Il rifugio dello scrittore

Ancora una volta...

La dura vita di un giovane imprenditore dei ruggenti anni '20 del 2000.

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    Madadayo!

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    Chi mi conosce (per sua sfortuna) sa bene quanto sia fissato a riguardo del tema dei robot e intelligenze artificiali del prossimo futuro. Così ho pensato di scriverci qualcosa su. Per una volta, di non tragico.


    Ancora una volta non avevo sentito la sveglia.

    Mi scaraventai fuori dal letto gridando come una Banshee beccata nuda nella doccia. Ero in ritardo per il compito più importante della giornata; pienamente consapevole del fatto che le mie giustificazioni suonassero ormai più vuote del mio conto in banca.

    “Jenny? E’ pronta la colazione?” abbaiai, spalancando l’armadio. Camicia, giacca, scarpe e cravatta: tutto l’equipaggiamento sembrava a posto. Mi infilai tutto con la fregola di un soldato NBC beccato senza tuta anti-radiazioni dopo un allarme nero.

    “Ma certo caro! Crossaints fatti in casa, succo genuino e il tuo caffè, preparato alla perfezione!”

    Mi scaraventai al tavolo, divorando la colazione senza neppure degnare di uno sguardo l’adorabile musetto del mio partner. Non che ne avessi bisogno. Jenny sarà sempre perfetta, come il giorno in cui ci siamo conosciuti. E se mai dovessi stancarmi del suo aspetto, mi basterà cambiarlo.

    Con un carico di calorie nel mio stomaco da bruciare per il resto della mattinata uscii dall’appartamento, mi buttai nell’ascensore e gridai di portarmi al primo piano il prima possibile.

    Mentre le porte si chiudevano il mio telefono vibrò. Lo pescai dalla tasca, chiedendomi chi potesse essere quel gran genio capace di farmi perdere ben due preziosi nanosecondi per il loro messaggio.

    Buona giornata caro!

    Il messaggio mi strappò un sorriso. La mia cara Jenny, sempre lì per me. Prima o poi dovrò concedergli un meritato aggiornamento.
    “Primo Piano!” gracchiò l’altoparlante in un accento Britannico più falso di una Rolls Royce Made in China. Beh, almeno se comparato ai tempi di quando esisteva ancora qualcosa come una Gran Bretagna Britannica.

    Mi lanciai in strada. L’auto era già lì. Mi fiondai sul sedile posteriore e abbaiai “Su! Alfred! Muovi il culo che sono già in ritardo!”

    “Certamente, Sir. Ma siate per cortesia avvertito del fatto che potremmo incorrere in qualche inconveniente lungo la strada principale.”

    “E allora prendi un’altra strada, pezzo di silicio!”

    “Come desidera, Sir.”

    L’auto partì a razzo, mentre io mi misi a rimescolare in testa un mazzo di insulti da lanciare a quei poveri segaioli che ancora non potevano permettersi un’auto a guida autonoma, finendo così per intasare le strade con la loro spazzatura da primi del 2000.

    Composi una stringa di numeri sul telefono, e attesi la risposta tamburellando un falsetto ansioso sul bracciolo.

    “Sì, Mister Marlowe? Come posso esservi utile?”

    “Nadeshiko, sto arrivando in ufficio. Voglio quel rapporto di produzione sul mio tavolo il secondo stesso in cui arrivo.”

    “Sarà mio piacere eseguire, Mister Marlowe.”

    L’auto attraversò le strade cittadine come un fuso rovente nel formaggio, fermandosi davanti al grattacielo della compagnia. Gettai un’occhiata all’orologio e presi fiato: appena in tempo.

    “Le auguro una splendida e lucrosa giornata, Mister Marlowe” disse Alfred.

    “Sì, sì, va bene. Ci si becca” risposi, irritato dall’ennesimo tentativo di quell’ammasso di bulloni di stabilire una qual sorta di rapporto umano con me. Ma, a dire il vero, dovetti ammettere di essere grato che non avrebbe mai preteso una mancia, come un autista umano non avrebbe mancato di fare.

    Un coro di “Buongiorno, Mister Marlowe!” mi seguì come lo strascico di un vestito dall’ingresso nell’edificio all’ascensore. Mi scaraventai fuori dall’ascensore non appena raggiunto il sessantesimo piano e entrai in ufficio: ce l’avevo fatta.

    “Buongiorno, Mr. Marlowe. Il documento da voi richiesto è sul suo terminale e a sua disposizione.”

    “Buondì Nadeshiko. Qualcuno ha chiamato?” chiesi, armeggiando per liberarmi dalla stretta del nodo della cravatta.

    “Solo vostro padre, Sir.”

    “Oh? E cosa vuole il grande vecchio stavolta?”

    “Desiderava sapere la ragione della vostra assenza alla sua festa di compleanno, la notte scorsa. E’ particolarmente scontento della vostra recente condotta.”

    Mi sentii ferito da quelle parole. Come mai avrei potuto dimenticarmi di quell’occasione? Ogni compleanno del vecchio era un anno di meno che mi separava da una succosa eredità. Soltanto, preferivo festeggiare in una maniera un po’ differente. “Oh, sai. Ero impegnato in una riunione importante con imprenditori molto, molto esperti.”

    “Vostro padre mi ha incaricato di comunicarvi che si aspettava questo genere di risposte, e che fintantoché non cesserete di recarvi nel quartiere a luci rosse della nostra bella città, il vostro conto personale rimarrà al verde.”

    Alzai gli occhi. Per essere uno della vecchia guardia, non riuscivo a capacitarmi come mio padre non fosse capace di comprendere che non vi fosse molta differenza tra imprenditrice del sesso e di altri settori. Cambiava solo il prodotto posto in vendita: corpo o anima. “Certo, certo. Possiamo metterci al lavoro, ora?”

    Raggiunsi la scrivania e sprofondai sulla poltrona, scrutando lo schermo del computer nel tentativo di trovare un filo conduttore nella sarabanda di numeri e lettere del rapporto. Come al solito, non ci capii una mazza. A prima vista pareva scritto in Inglese, ma ai miei occhi dava l’impressione di essere il bizzarro risultato di un’orgia tra Cinese, Aramaico e Nahuatl.

    “Oh, merda…” mormorai. Un’ondata di panico superò il frangiflutti della mia coscienza quando mi resi conto che sarei stato in grado di decifrare almeno la prima riga se al college avessi ficcato il naso più nei libri che negli slip delle compagne. I soldi potevano riempire le tasche di un professore compiacente, ma non certo la testa di uno studente.

    “Senti… Nadeshiko. Non è che mi daresti un aiutino con queste scartoffie?”

    “Sarà mio piacere servirvi, Mr. Marlowe.”

    Misi le gambe sulla scrivania. Chiusi gli occhi. E contai. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette…

    “Compito eseguito, Mr. Marloew. E’ tutto sul vostro terminale a vostra discrezione.”

    Feci una smorfia. Stava diventando lenta. Appena installata, Nadeshiko era stata capace di svolgere il medesimo compito in soli cinque secondi. Forse, conclusi, anche Nadeshiko era bisognosa di un upgrade. Non che facesse grande differenza: anche solo sette secondi mi salvava una eternità di castagne carbonizzate sul fuoco.

    “Grazie, Nadeshiko. Ora devo… riflettere sulle prossime strategie di Marketing. Potresti occuparti del resto, nel frattempo?”

    “Sarà mio piacere servirvi, Mr. Marlowe.”

    Sbadigliai e mi stiracchiai i muscoli, cercando di scioglierli dalla tensione della mattinata.

    “Intelligenze Artificiali. Questo sì che è progresso!” fu l’ultimo pensiero della giornata.
     
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    Bravo, ottimo racconto, riesci a trasmettere la fretta del protagonista nell'arrivare in ufficio. Il testo fila via che è un piacere, ottimo risultato bravo.
     
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    Molto bello, complimenti, scorrevole e riesce a far ben trasparire cosa pensa il protagonista
    Una sola cosa non ho capito: ma questa IA sono robot/androidi o voci incorporee?
     
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    Madadayo!

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    Metà e metà diciamo.

    Forse ho messo troppo pochi indizi per farlo intuire.
    (Altra cosa di cui tenere conto per il futuro).
     
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    Il cavaliere tenace

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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Inizialmente mi ha ricordato uno di quei giochi di scrittura creativa proposti da Kishuseiko, dove ci veniva fornito un incipit, in tale caso di un individuo che si sveglia di soprassalto.
    Ricordo che avevi partecipato anche tu, portando un testo che parlava di un lavoratore in ritardo. Ebbene, siamo lì, ma questo è decisamente più valido e memorabile.
    Vedo passi da gigante da allora.
    Hai creato in poche righe un contesto ben definito, sicuramente nelle tue corde, l'hai reso accattivante con una notevole caratterizzazione del protagonista (tra l'altro, molto sagaci alcune sue uscite, mi è piaciuto molto). Come ti hanno già detto si legge senza intoppi, ed è sempre bello come inserisci in modo velato dei messaggi nei tuoi racconti, interessante questa visione delle IA nelle nostre vite future.

    CITAZIONE
    chiedendomi chi potesse essere quel gran genio capace di farmi perdere ben due preziosi nanosecondi per il loro messaggio.

    Quel "loro" non mi convince...

    CITAZIONE
    Come mai avrei potuto dimenticarmi di quell’occasione?

    Non funziona, scambierei "mai" e "avrei" oppure ricostruirei con "Non avrei mai potuto...", perché così sembra che il protagonista chieda a se stesso perché si sia dimenticato del compleanno, ma comunque ci sarebbe un problema di tempo verbali.

    CITAZIONE
    [...] come lo strascico di un vestito dall’ingresso nell’edificio all’ascensore. Mi scaraventai fuori dall’ascensore

    Il secondo "ascensore" non è necessario secondo me, eviteresti una ripetizione eliminandolo.

    Per il resto, forse per la mole di testo, spiccano un po' troppo le numerose similitudini, a mio parere.
    Continuo a non apprezzare il layout a paragrafi distanziati, ma questa è solo una mia paranoia probabilmente. :lol:

    Complimenti!
    A rileggerci!
     
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    Madadayo!

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    Ah ah sì, la base è stata proprio il gioco di Kishu, mi hai beccato.

    Mi fa piacere però che tu abbia notato un qualche miglioramento.

    Riscrivere penso sia essenziale per rendersi anche conto di come si
    può migliorare con ciò che si è appreso.

    E anche per questo ti ringrazio di avermi fatto notare un altro mio
    difetto che mi fanno notare in parecchi: abuso ancora di metafore
    e similitudini. Devo imparare a farne un uso più oculato.

    Ti ringrazio ancora!
     
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5 replies since 26/11/2018, 09:10   85 views
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