Il rifugio dello scrittore

Case editrici

Dissertazione generale sulle ce e differenze tra esse

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  1. Luca Aratak Morandi
     
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    Voglio condividere con voi un'immagine che riassume le varie modalità di pubblicazione e le differenze.
    Ricordiamoci che le ce a pagamento sono il male perché basano il mercato sull'autore e non sul libro per cui non puntano a prodotti di qualità.
    Ricordiamoci però che anche le ce non a pagamento hanno spesso delle mancanze, soprattutto nel campo dove mi espongo di più - fantastico - non ce n'è quasi una che non abbia qualcosa che non va.
    Alcune curano poco l'editing, altre la distribuzione, altre ancora le copertine...


     
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    Estremamente utile, grazie per la segnalazione.
     
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    La poesia non ha bisogno di seguaci, ma ... di amanti

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    Tutte queste informazioni, come del resto quelle da te proposte, caro Luca, anche in altri post, sono utili e ben vengano! Ma mi pare che la frenesia di essere pubblicati stia superando un cosa ben più importante, quella di essere degni di esserlo.
    Mi sembra che stia passando il messaggio, non nel caso specifico ma in generale, ma è una mia opinione, che basti un mix di fattori ben studiati per avere una pubblicazione ed alfine successo! Certo per alcuni generi estremamente commerciali, e pieni di minestre riscaldate, ciò può essere anche vero, ma alla fine penso che quello che conti è essere innovativi, come scrittori, non uno dei tanti, cercare una propria via, avere le fonti ed i contatti per approfondire la trama di un romanzo, ed informarsi, studiare, visitare, parlare e poi...scrivere, se lo si sa fare! Se guardate ad esempio in calce a molti romanzi di autori affermati, noterete, la miriade di fonti alle quali lo stesso ha fatto ricorso. Scienziati, poeti, medici, ricercatori etc etc...e poi alla fine anche editor, correttori di bozze, ed altro. Queste fonti non si trovano purtroppo solo su internet, e per far ciò ci possono volere anni, come del resto per essere a tutti gli effetti buoni scrittori. La smania di essere a tutti i costi pubblicati, a mio modesto parere, spesso va contro la qualità.

    Edited by al44to - 7/2/2018, 11:44
     
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    Concordo pienamente con te al44to.

    Ma sai come sono i tempi di oggi. E' tutto un rush e
    alla fine alla maggior parte delle persone importa assai
    poco della qualità della propria opera o dell'"arte per l'arte".

    Nella stragrande maggioranza dei casi il libro diviene solo un
    mezzo per ottenere ciò è più anelato dal cuore di chiunque sia
    nato post caduta del muro: il successo a tutti i costi.

    Ora...non bisogna essere ingenui. E' ovvio che la pubblicazione
    e il successo lo sperano tutti gli autori, altrimenti dubito che
    scriverebbero, salvo fare come Emily Dickinson che scriveva
    le poesie per sè, con la maggior parte delle sue opere pubblicate
    postume.

    Semmai come giustamente fai notare c'è successo e successo.

    Ho il sentore che la maggior parte degli autori punti alla "meteora",
    ovvero al successo bruciante e di colpo e questo lo può raggiungere
    anche un'opera di livello mediocre (o persino peggiore).

    Sono i "cinque minuti" di celebrità di Andy Warhol. Se però non hai
    sufficiente "massa" finisci per essere una meteora che si consuma
    troppo rapidamente nell'atmosfera.

    Edited by Xarthin - 7/2/2018, 11:47
     
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  5. Luca Aratak Morandi
     
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    al44to concordo assolutamente con quello che dici, considera però che io l'informarsi, le basi, le conoscenze le do per scontate. Nel senso che senza quelle per quanto possa essere rifinito un testo o lo stile il prodotto che ne verrà fuori sarà comunque mediocre.
    Inoltre io sono il primo a sostenere che un libro self COME MINIMO deve fare un giro di correzione di bozze prima di essere messo in circolo, ho visto cose...
    Poi, ancora meglio, per chi è alle prime armi e sta per pubblicare il suo primo libro sarebbe utilissimo un editing fatto da un professionista perché, se fatto bene, non migliora solo il libro in sé ma anche la capacità propria di ognuno di scrivere.

    In ogni caso concordo che per troppi c'è la smania di essere pubblicati, e tutto ciò ricade sulla qualità del libro finale
     
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    Guarda, Luca: con me è lo sfondamento della seconda porta di oggi.
    CITAZIONE
    Semmai come giustamente fai notare c'è successo e successo.

    Il successo è dato dalle forti tirature (denaro, money, argent, din - din - din... op! :lol: ).

    Chi, tra gli umani, non pensa in modo istintivo la solita solfa? Parlo del: Azz, se ha venduto due milioni di copie, vuol dire che il prodotto è di sicura qualità! Il fatto magico sta in una realtà parallela: questa cosa la dicono anche quelli che non sanno nemmeno di cosa parla il libro e che, va da sé, non l'hanno letto. Le barzellette prendono il via quando le stesse cose le dicono - in negativo - altre persone tuttavia con le stesse caratteristiche che hanno quelli nella riga sopra.

    Per ottenere forti, grandi o altissime tirature occorre qualità universale*.
    La qualità è come quella di un vestito di classe (sono schiavo delle metafore e dei parallelismi) ;)
    - stoffa eccellente (passione innata dello scrittore)
    - sarto sapiente (scrittore preparato su tutto lo sciibile umano; in soldoni: l'istruzione è una cosa, la cultura acquisita è ben altra cosa).
    - controllori della qualità produttiva (persone che sopperiscono al difetto di qualsiasi scrittore viva su questo pianeta: da solo non potrà mai - autonomamente - valutare in modo oggettivo la qualità della sua creazione artistica, nemmeno se quello scrittore è il più bravo editor al mondo).
    - venditori capaci (l'editore affiancato da esperti che conoscono tutte le strategie per beccare l'obiettivo: forti vendite).


    *Qualità universale: qualunque sia il motivo, o l'insieme dei tali, il libro piace, e dunque appaga chiunque lo legga.
     
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    "A trattar le persone secondo il merito, chi mai si salverebbe dalle frustate?"

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    Insomma, se una C.E. (tramite tv, giornali e fascette varie) sparge la voce che un libro abbia venduto 100.000 copie ancor prima di vendere la prima, 100.000 persone si convinceranno della qualità del libro e lo compreranno? :D
     
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  8. Luca Aratak Morandi
     
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    100000 forse no ma 10000 possibile.
     
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  9. Liborio
     
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    Axum, leggendo la tua osservazione mi è tornato alla mente un dubbio che mi assilla, ma che ho sempre ricacciato nella memoria.
    Allora, anche Eco o calvino o la Mazzantini o la Aleramo non hanno pubblicato senza che un editor sia intervenuto. Forse è banale, ma saperlo può alleggerire. Grazie
     
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    Secondo il mio modesto parere (e non mi linciate virtualmente se non siete d'accordo) per scrivere testi di qualità si dev'essere sì informati ed avere una discreta cultura, studiare però lo vedo un po' eccessivo, a meno che non si parla di alcuni generi, come ad esempio quello storico o il fantascientifico. Ma per un fantasy o anche una semplice opera di narrativa, non penso ci sia bisogno di studiare, al massimo documentarsi su qualcosa in particolare che riguarda il background (l'ambientazione, un argomento di attualità etc.).
    Detto questo, per quanto riguarda il discorso dell'editing, per noi comuni mortali credo non ci sia scampo, è assolutamente necessario. Ovviamente da un esterno che non sia necessariamente un professionista, ma che almeno ne capisca qualcosa di letteratura. Poi ci sono quegli esseri eccezionali, che Liborio ha nominato nel suo intervento, che ovviamente non avranno avuto bisogno di editing esterno, se non per qualche minima imperfezione. Eppure credo che anche loro ci abbiano messo almeno un po' di tempo, e soprattutto abbiano fatto esperienza, per arrivare a quel livello.
    Avere successo per me può essere frutto di tanti fattori. Fortuna, assolutamente sì. Conoscenze in ambito editoriale (anche dette "spintarelle"), probabile. E poi, costanza, passione, impegno, perseveranza, abilità nella scrittura (aggiungerei chiara e semplice) e infine un'innata predisposizione ad immaginare infiniti mondi e situazioni. E la combinazione di tali fattori non credo sia troppo comune.
     
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    A mio parere pure il Fantasy richiede una notevole conoscenza storica
    per un buon worldbuilding.

    Sia che sia un fantasy ambientato nel nostro mondo, sia a maggior ragione
    per il fantasy ambientato in mondi "altri" ma sempre ispirati al medioevo-
    rinascimento ecc.

    Altrimenti si rischia di cadere nella classica protagonista che rotea uno
    spadone in stile Gatsu senza la minima conoscenza di oplologia o di
    mondi in cui una guerra può andare avanti per novant'anni filati lasciando
    "magicamente" il mondo attorno quasi intoccato (e la Francia del '300
    '400 o l'Europa della Guerra dei Trent'anni ci dimostrano ampiamente che
    pure le guerre del passato potessero devastare intere nazioni)

    Un buon Fantasy a mio parere deve possedere un minimo di infarinatura
    di storia militare, sociale ecc. per riuscire a creare mondi verosimili.
     
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    Credo tutti sappiano che una guerra che si protrae per più di novant'anni porti distruzione e cambiamenti irreversibili tutto intorno a sé, non c'è bisogno di documentarsi ulteriormente al riguardo. Penso che la storia la studino tutti a scuola e un minimo di conoscenze base siano ormai piuttosto comuni...ma magari sono io che confondo realtà e utopia.
     
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  13. Luca Aratak Morandi
     
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    Purtroppo Haven credo tu confonda realtà e utopia. Lo dico perché ho conosciuto "pseudo-scrittori" che non solo non si erano andati a informare sui temi trattati, scrivendo di navi che giravano a sinistra. NAVI. Ma anche che si vantavano di non leggere per non contaminare il proprio stile, autrici che dicevano che l'editing è inutile perché l'editor non può cambiare il romanzo.

    Avere delle speranze è bello ma la realtà, purtroppo, è un'altra e dobbiamo affrontarla tutti i giorni.
    Per questo ritengo che sia meglio studiare di più rispetto alla sola infarinatura generale.

    Io ho delle carenze immense in storia, per esempio, poiché l'ho fatta malissimo al liceo. Pian piano recupererò
     
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    Sì, Xarthin e Luca, la cura di ogni minimo dettaglio, assieme a molti altri fattori, è la chiave per risultare avvincenti, persino nella saggistica divulgativa scientifica.
    Se voglio scrivere un Fantasy devo - almeno - conoscere a menadito gli studi di Propp (ogni fantasy, in ogni sottogenere, è - comunque - una fiaba o una favola).
    Se in quel Fantasy c'è guerra (è c'è sempre), devo saperne (sempre a menadito) di strategie, di armi, di fatti storici (sviscerati, studiati con cura, non solo letti in una voce di Wikipedia, la cui affidabilità è sempre tentennante). Non posso parlare di calcio se non so nemmeno come funziona uno schema tattico, o senza conoscerne l'immensità delle regole, vecchie e nuove, a partire dagli albori.

    @ HAVEN: proprio di questi tempi, parlare di storia studiata a scuola è un fatto che raccapriccia. :(

    Corale:
    Sì, posso scrivere "consultandomi", ma avrò fatto finta, avrò - soltanto - improvvisato, giocando a fare lo scrittore.
    Il lettore può essere "tutto", ma non scemo. Perché, se decide di leggere un Fantasy, lo fa con centinaia di aspettative, che l'autore deve saper prevenire, prevedere e soddisfare. Ecco perché chi crea storie deve "conoscere il (già) creato e il già avvenuto". E quella è solo la base.
    Improvvisare non paga, perché se ti capita il lettore attento, "ti fa nero". :lol: Ne basta uno, perché se la pubblicità positiva scompare nel giro di un quarto d'ora, quella negativa resta a lungh-issimo.
    È una faccenda della serie: "Volevi la bici? Bene, ora pedala!". ;)
    Per sentirsi grandi e apprezzati basta un nonnulla, e comunque il pubblico dimentica in tutta fretta. Ma per riparare un flop clamoroso occorre - almeno - un decennio. A volte (molte) un flop in esordio fa sì che l'autore, tornato alla carica, stravinca, proprio perché il lettore nota la "nuova sapienza", e dunque lo premia. Lui è il datore di lavoro, ergo può licenziarci* o incentivarci.

    *
    Per giusta causa! :schianto:
     
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    Oggi non esistono solo lettori attenti, purtroppo.

    Ho visto siti letteralmente "specializzati" nel demolire i fantasy che non
    prestano attenzione ai dettagli storici, di verosimiglianza ecc. riga per riga
    (ok, sono gestiti da History Geeks ai limiti del fanatismo, ma ci sono).

    E non parliamo poi di quelli che praticano HEMA (Scherma Storica Europea)
    e che si mettono ad analizzare ogni minimo movimento della spada in un
    film o in un libro, per poi esporre l'opera al pubblico ludibrio su Youtube.

    Ora, quel genere di "fanatici" non potranno mai essere davvero soddisfatti,
    ma sono più che capaci di beccarti se non hai fatto adeguatamente i "compiti"
    e farti passare per un ignorante.

    La Licia Troisi, ad esempio, che ha preso sottogamba molti di questi aspetti,
    l'ho trovata persino "sbandierata" in un manuale di scrittura come esempio
    da "non seguire" (da lei viene l'esempio della guerra che dura novant'anni).

    Il concetto di base è che "Fantasy" non vuol dire "everything goes": tutto
    deve comunque avere una verosimiglianza, e questa solo i "fatti" possono
    ispirartela. Persino Tolkien stesso venne ispirato per l'ambientazione della
    Terra di Mordor da ciò che vide nella "terra di nessuno" sul fronte della Somme.


    La storia scolastica ti dà una base, ma non è neanche lontanamente sufficiente
    per poterci basare un libro sopra.

    Per fortuna, oggigiorno, abbiamo a disposizione una mole enorme di informazioni,
    e mai come prima è divenuto semplice procurarsi testi che un tempo sarebbe stato
    ai limiti dell'impossibile ottenere. E persino i siti internet e i canali di quei Rekishi Otaku
    possono essere utili per trovare informazioni sull'argomento.
     
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28 replies since 7/2/2018, 08:59   424 views
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