Il rifugio dello scrittore

Il viaggio di Magda

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  1. Svyat
     
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    CITAZIONE
    Ci provo a pubblicare qua la prima parte del mio racconto che prese forma sta mattina.
    Oggi ho provato per la prima volta quella sensazione dello scrivere spontaneamente, senza pensare al seguito, pianificare l'avvenire ecc ecc...
    Oggi mi si sono davvero divertito a scrivere, una cosa che non mi capitò mai prima d'oggi per quanto riguarda la prosa.
    Penso che scriverò la seconda parte entro la settimana, se la musa rimarrà al mio fianco.
    Riguardo alla grammatica, prima o poi migliorerò e lo farò, prometto! :D
    Grazie per il tuo tempo, Amico/a

    Nel Tre Nono regno, nel Tre Decimo principato. Viveva una bambina di nome Magda, figlia del primo ministro della magia della corte. Una ragazza curiosa e ficcanaso, rinomata per le spiacevoli situazioni in cui capitava continuamente. A corte tutti la adoravano, perfino il Re aveva detto un paio di volte che sarebbe stata un'ottima moglie per il suo figlio, principe Ivan. Entrambi erano ancora troppo piccoli per la faccenda ma nonostante questo erano ottimi amici e chissà, forse nascondevano in sé il desiderio di far avverare le numerose prognosi che giravano tra le mura del palazzo. Ma alcuni erano portati a dire il contrario. C'era alla corte chi non vedeva nei due giovani niente di tutto ciò, anzi c’era chi pensava che non andassero d'accordo per le numerose piccole liti per una o per l'altra piccola faccenda. in effetti i giovani erano di caratteri diametralmente opposti. Lui nato condottiero, un ottimo stratega e un abile guerriero, il protettore di tutto quello che è suo e quello che non lo era ancora, presto lo sarebbe diventato. Questa sua avidità veniva vista di mal occhio dal Re in prima persona, i continui battibecco con suo figlio, a volte, finivano con le prolungate sculacciate accompagnate dalle grida, dal pianto e da spessi rumori del moccico che veniva tirato su anziché usare il fazzoletto per soffiare il naso. Il motivo principale per cui il Re voleva Magda sua nuora era agli occhi di tutti. Lei era una dolcissima bambina, una chiacchiera con lei asciugava all'istante le lacrime di Ivan. Direi proprio che ciascuna lacrima del regno non poteva salvarsi dal suo sorriso e dalle numerose smorfie che riusciva a mostrare con il faccino angelico che si ritrovava dalla nascita. Magda era sempre la prima ad aiutare alle serve della corte, non le sfuggiva nessuna vecchietta che passava con i borsoni della spesa lungo il giardino reale. Con le sue piccole manine, sempre un po' malconce per le mille fatiche a cui le sottoponeva l'inarrestabile spirito combattivo della proprietaria, riusciva a far felice ogni creatura del regno. Non mi scordo di dire che questa piccola “stella” del reame non aveva alcun giocattolo, ovvero ne aveva tanti ma non si soffermavano a lungo nella sua stanza, sia perché non faceva altro che regalarli a destra e a manca al bambini della servitù, facendo, stranamente, felice il suo padre che abbassò il tiro nel suo continuo "regalare", sia perché Magda prediligeva i libri di qualsiasi genere, tranne quelli del babbo. Una volta aveva incendiato la coda di uno dei cavalli della carrozza reale per aver capito e forse anche pronunciato male la formula d’un incantesimo imparato da uno dei suoi libri. Povera bestia.
    Un giorno, scoprì dell'esistenza d'un pozzo magico e come al solito si precipitò all'avventura, senza avvertire né i grandi né alcun suo amico, compreso Ivan, cosa sbagliatissima, irresponsabile e pericolosa. Non fatelo mai, ci deve essere sempre qualcuno che deve saper dove trovarvi, nel caso in cui vi perdiate o che vi capitasse una sfortuna. Proprio questo è successo a Magda. Non sapeva che il pozzo magico potesse fungere da portale in altri mondi, anche pericolosi e malvagi. Voleva scendere per le rotonde scale della buca che portavano fino all'acqua, acqua viva e morta mischiate tra loro, secondo un racconto che lesse di prima mattina, mentre tutti gli altri bambini della corte ancora sognavano tra le braccia dei morbidi cuscini. Così fece, colse una manciata d'acqua e la travasò all'interno d'una provetta presa al laboratorio del babbo. Continuò a farlo finché non riempì completamente il vasetto di vetro e lo richiuse. Ringraziando il pozzo e l'acqua si precipitò a risalire in superficie ma il bosco in cui si trovava le risultava diverso, strano, avvilito per colpa di qualche inguaribile malore. Decise di farsi un giretto, curiosando qua e là. Non era un bosco ma un insieme di alberi che soffrivano in silenzio, avevano meno colori, gli alberi da frutta quasi non esistevano, i parassiti sovrabbondavano su alcuni di essi. Avrebbe voluto liberarli con la magia ma non poté, perché si rifiutava di leggere i libri dell'agro-maga che suo padre riusciva a procurarle. Lui insisteva più volte affinché leggesse i libri di magia, provando a convincerla in mille modi diversi, ma tutto era inutile dopo la storia col cavallo. Ora che c'era bisogno del suo potere per aiutare gli alberi e i cespugli che imploravano, capì quanto suo babbo aveva ragione a dire quelle cose, perché si arrabbiava con lei, perché contro voglia, non le rivolgeva la parola per le intere giornate dopo il suo medesimo rifiuto. Pianse abbracciando una quercia, per metà divorata da una colonia di larve. La vecchia quercia l'aveva perdonata. Concentrandosi, non sentiva solo le continue lamentele della flora circostante. C’era qualcos'altro. La inquietava il fatto che gli animali, gli uccelli e gli insetti non le dicessero niente. Chiese all'usignolo che stava costruendo un nido sul ramo d'un pino, vicino alla quercia. L'uccellino, piacevolmente sorpreso, mettendo da parte tutti suoi importanti disbrighi, le cinguettò che ora si trovava in un mondo diverso da quello che aveva lasciato. Disse che le persone qua sono strane, non capiscono gli animali, fanno del male a loro e a se stessi con i fumi di quelle fabbriche puzzolenti, con le macchine scoreggione, sporcano acqua con i loro rifiuti, tra l'altro sono unici a fare i propri bisogni dentro l'acqua. Di questo ne aveva parlato con una spigola che ne era rimasta scandalizzata al vederlo con i propri occhi. L'uccellino, calmandosi un poco dopo aver menzionato la storia della spigola, raccontò di un'altra cosa che Magda voleva chiedergli da tanto tempo ormai. Aspettava il suo turno per parlare perché a casa tutti lo facevano, chiamandolo “buona educazione”. Concentrandosi un poco più del solito, sentiva una miriade di voci; urli, risate, versacci, strani canti accompagnati dai un sacco di rumori di sottofondo che, a volte, assomigliavano alla musica del regno. L'usignolo sapeva cosa fosse. Disse così:
    «Gli uomini hanno smesso di ascoltare e parlare per imparare a ignorare e strillare».
    Le cinguettò tutto quello che sapeva di frequenze radio terrestri e satellitari che avvilivano gli alberi, come meglio poteva un piccolo esserino come lui, e dei cavi di alta tensione che con i loro campi elettromagnetici facevano perdere l'orientamento agli animali che capitano vicino. Sapere tutto questo l'ha commossa. Ora si spiegava il perché del suo terribile mal di testa. Magdalena confessò all'amico il suo malessere e la decisione di voler parlare con un uomo della sua spese. L'uccellino le parlò delle "città", enormi villaggi degli uomini. Lì avrebbe potuto trovare un sacco di persone di ogni calibro con cui parlare.
    «Attenta» l'avvertì «in città questi campi elettromagnetici, che loro chiamano "wifi", sono molto più fastidiosi! Fatti forte, ti conviene a imparare a non sentire una volta che ti avvicini ad una città degli esseri umani! Tanto lì non ti servirà a niente, non riuscirai a parlare con i pochi uccelli e vegetali che vivono da quelle parti.»
    «E come faccio a trovare una di queste "città"?»
    «Devi andare da quella parte» distese l'ala «lì troverai una striscia di terra morta e desolata. In ambe le direzioni, seguendo quella striscia, troverai una città. Buona fortuna, giovane amica!» cinguettò con tutta la sincerità che aveva e si rimise a costruire la sua casetta. Magda lo ringraziò e partì in direzione indicata. Si voltò per salutare con la mano al suo piccolo amico per l’ultima volta prima di perderlo di vista e si rimise in cammino. Trovò subito la "striscia" di cui parlava l'uccellino. Era grossa e grigia, tutt'altro che bella. L'erbetta ai suoi fianchi cercava di spezzare questo potentissimo incantesimo degli uomini senza alcun successo. Quanto Magda avrebbe voluto aiutarle ma, nemmeno questa volta, conosceva la formula giusta per farlo. Decise di andare a destra. Camminò in mezzo alla strada perché le piaceva calpestate la striscia bianca in mezzo. Un'altra cosa che tu, mio giovane lettore, dovresti evitare di fare. Il pedone ha le sue regole stradali da rispettare, ricordi!? Si cammina sulla sinistra della strada perché così puoi vedere le macchine che arrivano e ti passano vicino. Potresti fare in tempo a spostarti se ci fosse un pericolo. D'un tratto vide una carrozza a traino meccanico. Voleva fermarla, richiamando l'attenzione delle persone che stavano dentro, ma non riuscì. Capì subito che quella non aveva l'intenzione di fermarsi, non stava rallentando. Si spostò quasi all'ultimo per schivarla. Strano eppure era una bambina un mezzo al nulla, col vestito sporco dopo una camminata nel bosco. Era pure caduta un paio di volte perché s'impigliava sempre tra i rami dei cespugli. Magda è una bambina sveglia, aveva lasciato apposta il vestito sporco, pur conoscendo la formula magica per pulirlo, pensando che avrebbe attirato più attenzione così conciata. Ma in questo mondo niente funzionò come aveva sperato. Tutte le carrozze la evitavano e le persone che erano dentro facevano finta di non vederla. Solo qualche bambino ogni tanto la guardava dispiaciuto. Un paio di loro avevano pure battuto sulla spalla del proprio cocchiere, tutto era inutile. Alla fine, dopo una lunghissima camminata, sudata e sporca, con le gambine a pezzi dalla fatica, arrivò in periferia d’una città molto grande. Quando cominciò a vedere le punte dei grattaceli, incuriosita, decise di andare a parlare con gli uomini che abitavano lì. Voleva farsi spiegare cosa sono e a cosa serviva fare le case così alte. Un’altra lunga camminata l’attendeva ma non demorsi. Decise di usare l’incantesimo per pulirsi il vestito perché si trovava a disaggio in mezzo alla gente che non faceva altro che schivarla e girarsi da un’altra parte in sua presenza. Trovò un posto rintanato tra un palazzo e un altro e pronunciò la formula magica:
    «Cisto cisto cistotà, polucilas crasotà.»
    Il suo vestito tornò ad essere pulito e profumato, così com'era stamani. Il fatto che l’aveva davvero sorpresa fu la reazione delle persone per la strada. Se prima le facevano almeno un po’ di spazio per passare in mezzo alla folla, ora la ignoravano proprio! Furono tante le volte in cui doveva procedere a spintoni rischiando di cadere. Quanto avrebbe voluto tornare sporca in quei momenti.
    «Ma dove stanno correndo tutti questi grandi?» più volte si chiese, lottando contro la corrente di persone che non facevano altro che guardarsi gli orologi sui polsi e parlare in aria tenendo una calcolatrice vicina all'orecchio.
    Finalmente arrivò alla piazzetta d’avanti al più grande edificio della città, pensando:
    «Questo si che è un palazzo da re!» sedette sulla panchina per riprendere il fiato.
    In fronte a lei c’era una panchina uguale identica sulla quale c’era un uomo che sorseggiava una bibita calda dal bicchierone di carta. Il suo vestito fece sorridere alla piccola. Aveva un’uzda al collo. L’uzda è la corda colorata che si metteva ai colli di tutte le pecore del reame durante la mattina della festa primaverile della Grande Semina, periodo in cui tutte le pecore del reame venivano pelare per ricavarne la lana. Decise di avvicinarsi a lui.
    «Buongiorno a lei, buonuomo.» scandì come se fosse durante un’interrogazione scolastica.
    ...

    Edited by Svyat - 8/3/2018, 23:12
     
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  2. FraScribit=Frau
     
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    Ho letto prima la seconda parte e poi la prima :blink: Vado all'incontrario... :D
    Storia sempre carina e qualche errorino anche qui :)
     
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  3. Svyat
     
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    :eek: Fammi capire, quindi non hai visto neanche la seconda parte di "oltre lo schermo" presumo. :schianto:

    GRAZIE! Oggi troppi complimenti... Sono tutto rosso. Pare che oggi sono il festeggiato pure io. :schianto:
     
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  4. FraScribit=Frau
     
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    CITAZIONE (Svyat @ 8/3/2018, 22:27) 
    :eek: Fammi capire, quindi non hai visto neanche la seconda parte di "oltre lo schermo" presumo. :schianto:

    Nuu :wacko: Mea culpa! :cry:
    Devo dire che sto leggendo tutto frettolosamente e tanto mi sfugge...
    Comunque, partire dalla fine (a leggere) non è poi un gran male... le storie, secondo me, sono circolari: cominciano lì dove finiscono...
    Mi sto aggrappando agli specchi! :schianto:

    CITAZIONE
    GRAZIE! Oggi troppi complimenti... Sono tutto rosso. Pare che oggi sono il festeggiato pure io. :schianto:

    Dai, li meriti. Per non essere italiano, padroneggi bene la nostra lingua, che tra l'altro non è una delle più semplici! :clap:
     
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  5. Svyat
     
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    CITAZIONE (FraScribit^Frau @ 9/3/2018, 10:38) 
    Mi sto aggrappando agli specchi! :schianto:

    Già. Lo sento...
    "Cric-cric..."
    :schianto:
     
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    Ciao Svyat,

    essendo un racconto per l'infanzia, il lessico va benissimo, e ti dirò, come sempre: in grammatica te la cavi meglio di molti indigeni, che magari hanno letto solo fumetti, gazzette sportive, Playboy o saggistica noiosa a scuola.

    C'è soltanto un vero e proprio errore di parola, ma solo per un fatto di linguaggio:
    prognosi va benissimo nel linguaggio medico. Qui, nel racconto, ci andrebbe: aspettative, oppure previsioni. Ma ti spingo con due mani verso la prima.
    Poi c'é: moccico; è più comune: moccio, che è tuttavia uno slang dialettal-antico per muco (nasale).

    Non riesco ad afferrare: Nel Tre Nono regno, nel Tre Decimo principato. È forse: Nel ventisettesimo regno del trentesimo principato ? O era un tentativo di latino improbabile e sconsigliabilissimo a chiunque non abbia almeno 800 anni di età? :D

    Dici che questa è scrittura spontanea? Bene, persevera nella spontaneità, perché ti giova molto! Infatti ci sono più errori (tempi verbali che non concordano tra loro) nella breve premessa che hai fatto, anziché nell'intero racconto.

    Di errorini (nel testo) ce ne sono altri, ma sono semplici refusi (credo). Ti segnalo soltanto: piccole manine, perché se sono manine, sono "già" - autonomamente "piccole": Voglio dire: manine è sufficiente, e così non cadi in una forma verbale infantile (i bimbi lo dicono spesso, ma tu, nel testo, sei il narratore). ;)

    Se penso a me, alle prese col russo, allora scatta spontaneo l'applauso. :clap2:
     
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  7. Svyat
     
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    Grazie, Axum. Prendo visione e sfrutto tutto quello che m'hai scritto, con grandissimo piacere.
    Quindi anche tu hai letto la prima parte dopo la seconda :D

    Riguardo al "3*9 e 3*10:
    È l'inizio classico di quasi tutte le favole principali popolari russe e, addirittura, di alcuni miti pagani, precristiani. Ho fatto la traduzione letterale. Vorrei portarmi sempre appresso questo misterioso particolare quando scriverò per bambini. Mi consiglieresti un modo migliore per farlo?

    Spero di riprendere a scrivere al più presto :)
     
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