Il rifugio dello scrittore

Il Boia di Druien, capitolo V parte 1

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    ecco la prima parte del quinto capitolo, spero possa piacervi

    L’ennesima bestemmia sussurrata si perse nel lungo e buio corridoio.
    La pietra scura, annerita dal fumo delle poche torce, non si fece troppi problemi per le parole di Kraol. Il prete che lo accompagnava si
    -Vi chiedo di ricordare d’usare un linguaggio consono alla vostra compagnia- disse indicandosi la lunga tonaca blu che faticava a contenere la sua pancia.
    Kraol non riusciva a credere che, tra tutti i sacerdoti che facevano turno nelle prigioni, gli fosse toccato proprio riv Deckrev.
    Freinzev invece aveva sgranato gli occhi al vedere l’uomo quasi perfettamente sferico; non fosse stato per testa, gambe e braccia, il sacerdote avrebbe ricordato del tutto una palla.
    Per un mezzo secondo il ragazzino aveva dimenticato il terrore.
    Kraol l’aveva dovuto confortare di continuo per tutto il tragitto da casa alle prigioni, mentre trasportavano le due pesanti sacche con gli attrezzi da interrogatorio.
    Freinzev stava per piangere di nuovo. Kraol non se ne meravigliò, Uthian era stato una fontana la prima volta che loro padre li portò ad un interrogatorio. Lui per poco non era svenuto fuori dalla porta per l’ansia.
    Alla fine il lungo corridoio terminò davanti ad una porta di legno scuro con pesanti rinforzi in ferro, anche loro anneriti dal fumo perenne.
    Due guardie stavano davanti alla porta, con le lance e le mazze ferrate in bella vista.
    Riv Deckrev prese una chiave dal mazzo che portava alla cintura e fece scattare la serratura.
    Sorprendendo Freinzev ed una delle guardie, il grasso sacerdote si infilò nella stretta porta, seguito dal boia e dal suo riluttante assistente.
    La “sacristia”, come si divertivano a chiamarla le guardie, era nient'altro che una stanza quadrata, con una porta ancora più stretta e con bande di ferro ancora più spesse, l’unica illuminazione era una torcia che faceva più fumo che fuoco. L’unica utilità della stanza era farci sostare il prete per gli interrogatori, e qualche volta gli assistenti dei boia.
    Kraol si fermò al centro della sala e fissò Freinzev
    -Allora- iniziò cercando di ammorbidire la voce -dietro quella porta c'è il ragazzo che quell’orco ha aggredito, ci sono alcune cose che non convincono il consiglio in questa faccenda e noi dobbiamo fare chiarezza- il ragazzino annuì, cercando di non dare a vedere i tremiti -tutto quello che devi fare è portare le sacche, metterle sul tavolo, e rimanere vicino alla porta in silenzio. A tutto il resto penso io-
    il boia si avviò verso la porta, ma un attimo prima di aprirla aggiunse -Qualunque cosa succeda, non parlare, non rivolgerti a me e, soprattutto, non credere a quello che dico, capito?-
    Freinzev aprì la bocca per dire qualcosa, ma le parole gli si bloccarono in gola, annuì soltanto.
    Il boia gli fece l’occhiolino, poi si mise “la faccia da boia”, come la chiamava suo padre.
    Fronte corrugata, sorrisi sadici, occhi spiritati e simili, tutto doveva sparire.
    La “faccia del boia” era nient'altro che un’espressione di infinita noncuranza, di apatia incrollabile.
    Kraol aprì la porta.
    Se la “sacristia” era angusta, la “cappella” non era definibile.
    Sette passi scarsi per lato, la luce data solo da un braciere quasi consumato posto all’angolo tra due tavoli, la sedia a cui era legato il prigioniero era rivolta verso il braciere.
    Freinzev prese le borse e ne depose una su ciascun tavolo, seguito dagli occhi del ragazzo, poi si ritirò verso la porta.
    Kraol gli annuì in modo appena visibile, mascherando l’orgoglio per la faccia quasi impassibile che aveva addosso.
    Il boia avanzò a passi lenti e misurati, dirigendosi dritto verso il braciere.
    Il garzone del fornaio non ci mise molto a riconoscerlo, sussultò come se l’avessero punto ed iniziò la solita nenia
    “Pietà, non ho fatto niente, aiuto, misericordia, liberatemi”.
    Kraol lo ignorò, tutta la sua attenzione pareva rivolta al braciere ed alle lunghe sbarre metalliche che conteneva, ne prese una e cominciò a ravvivare le braci.
    Dopo un paio di colpi la estrasse, avendo cura di far vedere al ragazzo la punta rossa come una ciliegia. Il garzone sgranò gli occhi e biascicò le parole, mischiando le lettere.
    -Quando diventa bianca...- disse Kraol con un sussurro, facendosi sentire dal garzone, poi riaffondò la sbarra nelle braci.
    Si diresse al primo tavolo ed iniziò a tirare fuori dalla borsa gli attrezzi, seguito dagli occhi e dalla voce del prigioniero.
    Estrasse due morsetti poco più lunghi di un pollice con una vite da un lato, poi un morsetto più grande alto un piede circa, poi un terzo congegno.
    Si mise davanti al garzone, l’attrezzo nelle sue mani.
    -Sai cos’è questo?- chiese con voce piatta -lo chiamano “spaccamascella”- continuò rigirando lo strumento -questi dischi vanno nella bocca del poveretto, e grazie a questa vite che giro lentamente, allargano la mascella fino alla sua rottura-
    Il garzone continuò a fissare l’oggetto, cercando di balbettare qualcosa, inebetito dal terrore
    -Purtroppo ha un problema- disse Kraol -prima tu non puoi rispondere perché hai questo in bocca, poi perché hai la mascella rotta, ed io devo usare qualcos'altro- il garzone aveva le convulsioni per la paura.
    Kraol si diresse verso l’altra borsa, elencando quello che vi estraeva
    -Allora, abbiamo due pinze, da mettere nel braciere pure loro; dei coltelli, questi forse andrebbero affilati; la maschera di ferro, sempre utile- Kraol si bloccò un attimo, girandosi poi lentamente verso il garzone. Nella mano stringeva una grossa pinza rossa di ruggine
    -Allora... potrei iniziare dalle unghie, per poi passare ai denti- fece sovrappensiero, osservando il corpo tremante del ragazzo -oppure il contrario, e poi passiamo a pene e testicoli. Forse è meglio prima scaldarla... l'asportazione potrebbe creare infezione-
    -Sono innocente!- la paura riuscì alla fine a sciogliere la lingua al giovane, che fece partire un urlo tanto acuto da rompere i vetri.
    -Innocente...- ripeté il boia -“ognuno è colpevole fin quando è alla sedia”- citò
    -Non ho fatto niente!- strillò ancora il giovane, ormai nel panico
    -Aggredire un orco lo chiami niente?- Kraol si riavvicinò ad un tavolo, prendendo un lungo coltello ricurvo, con un minaccioso uncino da un lato della lama ed una seghettatura dall’altro, la lama arrossata di ruggine in più punti
    -Non so come sono finito là!- urlò il garzone -stavo al forno, sono uscito a prendere la farina e sono caduto!-
    -Sei uscito dal forno insieme ad altri ragazzi- cominciò il boia soppesando la lama e poi portandosi davanti al ragazzo -per aggredire un orco con la scusa che stava violentando una ragazza, ma vi è andata male-
    La confusione si diffuse sul volto del ragazzo, andò alla ricerca di qualcosa da dire, ma riuscì solo ad aprire e chiudere la bocca un paio di volte.
    Kraol andò avanti ad elencare qualche altro strumento
    -Sicuro di non voler parlare?- si rigirò di nuovo un coltello tra le dita, poi si avvicinò alla sedia su cui era legato il ragazzo
    -Non so niente! Lo giuro sull'Eccelso!- il ragazzo era cadaverico, la faccia rigata di lacrime e gli occhi spiritati dal panico.
    Kraol iniziò a picchiettare col coltello su un bracciolo della sedia, affondando la lama tra le dita del ragazzo
    -Attento, non vorrai che ti colpisca- commentò.
    Il ragazzo lottò per fermare il tremolio della mano
    -Allora, riproviamo- Kraol accelerò un poco il ritmo -tu stamattina eri al forno-
    -Si si si...- un deciso affondo fece zittire di colpo il ragazzo, il boia estrasse il pugnale e ricominciò la sua conta
    -Sei uscito per prendere della farina-
    -Si- fece il ragazzo
    -Ed hai visto un orco-
    -No! Lo giuro! Io...- nuovo deciso affondo per far zittire il ragazzo. Kraol fissò il garzone con occhi infuocati
    -Allora, possiamo continuare con questa farsa fino a quando non perdo la pazienza, tiro fuori i ferri roventi e mi diverto con le tue mani!- il garzone a malapena riusciva a respirare per il panico -oppure puoi iniziare a dire la verità, così rimedi un paio di ceffoni e te ne torni a cuocere pane per il resto dei tuoi giorni-
    per un lunghissimo minuto il silenzio regnò incontrastato nella sala
    -Cosa scegli?-
    il ragazzo balbettò un paio di volte qualcosa di poco chiaro, poi riuscì a dire
    -L'altro garzone, Uthi... lui doveva prendere la farina... ma non tornava... e allora Gunna ha mandato me a prenderla... io sono uscito e ho visto solo Uthi a terra con la testa sfondata... e l'orco poi mi è finito addosso e mi ha messo un coltello in gola... poi sono arrivate le guardie e hanno preso a urlare...-
    -Va bene, va bene, basta così- Kraol lo fermò mettendogli davanti agli occhi il coltello -chi è questo Uthi?-
    -L'altro garzone di Gunna, non lo so dove abitava, lo vedevo solo a lavoro- Kraol scrutò la faccia del giovane, senza vedere nessun segno di menzogna
    -Chi è il padre?-
    -Te l'ho detto, non lo so! Chiedi a Gunna! Lui lo sa sicuro!-
    -Lo faremo, sicuro che lo faremo. E tu prega che salti fuori chi sia questo Uthi, prega che l'orco non dica qualcosa di diverso da te- Kraol attese un attimo, poi si piegò in avanti verso il ragazzo, vicinissimo al suo naso -ah, se scoprissi che hai mentito, tagliarti le palle sarebbe il minimo la prossima volta-
    il garzone non resse più, i suoi pantaloni si macchiarono di botto mentre Kraol si allontanava.
    Adesso toccava al secondo sospettato.
     
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    Madadayo!

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    Con colpevolissimo ritardo leggo questo tuo nuovo capitolo, Bardo.

    Meriterei davvero il ferro rovente...

    Comunque sia lieto di vedere che finalmente il libro entra nel "vivo"
    dell'azione e del ruolo del protagonista, che mi pare a metà tra un torturatore
    e un ispettore di polizia eh eh.

    Mi piace il fatto che si noti come Kraol cerchi più di fare terrorismo psicologico
    mostrando gli strumenti, piuttosto che iniziare subito a usare le "cattive."

    E' compatibile non solo con la sua psicologia, ma anche col fatto che l'obbiettivo
    di una qualsiasi tortura è estorcere una confessione e per farlo a volte, specie
    con certi soggetti come questo garzone, basti solamente la minaccia della violenza
    che la violenza stessa.

    Il capitolo avrebbe bisogno di una piccola ripassatina generale per eliminare refusi,
    mancate maiuscole ecc., ma nulla che precluda troppo la lettura.

    Attento solo a questo passaggio:

    - e l'orco poi mi è finito addosso e mi ha messo un coltello in gola... poi sono arrivate le guardie e hanno preso a urlare...-

    Suppongo sia coltello "alla" gola, altrimenti dubito che il garzone sarebbe stato ancora
    capace di parlare XD

    Keep up!
     
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1 replies since 15/10/2018, 16:02   50 views
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