Il rifugio dello scrittore

Conferenza

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    Per Kobra, a proposito di personaggi che sono fermi per tutta la scena a pensare... ;)


    Il teatro non era bene illuminato e il pomeriggio autunnale regalava la prima giornata di pioggia della stagione. E freddo nelle ossa, che Ester sentiva salire dalle scarpe bagnate, troppo leggere, ancora estive.
    Mancava ancora qualche minuto all'inizio della conferenza, quando lei entrò e si sedette a metà della sala: il posto più comodo per allungare le gambe e per uscire senza disturbare, in caso la conferenza fosse risultata troppo lunga, o i relatori troppo noiosi.
    La sala era affollata, i tre relatori non erano ancora saliti sul palco, ma i posti a sedere erano quasi tutti occupati.
    Si voltò verso l’ingresso e lo vide entrare, e fu quasi sicura che anche Luca l’avesse vista, in quella frazione di secondo in cui lei l'aveva guardato.
    Ma no, lui non l'aveva vista: era sempre lei che lo vedeva per prima ovunque lo incrociasse, il suo radar allenato nei decenni lo localizzava a colpo sicuro in mezzo alla folla. Questione di allenamento.

    Ester si voltò di nuovo tornando in posizione composta, tirò fuori la sua agenda per gli appunti e cominciò a sfogliarla, tanto per far qualcosa.
    Possibile che vedere Luca la facesse sempre sentire tanto stupida e fuori posto?
    Dopo anni, decenni, dopo una vita trascorsa ognuno per la propria strada, due rette parallele che si incontrano all’infinito, cioè mai… perché Ester ancora sperava di incontrarlo da qualche parte, e sentiva un pugno nello stomaco che le stringeva le budella quando lo vedeva, e non riusciva a non temere di infastidirlo, o a non sperare di parlargli?
    Perché?
    Non sapeva cosa provava per lui, aveva esaminato tutta la gamma di definizioni esistenti per potersi spiegare quello che sentiva: reminiscenze del primo amore che non si scorda mai, inevitabile crisi di mezza età, tendenza latente al tradimento platonico, idiozia allo stadio puro, e altre ipotesi simili. O diverse. Tutte.
    Sì Ester se ne era dette di tutti i colori in quegli anni, si era fatta tonnellate di auto analisi di ogni genere e specie sentendosi di volta in volta: colpevole, ridicola, o deficiente.
    Adesso non si sentiva più niente, aveva smesso di cercare di capire, registrava quello che provava: a volte quasi niente, a volte quasi tutto.

    Con la coda dell’occhio lo vide che si avvicinava al palco e salutava i relatori.
    Poté guardarlo agevolmente mentre si fermava a salutare un signore anziano seduto poche file davanti a lei: ma che scarpe si era messo? Da ginnastica bicolor come nei telefilm americani degli anni Settanta!
    Ester lo sapeva che lui non era tipo da giacca e cravatta, quella era la divisa regolamentare a cui era costretto quando era in alta uniforme da dirigente in ufficio o in dipartimento, mentre quando lo vedeva a cena con gli altri, o lo incontrava la domenica in centro con sua moglie, era sempre vestito sportivo, un po' a caso, con gli stessi vestiti nelle stesse stagioni... ma quelle scarpe proprio… non erano certamente adatte ad una conferenza in un teatro, benché scarsamente illuminato.
    Quelle scarpe se le trovò vicino alla sua poltrona senza quasi rendersene conto; il tizio anziano si era riseduto al suo posto e Luca si era fermato vicino a lei, sorridente e rilassato:
    “Ciao Ester, anche tu a sentire Palladino, sarà un confronto interessante, vedrai…”
    “Ciao, sì, me lo auguro, non conosco i relatori, ma l’argomento pare proprio interessante…”
    Dal palco il moderatore cominciò a salutare la platea e a invitare tutti i presenti a prendere posto per poter dare inizio alla conferenza.
    “Vado a sedermi, ci vediamo dopo.” Le disse.
    -Ci vediamo dopo - pensò Ester - Cioè mi aspetti fuori e faremo due chiacchiere, o ti devo aspettare io se esco prima...? E se tu ti fermi a parlare con tutti i dottori che girano, che tu li conosci tutti, io cosa faccio: sorrido carina e aspetto il mio turno, o me ne vado e rimandiamo i saluti a un’altra volta? –
    Perché era sempre così difficile sapere cos’era la cosa giusta da fare con lui...? Senza essere ridicola, senza essere fuori posto.
    Senza essere colpevole.
    Ester non lo sapeva, aveva solo domande su di lui, e nessuna risposta.
    E lui non la aiutava.
    No, lui non la aiutava affatto, perché Luca ultimamente era sempre più gentile e simpatico con lei, e Ester era convinta che lui la considerasse quasi un’amica: una simpatica conoscente, una vecchia compagna di classe del liceo, scordata da anni, e poi per caso ripescata dal destino e tornata sempre più spesso a frequentarlo, per i motivi più svariati.
    Un caso.

    -Ah, Ester, dove eravamo rimasti?
    -Ma niente Luca, che quando eravamo al liceo e all’università, io ti morivo dietro e tu non te ne accorgevi neanche.
    -Davvero? Ero così scemo?
    -Ma no Luca, non sei mai stato scemo, era solo che non te ne fregava niente di me, e io invece per sei anni non ho pensato ad altro... ma era il millennio scorso, Luca, un secolo fa.
    -E adesso a che punto siamo?
    -Non so, adesso siamo sposati felicemente entrambi, abbiamo famiglie impegnative, un lavoro che implica parecchie responsabilità e siamo diventati più simili e ci capiamo di più adesso, di quanto non ci capissimo vent’anni fa.
    -Hai ragione Ester, deve essere andata proprio così...


    Si perdeva spesso Ester in questi dialoghi immaginari con Luca, e anche in quel momento, in cui prendeva appunti e cercava di capire quegli argomenti complicati e importanti, una parte del suo cervello percepiva la strana sensazione di essere nello stesso posto in cui lui si trovava, di ascoltare le stesse parole che lui capiva più di lei, perché facevano parte del suo lavoro, erano il suo lavoro.
    Era strano respirare la stessa aria, vedere le stesse persone sullo stesso palco, ascoltare le stesse parole, divisi da pochi metri l'uno dall'altra.
    Stesso spazio, stesso tempo, pensieri diversi.
    A Ester sembrava di sentirlo il rumore dei pensieri di Luca, anche se non ne capiva il senso, e, mentre i relatori parlavano, lei si immaginava a chi lui stesse dando ragione, e a chi torto, e si chiedeva se sarebbe riuscita davvero a parlargli alla fine della conferenza, o se sarebbe stato troppo tardi e sarebbe andata a casa di corsa a preparare la cena.

    No, non aveva nessun senso aspettare la conclusione della conferenza, aspettare il momento giusto per strappargli cinque minuti del suo tempo prezioso per fargli qualche domanda, per vederlo riflettere, o ridere di qualche battuta cretina che Ester non sarebbe riuscita ad evitare.
    No, non aveva nessun senso.
    I relatori avevano finito di esporre le loro posizioni contrapposte, il dibattito era aperto al pubblico, ma Ester pensò che ne sapeva abbastanza, e che non avrebbe aspettato Luca, non gli avrebbe chiesto cosa ne pensava, non lo avrebbe fatto riflettere o ridere.
    Non era più tempo.
    Si alzò dalla sua poltrona e raggiunse l’uscita, senza guardare dove fosse seduto Luca o se la stesse vedendo uscire: non era più importante ormai.
    Del resto il teatro era semibuio e l’autunno piovoso, fuori, era già cominciato.
     
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  2. Brigata Kobra
     
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    Arrossisco! Non sai quanto mi ha fatto piacere avere il mio personale episodio di Ester! Mi sono permesso di condividere il racconto su faccialibro, dedicandoti queste due righe:

    QUOTE
    E quando fai venire a qualcuno la voglia di scrivere, gli accendi l'ispirazione, gli fai venire voglia di creare, anche se forse morirà tutto in un rapido coito scrittorio, anche se non avrà seguito.... è veramente la cosa più bella del mondo.

    detto ciò prima i commenti costruttivi

    QUOTE
    “Ciao Ester, anche tu a sentire Palladino, sarà un confronto interessante, vedrai…”
    “Ciao, sì, me lo auguro, non conosco i relatori, ma l’argomento pare proprio interessante…”

    interessante ridonda, se l'hai fatto per descrivere un atteggiamento sovrappensiero o distante va benissimo, altrimenti no :P

    QUOTE
    ma che scarpe si era messo? Da ginnastica bicolor come nei telefilm americani degli anni Settanta!

    E' l'unico punto in cui Ester pensa direttamente, anche io alterno pensiero riflessivo e attivo (non so se ho reso bene), mi è risultato una spezzatura narrativa, forse se ci fossero 2-3 scorci del genere sembrerebbe più una questione di stile più integrato col resto.


    le cose che mi sono piaciute di più,

    il finale e le pippe mentali sul "ci vediamo dopo", mi ci sono ritrovato veramente.

    SPOILER (click to view)
    Direi che questo pezzo è un ottimo finale per il romanzo che ancora non sai che scriverai.
     
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    Ciao Kobra, felice che Ester ti sia piaciuta. E sulle pippe mentali del mio personaggio, be'... non per vantarmi, ma ha pochi rivali. Riesce a sentire una frase o una parola che Luca le dice e a smacchinarci per giorni... (se per caso hai letto "ironia tragica" capisci cosa intendo... ;) )
    Ci sono un sacco di finali che ben si addicono ai miei personaggi. Credo di avere scritto solo finali, senza la storia intorno... la poveretta è già morta in Ester finale di partita. Oppure ha lasciato Luca non so quante volte con i suoi "Addii" improbabili...
    Non ne uscirà mai credo... lei, e nemmeno un romanzo!
    Ciao gemello astrale, 9 gennaio eh... benché con qualche decennio di differenza! ;)
    Bye!

    P.S per quanto riguarda le ripetizioni... be', un po' sono rimbecillita e non me ne rendo conto se non dopo che me l'han fatto notare... ma in questo caso direi che è anche una cosa realistica: questi due quando parlano, hanno il vezzo di ripetere quello che l'altro ha appena detto, lui perché è un perfettino che alle medie gli hanno detto che quando si risponde alle domande bisogna riprendere quel che la domanda dice (esempio: E' tuo il libro sul tavolo? No, il libro sul tavolo non è il mio... lesson number one...) lei perché quando lo vede va sempre in leggera confusione, nonostante abbia la sua bella età avanzata, e fama di non confondersi mai di fronte a nessuno!
    Riciao!

    Edited by Amalasunta - 3/2/2018, 19:56
     
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2 replies since 3/2/2018, 14:54   68 views
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