Il rifugio dello scrittore

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    Colpa di Kobra che ha evocato Ester... e lei è un personaggio fatto così: se qualcuno la evoca lei compare, come ogni fantasma che si rispetti!
    A te Kobra: Ester quasi diciannovenne, quando tutto ebbe inbzio ;)


    - Mi presti il quaderno di fisica ?
    Luca mi guarda con il suo solito sguardo neutro, tranquillo e indifferente, e io continuo:
    - Scusa, ma lo sai che di fisica non capisco niente, tu sei già stato interrogato, controllo gli appunti oggi pomeriggio con il tuo quaderno e te lo riporto domani.
    Non sembra che lui abbia bisogno di tutte queste spiegazioni, perché non ho ancora finito di parlare che prende da sotto il banco il quaderno di fisica e me lo dà dicendo:
    -Prendi pure, non mi serve.
    -Grazie.
    Torno al mio posto, l’insegnante sta entrando in classe, la solita ricreazione sempre troppo breve è finita e per le prossime due ore possiamo dormire tutti tranquilli durante le interrogazioni di storia, almeno tutti quelli che hanno già il voto, io tra questi.
    Elena mi guarda con aria interrogativa quando mi vede con il suo quaderno in mano, ma che c’è di strano: devo essere interrogata in fisica, Luca è già stato interrogato, mi ha prestato il quaderno, fine della questione.
    Ignoro il suo sorrisino e guardo Pedretti alla cattedra che ha iniziato a rispondere alle domande di storia, ma Elena attacca bisbigliando:
    -Ester… cosa te ne fai di quel quaderno?
    -Cosa vuoi che me ne faccia… un rito Vudù ? Controllo gli appunti di fisica e fine.
    -Forse invece dovresti fare qualche rito di magia nera: strappagli qualche capello e pestalo insieme a una polverina magica in una notte di luna piena, aggiungi una pagina di quel quaderno…
    Le tiro un calcio da sotto il banco, il professore interrompe l’interrogazione, guarda la classe, e richiama Chiari che in ultimo banco sta discutendo con Cinelli della partita di calcio che i maschi hanno appena perso nel torneo della scuola; me e Elena non ci vede neanche: vantaggi paradossali dell’essere in primo banco e soprattutto di saper bisbigliare, a differenza di Chiari.
    Ignoro le allusioni di Elena, non me ne importa di quello che pensa lei o qualcun altro in classe, e poi cosa c’è da pensare?
    Non me ne importa di Luca, per niente, perché dovrebbe?
    Soprattutto a lui non importa di me, questo è chiaro, e io non sono scema.
    E’ un tipo simpatico, non parla molto, ma quando fa una battuta a me fa ridere più degli altri; è bravo e prende sempre dei bei voti, ma non se la tira affatto. Mi è simpatico, tutto qua.
    E’ vero, parlo volentieri con lui, e nonostante la sua aria un po’ apatica, lui mi risponde sempre e, non so perché, ma ultimamente io ho sempre qualcosa da dirgli.
    Non è vero che è apatico, è semplicemente un tipo riservato, non è un fanfarone come Berti che pur di fare una battuta venderebbe sua nonna; Luca è molto più simpatico: fine, ironico e intelligente.
    Ma non me ne importa di lui, perché tanto a lui non gliene importa di me.
    Ne sono certa, perché se io non gli rivolgo la parola per prima, per primo lui non lo fa mai: potrebbero passare settimane, mesi, potrebbe passare tutta la vita, è una certezza matematica.
    Ho provato: per cinque giorni non gli ho rivolto la parola ed è stato faticosissimo, perché lui non mi ha guardato nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio mi ha salutato o mi ha chiesto qualcosa.
    Alla fine sono stata ancora io chiedergli com’era andata la partita di pallavolo con la 5E, quando l’ho incrociato in corridoio tornando dalla palestra; è colpa mia che non so mai stare zitta.
    No, non è timido, per niente, non è per quello che non mi guarda e non mi cerca mai, non sono scema, ho già diciotto anni, e anche se non ho grande esperienza in materia, non occorre essere miss mondo come la Cerretti, per capire se a uno piaccio o no.
    Dunque, amen, chissenefrega, non me ne importa di Luca, sistemo gli appunti di fisica e domani gli riporto il quaderno.
    E fine della storia.

    Il giorno dopo, però, il quaderno non glielo restituisco, mi dimentico.
    A dire la verità ce l’ho in borsa, ma lui non me lo chiede e io sto zitta.
    All’una tutti fuori, iniziano le vacanze di Natale e l’euforia della folla degli studenti che si riversa per strada è alle stelle; fa un freddo cane, è inverno del resto e siamo sotto zero da una settimana.
    Ma a me l’inverno piace, compio gli anni in inverno, tra poco - all'inizio di gennaio - saranno diciannove.
    Quella notte faccio un sacco di sogni strani: il professore di storia che mi interroga in fisica e mi chiede perché ho il quaderno di Altieri e non il mio, Chiari che mi tira una pallonata e Elena che gli strappa una ciocca di capelli e ride come una scema.

    La mattina dopo mi sveglio più stanca di quando mi sono addormentata, e ho ancora nelle orecchie la domanda di fisica a cui non so rispondere.
    Apro gli occhi e penso al quaderno di Luca: è stato l’ultimo pensiero prima di addormentarmi, mi sembra logico che sia il primo al risveglio.
    E l'idea mi trapassa in un istante come una folgorazione a cui è impossibile resistere:oggi glielo vado a riportare a casa quel quaderno.
    Non ci rifletto più di tanto, non me ne importa niente di quello che penserà lui, o Elena o il professore di storia: io quel quaderno, oggi, glielo vado a riportate. A casa sua. Deciso.
    Non ci sono mai andata a casa sua, Luca non è uno che fa grandi inviti, almeno non a me, ma so dove abita, non occorre essere della Digos per saperlo: corso Garibaldi 18, Altieri Cesare è il nome di suo padre stampato sul campanello.
    Sarà la cazzata del secolo, ma la faccio: oggi vado a casa sua e gli riporto il quaderno di fisica, e vediamo cosa succede.
    Ho fatto l’esame di guida da due settimane, e non ho ancora guidato da sola, mi sembra l’occasione giusta.
    Mio papà non ha niente da obiettare, per oggi pomeriggio la macchina la posso tenere: "Tranquillo papà, faccio presto, un quarto d’ora, mezz’ora al massimo e sono a casa: devo solo riportare il quaderno a Altieri, mi sono dimenticata di darglielo ieri, magari durante le vacanze di Natale gli serve. Comunque torno presto, non so neanche se è a casa, il quaderno lo lascio a qualcuno dei suoi. Torno subito."

    Alle due suono il campanello dell’elegante condominio del centro, senza pensare a quello che sto facendo; spero solo che lui non ci sia.
    Risponde una voce maschile:
    - Chi è?
    - Buongiorno, sono Ester una compagna di classe di Luca…
    - Scendo.
    Cribbio… è lui, e c’è.
    Ha aperto il portone e io entro nell’atrio per non congelarmi sul marciapiede, e mi vedo riflessa per intero nello specchio vicino all’ascensore: mi faccio pena, con i capelli neri nevrotici sparpagliati sulle spalle, il naso congestionato dal freddo, le guance viola dall’agitazione e lo sguardo determinato e vagamente febbricitante.
    Me ne frego, non devo spiegazioni a nessuno: devo solo ridargli il quaderno di fisica, cinque minuti nell’atrio e la storia finisce.
    Distolgo lo sguardo dallo specchio e vedo l’ascensore che sale fino al quarto piano e da lì ridiscende, un piano alla volta: 4, 3, 2, 1…
    Ma perché sono così deficiente, ma cosa ci faccio lì... sono ancora in tempo a scappare: appena si aprirà la porta dell'ascensore, lui mi vedrà in faccia e se non ha ancora capito quello che tutti hanno capito, quello che io non voglio ammettere neanche morta, lo capirà in quel momento: mi guarderà in faccia e capirà tutto; e forse è anche meglio.
    No non scappo, non c'è più tempo, resto lì. Qualunque cosa succederà sarà solo colpa mia.

    Si apre la porta dell’ascensore e lui esce vestito di tutto punto, col cappotto blu e le mani in tasca, perché, dove deve andare?
    - Ciao Luca, passavo da queste parti e ti ho riportato il tuo quaderno di fisica, mi sono dimenticata di ridartelo ieri e ho pensato che magari durante le vacanze ti poteva servire…
    Prende il quaderno, lo arrotola e se lo mette in tasca e mi dice con voce incolore:
    - Interessante.
    E vabbè, per me il dialogo può anche considerarsi concluso, la storia è finita, lo sapevo: sono venuta a fare la mia figura da deficiente, posso girare i tacchi e tornare a casa.
    Ma non riesco a stare zitta, perché io qualcosa devo sempre dire, e lo so che lui ha fatto l’esame di guida proprio quella mattina e figuriamoci se non è stato promosso, ma glielo devo chiedere lo stesso com’è andata… e così lui comincia a raccontare dell’esame di guida, e dell'esame di maturità che faremo tra pochi mesi, e dei suoi che vogliono che poi faccia Ingegneria, ma lui no...
    Sono solo io che faccio parlare i pali, o anche lui quando comincia a parlare non smette più?
    Guardo l’orologio e penso che per oggi le pubbliche relazioni con lui le posso considerare terminate: è un quarto d’ora che stiamo parlando in piedi in quell’atrio, bardati di cappotto e guanti, e io comincio a sentirmi soffocare, devo prendere una boccata d’aria gelida, e lo saluto.
    - Ciao Luca, buon Natale, io devo andare. Faccio un salto in centro, devo prendere il regalo per mia mamma.
    - Ti accompagno.
    Peccato che non vedo la mia faccia, perché questa no, che lui avesse voglia di accompagnarmi in centro, proprio non me l’aspettavo.

    Luca, non avevi niente di meglio da fare quel giorno, che accompagnarmi in centro a prendere il regalo di Natale per mia mamma?
    Non l’avevi visto che faccia avevo?
    In quel momento io l’ho capito bene che cosa mi stava succedendo, mentre a piedi andavamo alla Feltrinelli e io parlavo e parlavo e chissà che cosa avevo sempre da raccontarti: mi ero innamorata di te, e me lo sentivo che la cosa non sarebbe stata breve, né indolore.
    Lo sapevo che tu non ti saresti innamorato di me, anche se eri gentile e simpatico, anche se ascoltavi paziente tutte le cazzate che dicevo, anche se mi rispondevi sempre quando ti cercavo.
    Lo dovevo sapere che tu invece non mi avresti cercato mai.
    Che non mi avresti amato mai.

    Sono passati decenni, è cambiato un secolo e un millennio da allora, ma forse noi non siamo cambiati tanto, non abbastanza, perché di nuovo sta succedendo: io ti cerco, e tu gentile e simpatico mi rispondi.
    Forse un giorno te lo dirò: smettila, Luca, di essere gentile e simpatico con me, smettila di rispondermi.
    E' vero, è ancora colpa mia che continuo a cercarti, ma tu almeno adesso dovresti averlo capito.
    Il quaderno di fisica, ormai, te l’ho restituito.

    Edited by Amalasunta - 13/2/2018, 14:35
     
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    La poesia non ha bisogno di seguaci, ma ... di amanti

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    Si vede che Ester è una ragazza di una epoca passata, che c'è non più. Se Ester fosse una ragazza appartenente alla classe che oggi viene chiamata " Duemila " l'approccio lo avrebbe fatto lei e forse lei e Luca, avrebbero vissuto felici e contenti, o poi si sarebbero lasciati comunque.
    Questo per dire che mi sorprende il fatto che Ester, non abbia trovato mai il coraggio di dire a Luca che era innamorata di lui, così da metterlo con le spalle al muro: " Mi vuoi o non mi vuoi?"
    Ma ci saremmo persi questi bellissimi racconti, scritti fra l'altro molto bene e pieni di malinconica ironia. Ormai parlo di Ester come di una ragazza vera, come se fosse tra di noi, e non un personaggio creato dalla tua fervida penna.
    Sempre i miei complimenti.
     
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    Grazie Al, sono contenta che ti piaccia il mio personaggio un po' fuori moda. In realtà io credo che di "Ester" un po' idealiste un po' campate per aria, un po' testarde... ne esistano anche oggi. In fondo era fuori moda anche nel secolo scorso! È un personaggio fatto così! Ciao ;)
     
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    “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.” Albert Einstein

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    Difficilmente ho fatto un tifo così forte per un personaggio di un racconto!
    Hai avuto la capacità di coinvolgermi nella tua Ester indipendentemente dal sesso, anche perché di
    Ester in versione maschile ne esistono.
    E' stato un piacevole tuffo nel (ahimè) lontano passato.
    Grazie.
     
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    Grazie Stone, felice che Ester ti abbia coinvolto! Riguardo al (ahimè) passato... che dire: è passato! ;)

    P.s. : e non ho nemmeno esagerato con i dettagli vintage... tipo l'auto del papà di Ester: una Fiat 128 verde oliva... ;)
     
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    “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.” Albert Einstein

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    :eek: meno male che non aveva una Nsu Prinz verdone... :schianto:
     
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    Fosse stata una Prinz, si sarebbe spiegata tutta la sf... ortuna di Ester con Luca nei decenni... ;)
     
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  8. FraScribit
     
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    Delizioso! :wub:
     
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    Ecco Amala, con le sue ragazze autoironiche e simpatiche, è sempre un piacere leggerti, grazie :)
     
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    Grazie ragazze! Felice che vi sia piaciuto! :)
     
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  11. FraScribit
     
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    CITAZIONE
    "Tranquillo papà, faccio presto, un quarto d’ora, mezz’ora al massimo e sono a casa: devo solo riportare il quaderno a Altieri, mi sono dimenticata di darglielo ieri, magari durante le vacanze di Natale gli serve. Comunque torno presto, non so neanche se è a casa, il quaderno lo lascio a qualcuno dei suoi. Torno subito."

    ad Altieri (la d eufonica si presta) Scusa se mi sono permessa.

    CITAZIONE
    Quella notte faccio un sacco di sogni strani: il professore di storia che mi interroga in fisica e mi chiede perché ho il quaderno di Altieri e non il mio, Chiari che mi tira una pallonata e Elena che gli strappa una ciocca di capelli e ride come una scema.

    Anche qui: ed Elena
     
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    Pensa che le ho tolte perché c'è sempre qualcuno che mi dice che la d eufonica non si deve usare... io comunque la metto sempre! (Se si chiama eufonica un motivo ci sarà... ;))
    Grazie del passaggio! :)
     
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  13. FraScribit
     
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    CITAZIONE (Amalasunta @ 16/2/2018, 04:17) 
    Pensa che le ho tolte perché c'è sempre qualcuno che mi dice che la d eufonica non si deve usare... io comunque la metto sempre! (Se si chiama eufonica un motivo ci sarà... ;))
    Grazie del passaggio! :)

    In effetti, la d eufonica non andrebbe usata (l'accademia della crusca ha un po' rivoluzionato le cose) quando le vocali sono diverse ché diventa cacofonica. Esempio: nella credenza ci sono il latte ed i biscotti. In questo caso meglio: il latte e i biscotti. Non so se sono stata chiara :)

    Edited by FraScribit - 16/2/2018, 11:49
     
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    La poesia non ha bisogno di seguaci, ma ... di amanti

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    Pensa che le ho tolte perché c'è sempre qualcuno che mi dice che la d eufonica non si deve usare... io comunque la metto sempre! (Se si chiama eufonica un motivo ci sarà...

    Per quanto ne so io non è sbagliato ne usarla, nè non usarla. Diciamo che il suo uso è diventato, per motivi sopratutto fonici, desueto.
    Anche io sono stato spesso accusato di usarle di sproposito, ma in poesia a volte non ne puoi fare a meno se vuoi evitare ad esempio la sinalefe ed acquistare così nel verso una sillaba in più ;)
    I due esempi che ha evidenziato FraScribit ( ad Altieri - ed Elena ) sono gli unici in cui sarebbe meglio o non fa difetto usarla e cioè, quando la congiunzione " e " o la preposizione " a " precedono parole che inziano anch'esse per " e " o per " a ".
    Poi in letteraturaa anche questa consigliata e non errata opzione, spesso da illustri poeti o scrittori non viene usata:
    Es: - Colui, che mosse Alessandro a attristarsi, fu Anassarco, e ciò provasi dall'autorità di Simplicio (Leopardi) -
    - Che un prete, qual viene nominato per Francese dal detto Baruello, e era venuto in compagnia del costituto, aveva fatto comparire... (Manzoni)
    Sia in prosa che in poesia, mai prima di una virgola, sopratutto se precede un inciso.
    Quindi se non la usi mai, in pratica non sbagli, ma nemmeno se la usi nei casi sopradetti.
    Occhio! Fanno eccezione, perché ormai consolidate dall’uso: fino ad ora, dare ad intendere, ad esempio, ad eccezione e altre che ora non mi vengono in mente.
    Ciao, Ciao.
     
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    Ehi ragazzi calma, la sapevo anch'io la storia della d eufonica... ;)
     
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16 replies since 12/2/2018, 21:07   120 views
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