    – Tesoro, ma qualcuno l’ha trovata, non ricordi? Ha raggiunto la sua mamma
    – Non è la stessa cosa. Quella è stata la conclusione. Tu non dovevi farla soffrire. Oddio scusa, stasera ho le lacrime facili, non farci caso, dai racconta

    – “In quel lontano paese situato proprio nel punto dove il cielo e la Terra si sfiorano, viveva un uomo semplice di cuore e di modeste condizioni. Era rimasto vedovo molto presto e quella disgrazia l’aveva costretto a crescere una figlia dovendole fare da padre e da madre.
    Non fu un compito agevole, ma mettendo in campo tutto il suo coraggio e un infinito amore, seppe fondere in se così magistralmente quei due doveri che tra lui e la sua bambina sbocciò un vincolo assolutamente indescrivibile, una sorta di legame sentimentale che li unì oltre ogni umana comprensione.
    Abitavano una graziosa casupola ai margini di un bosco vivendo del duro lavoro dei campi e allevando animali.
    Non avevano molto, ma erano sempre pronti ad aiutare chiunque fosse stato in difficoltà. E questo fece della loro casa l’approdo per chi, meno fortunato, domandasse un aiuto.
    Il buon uomo visse tutti i suoi anni nella consapevolezza di non essere perfetto e quando gli fu chiesto di lasciare questa vita per salire in cielo, egli salutò la sua bambina e accettò serenamente la morte.
    Informato del suo prossimo arrivo, ed essendo stato messo al corrente che la vita terrena del brav’uomo occupava assai più pagine di quante non ne occupassero quelle di uomini più illustri...”

    – Com’è possibile conoscere la storia di una persona? – Chiese lei interrompendo il racconto
    – Perché è scritta in un grosso volume. Posso andare avanti?
    – Certo, scusami

    – “...dio volle inviare sulla Terra due dei suoi migliori angeli con l’incarico di raccoglierne l’anima e accompagnarla tra i beati...”

    – Chi sono i beati? – Domandò ancora lei
    – Uomini e donne, che essendo stati giusti e caritatevoli nella loro vita terrena, una volta morti ottengono un certo riconoscimento
    – Tu professi la fede della chiesa di Roma?
    – Mia madre era cattolica, ho ricevuto il battesimo, la comunione e la cresima, ma il mio dio è il padre di tutti gli uomini e la mia religione è l’amore
    Cristi annuì prima di chiedere con voce fine – Perché il dio della Bibbia è vendicativo mentre il tuo è colmo di amore?
    – Se vogliamo iniziare a discutere anche su questo dovrò smettere di raccontare la storia
    – No, – Mormorò lei scuotendo il capo – avremo modo di riparlarne. Quello che vorrei è che tu mi chiarissi ciò che la chiesa intende per giusti
    – A quale confessione ti riferisci?
    – A tutte, escluso la tua
    – Siamo in vena di polemizzare?
    – Per carità! Desidero soltanto comprendere come può un uomo decidere della vita e della morte di un altro uomo e considerarsi un giusto
    – Certamente non siamo perfetti, ma ci siamo dovuti dare regole e leggi che disciplinino obblighi e diritti
    – Questo lo comprendo, mi sembra giusto, ma per quale principio morale avete sentito la necessità di autorizzare un uomo a decidere della vita e della morte di altri uomini
    – Non si è trattato di un principio morale, ma semplicemente dalla necessità di proteggere la vita di altri esseri
    – E non vi siete preoccupati di pensare se quella legge trasgredisce il comandamento più importante?
    – Ho l’impressione che questa sera tu abbia qualcosa che non vada nel verso giusto? Ti riferisci a qualcuno in particolare?
    – Mi torna alla mente un nome…un giudice rispettato…un abate… Tommaso De Torquemada
    – Non puoi fare paragoni di questo genere, l’inquisizione è stata…
    – Lo so cos’è stata…ma il suo spirito non ha abbandonato la Terra
    – No, ti sbagli
    – Ti ho detto di cosa stanno facendo a quel ragazzo…e chi lo sta torturando è una persona rispettabile. Se volesse potrebbe ucciderlo e nessuno si sentirebbe di condannarlo, ma forse è meglio tornare alla tua storia
    – Se non ti dispiace vorrei prima concludere il concetto
    – D’accordo, purché non si parli di lui
    – Come vuoi. Ma rispondi sinceramente, se tu fossi un giudice, sapresti essere giusto?
    – Qui? Sulla Terra?
    – C’è qualcosa che te lo impedirebbe?
    Fred ebbe l’impressione che lei stesse per rispondere alla sua maniera prima di scuotere il capo e mormorare
    – Tra voi vi sono persone meravigliose, ma su questo mondo non è ancora tempo di giustizia
    – Non hai risposto alla domanda, condanneresti a morte un uomo se avesse commesso un crimine per il quale è prevista quella pena?
    – Cosa vuoi da me Fred? Tu sai benissimo che oggi sarei capace di perdonarlo anche se avesse ucciso me
    – E se avesse ucciso me?
    – Oh Povero diavolo – Commentò lei a bassa voce
    – Cosa vuol dire quel “povero diavolo”?
    – Non sono il tuo dio Fred, – Rispose lei dopo averlo guardato lungamente negli occhi – e non so cosa potrebbe accadere. Andiamo avanti con il tuo racconto ch’è meglio
    – Ad ogni modo sarei felice se potessimo riprendere l’argomento
    – Preferisco di no. Tu conosci perfettamente il mio pensiero; per me la violenza resta sempre qualcosa d’incomprensibile, anche quando è sotto l’ala della giustizia di dio
    – Non credi di esagerare un po’?
    – Forse, ma vorrei che tu continuassi la tua storia
    – Okay – Acconsentì lui dopo un attimo di esitazione

    – “...tutti sanno che in cielo non si ha bisogno di nulla e che una volta nella casa di dio nessuna delle passioni umane può più gravare lo spirito, ma sebbene fossero trascorsi alcuni giorni dal suo ingresso in paradiso, il pover’uomo sentiva di non essere capace di abbandonare alcune di quelle esigenze che erano state parte della sua veste umana e questo, a dir la verità, gli procurava una profonda tristezza.
    Per un po’ nessuno si accorse di quanto accadeva al pover’uomo, ma un giorno, andando a far visita ai suoi ospiti, com’era solito fare, dio notò sulle guance dell’uomo due lucenti lacrime che scivolavano pigre pigre.
    Fu talmente sorpreso che non poté fare a meno di chiederne il motivo.
    – Perché quelle lacrime? Non c’è ragione d’esser tristi nella mia casa
    Dispiaciuto d’essersi fatto sorprendere in lacrime, l’uomo si asciugò in fretta e in furia gli occhi
    – Hai ragione, – Rispose cercando un sorriso che proprio non voleva saperne d’ingentilire le sue labbra – ma cosa posso farci se sono rimasto un pover’uomo sciocco
    – Ti conosco, so bene che non lo sei – Rispose dio pregandolo di sedersi – Credo invece che tu abbia qualcosa da dirmi che valga la pena d’essere ascoltato
    – Non è assolutamente nulla d’importante
    – Non ti andrebbe di parlarne?
    – Come posso permettere che perdiate il vostro tempo con i miei problemi
    – Cos’altro credi abbia da fare un dio se non risolvere i problemi dei suoi figli? – Rispose Lui sedendogli accanto
    – È che...ecco...non sono stato capace di abbandonare tutti i miei ricordi di uomo
    – A volte accade, ma se avrai pazienza vedrai che le cose si metteranno a posto da sole. Posso chiederti quali sono i ricordi che ti disturbano?
    – Oh no Signore, non mi disturbano affatto, mi rendono soltanto una gran pena
    – Capisco, ed è un ricordo importante?
    – È la cosa che ho più amato e che ho dovuto lasciare sulla Terra
    – Ma cosa avrai mai lasciato di così importante da farti piangere? Forse le tue ricchezze?
    – Oh no! Non sono mai stato un uomo ricco
    – La tua potenza?
    – È una parola di cui non conosco il senso
    – La gloria?
    – La gloria e vivere nella tua casa
    – Non ti andrebbe di dirmi cosa hai mai lasciato sulla Terra? – Chiese dio sempre più incuriosito
    – L’amore della mia bambina
    – Ah si, capisco, conosco bene la tua bambina
    – Era tutta la mia vita
    – È una gran brava ragazza
    – Un amore di bambina con un visetto fresco e profumato come i petali di un fiore. Era la mia più grande gioia terrena, ed io l’adoravo
    – Non è più una bambina, ora ha un marito ed è in attesa di un figlio
    – Che gioia saperlo, ora la mia mancanza non la rattristerà
    – Non è esatto, tua figlia ti ama ancora dello stesso sentimento di quando eri tu ad occuparti di lei. Tu sei ancora nei suoi pensieri e se può farti piacere saperlo la sera canta ancora per te
    – Tu mi ridoni la pace. Sapessi Signore...quand’era una bambina mi amava di un amore così grande che se qualche contrarietà mi affliggeva lei mi confortava con le sue canzoni. La sua voce cristallina era per me la migliore delle medicine...era l’unica capace di rendermi un uomo felice
    – Ed ora non sei più felice?
    – Lo sono, ma sento un gran vuoto dentro di me
    – Capisco – Replicò dio annuendo – e magari starai pensando che non avrei dovuto chiamarti nella mia casa
    – No! È giusto così, ma cosa posso farci se sono soltanto un pover’uomo, sapessi quant’è difficile dimenticare...era la mia bambina e un padre non dovrebbe mai abbandonare i suoi figli
    – Uhm, ho l’impressione che tu desideri che io faccia qualcosa per te, non è così?
    – Sono sicuro che sarebbe una cosa da nulla
    – Beh, sentiamola questa cosa da nulla
    – Ecco...
    – Avanti, – Lo incoraggiò dio – ti ascolto
    – Se soltanto potessi ascoltare ancora la sua voce e magari riabbracciarla per un solo piccolissimo attimo
    – Ti rendi conto di cosa mi hai chiesto?
    – Credi sia impossibile?
    – Per fare quanto mi hai chiesto dovrei sovvertire ogni regola universale
    – E questo immagino non sia possibile
    – Beh, non è esatto, si potrebbe, ma sarebbe un bel da farsi
    – Allora è meglio che tu dimentichi la mia preghiera
    – Mi metti in imbarazzo...e se trovassi la maniera di far venire tua figlia nella mia casa?
    – Oh no! No, non sarebbe giusto, lei è così giovane, ha ancora da vivere tutti i suoi anni e poi ora aspetta un figlio...no Signore lasciala alla sua famiglia
    – Allora non resta altro da fare che mutare ogni regola universale
    – No Signore, non posso chiederti una simile cosa
    – Non vuoi più ascoltare la tua bambina?
    – Oh Signore, lo desidero con tutte le mie forze, ma non è giusto che per un mio capriccio tu debba sconvolgere l’universo
    – E se trovassi un’altra soluzione? Sarebbe una specie di accomodamento, ma potrebbe andare
    – Sarebbe magnifico
    – Potrei aprire le porte del cielo in modo che si possa ascoltare la sua voce
    – Credi sia una cosa possibile?
    – Mah! Cosa debbo dirti, non s’è mai fatto e non so neppure se sarà possibile entrare nei suoi sogni, la Terra è assai lontana
    – Allora cos’altro si può fare?
    – Dovresti avvicinarti alla Terra, ma questo non è prudente, comporta qualche rischio
    – Che genere di rischio?
    – Potresti esserne attratto e se ciò dovesse accadere potresti perdere il paradiso
    – Certo sarebbe un bel guaio, io desidero rimanere nella tua casa
    – Non dovrei essere io a dirtelo, ma so che qui in paradiso c’è qualcuno che conosce il modo per avvicinarsi alla Terra senza correre troppi rischi
    – Chi? – Chiese il buon uomo
    Dio scosse la testa, si alzò e prima di avviarsi borbottò – Dovrai cercarlo amico mio, a me non resta che augurarti buona fortuna e ricordarti che il momento in cui verranno aperte le porte del cielo sarà di notte e tu dovrai essere di ritorno prima che faccia giorno
    Detto ciò dio riprese il suo cammino.
    Trascorse un’ora, un’altra ancora e quando il buon uomo ne perse il conto si rivolse ad un suo vicino intento a raccogliere fragole chiedendo – Quando farà buio?
    L’uomo interruppe il suo lavoro sollevando il capo per guardarlo
    – In cielo non fa mai buio, – Rispose guardandolo serio – ora il nostro tempo segue cicli assai diversi da quelli ai quali eravamo abituati sulla Terra
    – Allora non si apriranno mai le porte del cielo?
    – L’unica cosa che posso dirti è che scendendo verso il fondo di quella valle è possibile vedere tramontare il sole
    – Cosa c’è laggiù?
    – Lo chiamano purgatorio. Io non ci sono mai stato, ma ho sentito dire che vi sono le anime di coloro che sono in attesa di salire in paradiso
    – Credi sia prudente scendervi?
    – Qualcuno è tornato
    – Allora è meglio che mi avvii prima che si aprano le porte del cielo
    – Se vuoi un consiglio cerca di essere al coperto quando si apriranno le porte o rischierai di cadere sulla Terra.
    – Puoi suggerirmi un modo per evitarlo?
    – So che in fondo alla valle vi sono delle grotte, scegline una e aspetta che faccia buio, ma mi raccomando, non uscire per nessuna ragione fin tanto che non saranno richiuse le porte, hai capito bene?
    – Farò come tu dici
    – Un’altra cosa, se dovessi sentire il desiderio di avvicinarti ancora di più, cerca di resistere, quelle grotte sono la parte più bassa del cielo e in qualche modo sono influenzate dal tempo della Terra
    – Cosa potrebbe accadermi?
    – Potresti non trovare più la strada per tornare in paradiso
    – Ho capito, vedrò di seguire i tuoi consigli
    – Toglimi una curiosità, ma perché vuoi rischiare il paradiso per ascoltare una canzone?
    – Non è per una canzone, è per ascoltare la voce di mia figlia
    – Allora buona fortuna amico mio, ne avrai bisogno
    Il brav’uomo si avviò lungo un viottolo che scendeva verso il basso e dopo un viaggio piuttosto avventuroso si trovò dinanzi la prima delle grotte sull’ingresso della quale era seduta una donna
    – Cosa ti porta quaggiù? – Chiese lei
    – Vorrei ascoltare la voce della mia bambina
    – Vive sulla Terra?
    – Si
    – Allora dovrai scendere ancora. Di qui non udrai nulla
    Qualche ora più tardi raggiunse la seconda grotta
    – C’è nessuno? – Chiese a voce alta
    – Cosa vuoi? – Domandò un’altra donna affacciandosi
    Per farla breve dovette scendere ancora e ancora e quando ormai la stanchezza stava per vincerlo, di lontano vide una piccola grotta a ridosso di una collina brulla e pietrosa.
    – Speriamo sia la volta buona – Borbottò tra se prima che una voce dietro di se lo facesse trasalire
    – Non avrai intenzione di entrare la dentro? – Chiese un vecchio con una gran barba bianca alle sue spalle
    – Beh, l’intenzione sarebbe quella – Di dove vieni? – Chiese ancora il vecchio
    – Di lassù
    – Avresti dovuto restarci, ma perché sei sceso fin quaggiù?
    Il buon uomo raccontò la sua storia e alla fine il vecchio commentò laconicamente
    – Brutto affare amico mio. Sarebbe stato meglio se tu avessi dimenticato
    Il buon uomo finse di non avere udito e chiese – Credi che debba scendere ancora?
    – Se scendi ancora un po’ torni a casa tua e ti assicuro sarebbe la peggiore cosa che tu possa fare. A noi non è permesso disturbare chi ancora vive in quella condizione
    – Quindi non potrò più ascoltare la voce della mia bambina?
    – Cosa vuoi che ti dica, se il capo ha detto che è possibile perché dubitare?
    – È tutto così difficile, nessuno sa dirmi cosa fare
    – Benedetto uomo, devi renderti conto che sei il primo ad aver fatto una simile richiesta, non è mica uno scherzo organizzare un simile spettacolo
    – Hai ragione, devo avergli creato un sacco di problemi
    – A lui? Non pensarlo neppure, il problema è tuo, sei tu che dovrai trovare il modo di arrivare il più vicino possibile alla Terra senza perdere la strada per tornare
    – Credi che se scendessi in quella grotta sarei al sicuro?
    – Sono stato anch’io li dentro e ti assicuro che non è uno scherzo, però è l’unico posto da cui è possibile ascoltare le voci della Terra senza correre troppi pericoli. Certo è talmente angusta che quando sarai in fondo avrai meno pelle di quanto non ne abbia ora
    – Questo non ha importanza
    – Allora non posso che augurarti buona fortuna
    Impiegò alcune ore per trascinarsi fino in fondo della caverna e benché quando vi giunse fosse pieno di dolorosi graffi sanguinanti, la splendida visione dell’universo lo rallegrò.
    – Ora capisco perché dio non può cambiare le regole, occorrerebbero milioni di secoli per riuscirvi – Si disse mentre provò a sistemarsi in una posizione più comoda. Poi, una volta trovata la meno dolorosa, si mise in attesa armato di tutta la sua pazienza.
    Mai l’attesa gli fu tanto lunga e penosa. Soprattutto perché dovette combattere con un milione di pensieri che gli affollarono la mente, ma quando vide spalancarsi le porte del cielo e dio, che con un cenno della mano fece cessare ogni rumore e ogni suono nell’universo intero, seppe di avere tutto il suo amore.
    Era ancora stordito da tanta grandezza quando una debole melodia colmò il silenzio che lo circondava e mentre quelle note acquistavano vigore, giunse la calda e melodiosa voce della sua bambina.
    In un attimo rivisse tutta la sua vita e i dolcissimi momenti trascorsi al suo fianco e fu allora che pianse le sue ultime calde lacrime d’uomo.
    Poi, quando sulla Terra scese la notte e le figlie degli uomini che erano in cielo caddero nel sonno, un prodigio s’impossessò dei loro spiriti incidendovi la tenera e struggente emozione di un lunghissimo abbraccio che rimase nei loro cuori per il resto della vita.”

    Quando Fred terminò di raccontare lei chiese con un filo di voce – Perché hai scelto questa storia?
    – Non lo so, è una storia come tante altre
    – Perché Fred? – Insistette lei
    Lui si strinse nelle spalle e dopo averle sorriso borbottò – Forse perché volevo dirti che quando si ama e si ama veramente, non esiste alcuna legge, si ama e basta
    Lei prese tra le sue una delle mani di lui e la strinse forte mentre sentì nel petto qualcosa che saliva e le toglieva il respiro.

    Durò soltanto un attimo, poi tirò su col naso e si sentì più leggera. – È bello stare con te. – Sussurrò con un filo di voce – Mi fai sentire importante

    Fred fece per scenderla dalle sue ginocchia borbottando un frettoloso
    – Si è fatto tardi, dovresti essere già a letto
    – Oh no ti prego! Portami di sopra

    Lui si alzò e stringendola a se prese a salire le scale.

    Quella notte Cristi sognò la collina. Quel grumo di terra verde somigliava a Fred e lei si arrampicava gridando il suo nome.
    Quella collina era Fred e lei non avrebbe permesso a nessuno di salirvi.
    Quella collina era Fred e lui non apparteneva alla Terra, era cosa sua e il giorno che sarebbe morto lo avrebbe seguito.


     
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