Il rifugio dello scrittore

Fatti una vita!

Nulla è più tossico della community di un videogame online.

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    Madadayo!

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    AVVERTENZE

    Il testo contiene insulti e linguaggio scurrile. Sconsigliata
    la lettura a minori e lettori impressionabili.

    Non lo nascondo: questo è uno dei miei esperimenti letterari più "particolari", basato sulla mia ormai antica esperienza diretta come giocatore di World of Warcraft, un "MMORPG" o "RPG Online" ormai dieci e più anni or sono. Detto in soldoni, giochi dove si impersonava un personaggio in un mondo fantasy, si uccidevano mostri e si esploravano dungeon in compagnia di altri giocatori. A volte era divertente ma, spesso, quando le cose andavano male la gente scatenava tutto il lato peggiore che potesse esprimere dietro all'anonimità di uno schermo di computer.
    Nel testo uso alcuni termini specifici del "gergo" dei giocatori di quei videogames, che riporto qui in un piccolo glossario per chiarezza, che vi inviterei a leggere prima di tutto.


    GLOSSARIETTO
    * Wippare: Essere sconfitti da un boss. * Pullare: Provocare un mostro affinché attacchi. * Add: Si intende un mostro "aggiuntivo" che attacca il gruppo assieme al boss. * Focussare: Concentrare il proprio danno (DPS) su un singolo bersaglio. * Tank: Il tank è il membro del gruppo che assorbe il maggior numero di danni da parte dei mostri, mentre i DPS gli infliggono danni e gli Healer curano le ferite di tutti. * Aggro: Letteralmente -aggressività-, ovvero la probabilità che un mostro si diriga su un membro del gruppo rispetto a un altro. * Mana: L'energia magica che tutte le classi magiche utilizzano per lanciare incantesimi. Oom è letteralmente "out of mana" * Nabbo: O noob. Tipico insulto sui videogames online per le "matricole" che non conoscono ancora il gioco * Equip: L'obbiettivo di questo genere di giochi è ottenere pezzi di equipaggiamento che aumentano le statistiche del proprio personaggio, e quindi la sua potenza. * Tracheostomia: Pratica chirurgica in cui si incide la trachea per inserirvi un tubo per aiutare un individuo a respirare, o ad attaccarlo a un respiratore artificiale.


    “Su gente! Dai che siamo quasi alla fine!”

    “Cerchiamo almeno di non mandare tutto a puttane anche stavolta…”

    Zyron cercò di forzare i polmoni a un respiro più prolungato, sperando che l’aumento di ossigeno fosse sufficiente a convincere il cervello a non cedere alla tentazione del sonno.

    Devi stare sveglio. Devi stare sveglio. Devi stare sveglio!

    “Cazzo prete! Muoviti! Che siamo qui da ore!”

    Il sacerdote allargò a forza le labbra in un sorriso. “Avete ragione, avete ragione! Arrivo ragazzi, arrivo!” Lo sguardo di Zyron rimbalzò da un angolo all’altro del suo campo visivo, regalandogli una scarica di dolore a ogni movimento dei muscoli. Si massaggiò le palpebre, sperando di mungere con le dita qualche lacrima per placare l’incendio che gli stava consumando le cavità oculari.

    “Ehi! Dite a quello sfigato di muoversi, che tra poco devo andare a mangiare!”

    Ansimando, il sacerdote si trascinò in direzione delle ombre dei suoi compagni; sagomate dalla luce delle torce sulle pareti del tunnel.
    Zyron non riusciva a dar loro torto. Avevano trascorso fin troppo tempo in quel luogo maledetto, il cui nome bastava a mutare sguaiate risate di una taverna in sussurri di terrore: Le Miniere Estinte. Un tempo fonte di ricchezza per il regno, si erano trasformate in un pozzo senza fondo di problemi. Assassini, criminali, stregoni reietti, negromanti; ogni genere di schiuma della terra sentiva ora di poter chiamare casa quella ragnatela di cunicoli, pavimentata con i resti di decine di avventurieri che erano sprofondati in un tragico epilogo nel mezzo della loro scalata verso la gloria.
    Zyron scavalcò un cumulo di ossa e cuoio, serrando le mascelle in una muta preghiera per l’anima di quell’eroe caduto. Una morsa di gelo strinse il cuore, all’idea di chi era passato in un istante dalle tenebre sotterranee alla pece del trapasso senza la possibilità di rivedere il sole.

    “Oh! Ti sei finalmente deciso, nano di merda!”

    “Scusatemi, mi ero un atti…”

    “Non me ne fotte un cazzo delle tue scuse! Muoviamoci che a ‘sto boss abbiamo già wippato* per colpa tua. E il mago deve andare a cena” gli ruggì Jalis, il paladino a capo del gruppo. Zyron rimase ipnotizzato dal gioco di bagliori e ombre sull’armatura del guerriero: un artefatto forgiato appositamente per lui come ricompensa della Chiesa della Luce per aver liberato le catacombe di Ra’sha dalla corruzione del Lich Kel’Zathor. Tra i membri della gilda si sussurrava che quella fosse stata solo una delle imprese conquistate dal suo braccio valoroso, col quale ora guidava gli “Armigeri Rutilanti” nella loro eterna lotta contro le instancabili forze del male.

    “Eddai, Jalis. Fallo respirare un po’ E’ nuovo in gilda.”

    Zyron sentì il cuore sciogliersi di gratitudine: Daraku, la ladra, era quanto di più lontano vi potesse essere dalla tipica immagine della sua professione. L’elfa era l’unico membro della gilda sempre pronta a tendergli la mano quando si fosse trovato in difficoltà, e il sacerdote nano non smetteva mai di stupirsi nel vedere come la sua borsa dell’oro fosse ancora al suo posto una volta che Daraku l’avesse ritirata.

    “Sempre a parare il culo al nabbo eh, Dara? Ma deve imparare a curare come si deve. O può scordarsi di venire con noi in un dungeon hardcore!”

    “Gente! Gente! Poche cazzate, su! Andiamo! Che ormai è ora di cena per me.”

    Zyron si passò una mano sulla fronte: Jortikka il mago poteva, a suo dire, aver anche speso metà dei suoi due secoli di vita a apprendere le arti arcane, ma la sua pazienza era piuttosto rapida a esaurirsi all’avvicinarsi dei pasti.

    “Potresti anche farti un panino alla tastiera, come fanno tutti” lo stuzzicò Daraku.

    “Ok, basta stronzate adesso. Voglio concentrazione, che dobbiamo buttar giù ‘sto boss.”

    Jalis puntò l’indice in direzione di una luce alla fine del tunnel. Il cuore di Zyron iniziò a rullare: Dagoth Nhur, il criminale più ricercato del reame, li osservava immobile nel bel mezzo delle due querce umane che si era scelto come guardie del corpo.

    “Ok, gente. Conoscete il piano. Pulliamo* il boss e ci concentriamo sui due add*. Quando arriva al 50% va in berserk e aumenta il danno ogni due minuti, quindi dobbiamo focussare* il danno su di lui e tirarlo giù il prima possibile, capito?”

    “Va bene. Va bene! Basta che facciamo in fretta.”
    Zyron percepì lo sguardo del capogruppo farsi strada nella sua autostima. “E tu, cura bene, o giuro che sei fuori dalla gilda!”

    Zyron si concesse un sorso d’acqua prima dell’impresa, assaporando la sensazione del liquido che rinfrancava il suo spirito e rigenerava le sue energie magiche. Quindi prese posizione alle spalle del gruppo, accanto a Jortikka che continuava a invocare una accellerazione del quadrante dell’orologio. Daraku svanì nell’abbraccio delle ombre, mentre Jalis torreggiò dinanzi al nano in perfetta linea d’aria con il capo dei banditi.

    “Pronti?” chiese il capo del gruppo.

    “Massì. Massì! Andiamo!”

    Zyron strinse i denti, preparandosi a svolgere il proprio ruolo sul palcoscenico dell’azione. Un flash metallico gli saettò dinanzi agli occhi: Jalis aveva caricato frontalmente il nemico. Il cozzare delle spade sull’armatura del paladino risuonò nelle orecchie del sacerdote assieme alle parole di scherno del grande bandito Dagoth Nhur.

    “Avete lottato duramente per invadere il mio dominio! Ora non vi resta che imboccare la solitaria via della dannazione!”

    Una sfera di fuoco attraversò l’aria, schiantandosi in una esplosione di lapilli su una delle guardie del corpo di Dagoth. Questa interruppe la gragnola di colpi che stava scaricando sul paladino e si lanciò nella direzione di Zyron; il cuore del nano mancò un battito.

    “Cazzo tank*! Tieni l’aggro!*” sbraitò Jortikka.

    Zyron si voltò a guardare il mago indietreggiare di fronte all’avanzata del nemico, per poi puntare dritto nella sua direzione come un colpo di balestra. Cazzo! Non posso muovermi! Zyron percepì i suoi muscoli farsi di marmo. Il desiderio di fuggire lo prese per i capelli, ma il sacerdote lo ignorò: anche solo di un millimetro, e non sarebbe più riuscito a incanalare le energie curative, facendo crollare l’impresa sotto il peso del fallimento.

    Aiutatemi! Aiutatemi!

    Una lama di luce proruppe dagli intestini del mostro, che caracollò per qualche passo prima di stramazzare a terra. Un sospiro di sollievo sbloccò i polmoni del sacerdote: Daraku, la ladra, si stagliò nella stessa posizione pochi attimi prima occupati dalla minaccia.

    “Gra…Grazie Dara…”

    “Di nulla, Zyr.

    “Quasi 50% gente! Healer! Sveglia! Cure!”

    Le parole del paladino schiantarono l’incanto. La ladra girò i tacchi e si scatenò sulla guardia rimanente, mentre il mago riprendeva il suo bombardamento elementale su Dagoth Nhur. Zyron concentrò ogni suo sforzo su Jalis. Alzò i palmi al cielo, lasciando che l’aria intorno a lui si riempisse di lampi luminosi; l’energia sacra con cui era stato benedetto per sanare ferite, rinvigorire lo spirito, risanare ossa rotte per consentire ai suoi compagni di vivere per combattere un altro minuto.

    “Folli! La nostra causa è giusta!” tuonò Dagoth.

    “Ci siamo! Berserk! Focus sul boss! Ora!”

    Il sacerdote concentrò ogni briciola di attenzione sui suoi compagni: l’essenza vitale di Jalis schizzò in su e in giù in una forsennata partita a flipper con la morte; i colpi di daga della ladra si fusero in un uragano di fendenti; un’eruzione di fuoco si riversò dai palmi del mago sul signore delle Miniere Estinte. Zyron sentì una cascata di endorfine ricompensare i suoi forzi: stavano vincendo. Vincendo grazie a lui!

    “Uh… scusate gente, devo davvero andare! Sorry!” Con la coda dell’occhio, Zyron notò la sagoma del mago dissolversi nell’aria.

    Ma che cazzo? Jortikka si era disconnesso. Li aveva lasciati soli. La rivelazione colpì il nano con la forza di una mazza ferrata. L’adrenalina refluì nelle sue vene alla vista della barra della vita di Jalis che perdeva pezzi come una torre sotto il tiro di una catapulta.

    “Porca puttana! Il DPS sta calando! Cosa state facendo? Curatore? Cosa cazzo fai?” sbraitò il paladino.

    Zyron cercò di rispondere, ma un nodo alla gola strangolò sul nascere ogni giustificazione. Rivoli di sudore presero a colargli dalle tempie man mano che la consapevolezza della sconfitta scavalcava la sua determinazione.

    “Sto finendo il mana! Oom! Oom!*”

    Il caldo bagliore della magia curativa si estinse con l’ultima goccia di energia magica. Zyron si congelò, incapace di qualsiasi azione. L’ascia di Dagoth Nhur violò anche l’ultima difesa del paladino che stramazzò a terra. Daraku fu la seconda a cadere, falciata come una messe di grano.

    E’ finita…

    Il destino passò a reclamare anche la sua vita. Zyron cadde a terra; ogni membra del suo corpo serrata in un abbraccio gelato. Sapeva che alla sua coscienza non sarebbe stato subito concesso di lasciare il suo involucro mortale, e che nessuna intercessione divina avrebbe potuto salvarlo dalla punizione che lo attendeva oltre le soglie della morte.

    “Maledette teste di cazzo! Coglioni! Pezzi di merda!”

    “Calma, Jalis, il mago è andato offline.”

    “Pensi che non me ne sia accorto, cretina? Oh ma adesso lo kicko fuori dalla gilda! Lui e questo spastico di un prete!”

    “Ma…ma non è colpa mia! E’ colpa del mago!”

    “E’ colpa tua essere un nabbo* del cazzo, con un equip* di merda! Che pretendi? Di venire con noi a fare i dungeon hardcore se non riesci neppure a tenermi su con questo boss di merda?”

    “Ma non è colpa sua Jalis, non fare lo stronzo.”
    “Sono anche troppo buono. Sei fuori dalla gilda! Fatti una vita, sfigato.”
    Le parole del capogilda violarono anche gli ultimi argini alla sua disperazione. Una cascata di lacrime gli rigò le guance, e un tumulto di singhiozzi mutò i suoi respiri in un gorgoglio di rantoli.
    Non…riesco…a respirare!




    “Fred? Fred!”

    Zyron vide un volto apparve sopra di lui, ostruendogli la visuale. Una luce gli aggredì gli occhi. Il nano cercò di portarsi le mani al collo, ma le dita scivolarono su una superficie viscida.

    “No Fred! Non toccarti il tubo! Stai calmo! Ora ti aspiro!”

    I polmoni sussultarono nell’agonia di prendere aria, schiacciati dal peso di una utilitaria che gli premeva sul petto. Un coro di sirene gli strillò nelle orecchie.

    “Resisti! Ecco! Ora ti aspiro. Va tutto bene! Va tutto bene!”

    Una mano gli accarezzò la testa. Zyron si aggrappò alla sensazione di calore dei polpastrelli sulla pelle e accolse quella dell’aria che tornava a vivificargli i polmoni.

    “Fred? Stai bene tesoro?”

    Zyron sollevò le palpebre. Il volto sopra assunse man mano i lineamenti di sua madre.

    Espirò in un filo di voce. “Sto…bene, mamma”

    Un sorriso si aprì sulle labbra della donna. Zyron la vide voltare lo sguardo verso il portatile che teneva sulle ginocchia. “Ancora quel videogame? Ti avevo proibito di giocarci!”

    “Ma, mamma. Papà aveva detto…”

    Il sorriso sul volto di sua madre si spense come una candela. “Ancora tuo padre? Non si rende conto che quando giochi con quella roba poi ti esagiti, ti vanno le secrezioni nella tracheo e finisce come poco fa?” La donna gli strappò il computer dalle mani e lo infilò con fare nervoso sotto il braccio. “Dormi, tesoro, che è tardi.” disse, spegnendo l’interruttore.

    Un sudario di buio si stese sulla stanza. Zyron sospirò: l’avventura era davvero finita. Era ora di riposare. Il sacerdote si voltò sul cuscino a fissare la macchina alla sua destra, che era tornata a parlargli col suo solito discorso di beep elettronici. Il mantice del respiratore si alzava e scendeva; si alzava e scendeva; si alzava e scendeva proprio come la barra della vitalità di un guerriero. Sentì un nodo alla gola e si portò una mano alla cannula della tracheostomia*.

    L’unico dungeon dal quale non riuscirò mai a scappare.

    Si concentrò sul poster di Neverquest affisso alla parete. Un paladino, un ladro, un mago. E un sacerdote. Qualcuno capace davvero di fare miracoli, di curare anche le ferite più gravi, di liberare le persone dalle più terribili maledizioni. Non come i medici che si recavano in processione nella sua stanza, solo per ammettere la propria impotenza. Si poteva davvero essere eroi in Neverquest. Si poteva davvero vivere un’altra vita, in un altro mondo.

    “Fatti una vita…”, bisbigliò piantando le pupille in quelle del guerriero in armatura, “Quale vita?”
     
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    Molto bello come pezzo, rende bene l’ambiente e si fa leggere con facilità, carino il finale “a sorpresa”
     
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    Madadayo!

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    Grazie Bardo.

    Eh, fu una vera sorpresa anche per me visto che Zyron è basato su uno dei membri della mia prima gilda (così come il resto dei personaggi).

    Aveva una disabilità grave e quel gioco era la sua unica valvola di sfogo.

    Per fortuna poi trovò un ambiente meno pesante...e lo feci anche io XD.
     
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    Il cavaliere tenace

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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Letto e apprezzato.
    Forse data l'ambientazione e il contesto ne è uscito un testo molto giovanile come target, dunque piacevole da leggere, ma che personalmente mi ha lasciato poche emozioni. Tutto ciò se togliamo il finale che, invece, trovo notevole sia come scelta sia come intensità.
    Mi hai inevitabilmente ricordato Sword Art Online :) solo che il tuo testo è decisamente meno banale
     
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    Madadayo!

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    CITAZIONE (Showmaster @ 5/10/2018, 13:58) 
    Letto e apprezzato.
    Forse data l'ambientazione e il contesto ne è uscito un testo molto giovanile come target, dunque piacevole da leggere, ma che personalmente mi ha lasciato poche emozioni. Tutto ciò se togliamo il finale che, invece, trovo notevole sia come scelta sia come intensità.
    Mi hai inevitabilmente ricordato Sword Art Online :) solo che il tuo testo è decisamente meno banale

    Grazie Showmaster.

    Quello dell'essere "giovanile" penso dipenda anche dal fatto che ho cercato
    di ricreare un ambiente dove la gente (anche adulti e vaccinati) tira fuori
    il proprio lato più "infantile"... spesso in senso negativo. Farsi un dungeon in
    quei giochi significa ritrovarsi assieme a gente che spesso ti insulta per un nonnulla,
    si sbraita contro per un pezzo di armatura virtuale, o che scade nel peggiore
    del razzismo e della misoginia (per un periodo giocai un personaggio femminile
    e avevo gente che mi faceva avances. Inutile dire che li trollai a morte XD).

    Mi fa piacere che tu percepisca la differenza col finale, perché è questo il senso
    della storia: quando si è dietro lo schermo di un computer è facile insultare, maltrattare,
    fare l'onnipotente... dimenticando però che dall'altra parte della tastiera ci sono
    persone vere, con problemi veri e sentimenti che possono essere feriti in maniera
    feroce.

    Zyron è basato su un mio vecchio amico di gilda, che prima di diventare un "healer"
    in una gilda di alto livello ne ha dovute passare tante. Puoi bene immaginare come
    si sentisse, lui con una disabilità, quando la gente usava con leggerezza il termine
    "retard", "handicappato", "mongolo" per insultarsi a vicenda.


    Beh, la mia esperienza fu su World of Warcraft, che forse è l'esponente più celebre
    del genere "MMORPG" su cui anche la storia di Sword Art è basata: gli mmo si assomigliano
    un po' tutti.

    Oggi l'MMO è un genere morente, ma penso che ti sarà bastato farti una partita generica
    anche all'ultimo degli FPS online per ritrovare la stessa "atmosfera" gioviale e matura.
     
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    La storia mi è piaciuta e (Ormai mi conosci e sai come sono, accidenti a te!) il finale mi ha toccato molto, soprattutto sapere dopo che è basato su una persona che hai davvero conosciuto e che davvero veniva trattato a quel modo. Terribile.

    Devo ammettere che qualcosa l'avevo "nasato" già qua

    CITAZIONE
    Lo sguardo di Zyron rimbalzò da un angolo all’altro del suo campo visivo, regalandogli una scarica di dolore a ogni movimento dei muscoli.

    Ma andando avanti nella lettura me ne ero quasi scordata. Dispensi quindi piccoli indizi, ma senza dare troppo nell'occhio, ti faccio i miei complimenti!
     
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    Cavolo stavo gironzolando per il rifugio e sono capitato qui. Mi ero perso un racconto davvero bello, rende perfettamente l'idea di una Run e il finale è molto toccante. Comunque anche avendo letto che è ispirata da una storia vera non mi sento di avercela con chi insulta online. E una cosa che si fa senza pensare perché dopo ore passate davanti allo stesso gioco si diventa irascibili, l'unico modo per evitarlo è l'esperienza.

    Mi permetto di dirlo perché l'ho vissuto in prima persona, il mio migliore amico aveva la leucemia scoperta verso la seconda media. Visto che non poteva uscire giocavamo ore e ore a casa sua a MW3, cabal 2 ecc. (Non che mi dispiacesse, ho sempre preferito stare a casa.) e lui era il primo a diventare pesantemente irascibile con gli altri (Soprattutto su MW3 dove eravamo iscritti a tornei importanti) e anche a me è capitato anche se raramente, dipende tutto dalla propria indole.
     
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    Madadayo!

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    Lieto che sia stato di tuo gradimento Daverio.

    Mi confermi inoltre l'impressione che ho avuto anche da altri lettori,
    ovvero che l'essere stati parte di quel mondo aiuti molto a comprendere
    questo racconto.

    A dire il vero neppure io condanno generalmente chi insulta su internet. Ci può sempre scappare,
    specie con estranei, ma qui purtroppo si trattava di una gilda di persone che si sentivano
    di continuo e che erano una specie di "famiglia virtuale", pertanto certi atteggiamenti
    avrebbero dovuto essere maggiormente moderati.

    Ma certi sociopatici kapò che si montano la testa per un minimo di autorità, purtroppo, li incontri
    ovunque: sia nel mondo reale che virtuale. E il nostro ex-capogilda era uno di quelli.

    Poco tempo dopo io e Zyron lasciammo la gilda per entrare in un'altra dove, per fortuna, gli utenti
    erano molto più amichevoli e passammo qualche anno di lieto cazzeggio videoludico eh eh.

    WOW fu però più l'eccezione che la regola per me. Sono sempre stato più un amante dei single player,
    specialmente quelli che narrano storie intriganti (cosa di cui se ne vede sempre meno al giorno d'oggi)
    pertanto una volta lasciato quel gioco non ebbi più esperienze simili.
     
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    Io penso che capiti con chiunque, tutto dipende dalla causa scatenante, una partita finita male (soprattutto se importante), un opinione diversa un discorso che esce fuori dal nulla o semplicemente nervosismo generale.

    Comunque penso che siamo più simili di quanto pensassi, anche io preferisco i giochi in single player, ho iniziato a giocare online con questo mio amico e dopo ho smesso. (Adoro FFX,e giochi come Skyrim, Fallout, The witcher...)
     
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    Molto brutale. E posso capire come si sente il protagonista.
     
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    Ammetto che, in primis, è stato il titolo "Fatti una vita!" ad attirare la mia attenzione. E sempre il titolo è stato il pensiero fisso, dietro la testa, per tutta la lettura del brano. Ad ogni rigo mi si è palesato quel "Fatti una vita!" davanti agli occhi a schermare, quasi come un filtro, la realtà da ciò che invece era la dimensione virtuale del gioco. L'infantilismo, che permea e oscura il raziocinio di quei giocatori pronti a scannarsi per un videogame, si trasforma nel vicolo cieco che non permette di guardare oltre - oltre lo schermo, oltre la rabbia e l'ansia da prestazione, oltre la tensione, i problemi e i bisogni umani (il dover mangiare qualcosa di uno così come la necessità di riposare dell'altro) - e si riassume in quello sbotto iracondo "Fatti una vita!".
    Ciò per dirti che, per mio modesto parere, non potevi scegliere titolo migliore.
    In generale, tutto il brano mi è piaciuto, scontato è affermare che lo spezzone finale mi abbia colpito in particolare modo. Mi ha lasciato una gelida sensazione sotto la pelle, come se una coperta di malinconia mista ad impotenza avvolgesse ogni rigo conclusivo.
    Ti faccio i miei complimenti!
     
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10 replies since 3/10/2018, 18:04   131 views
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