Il rifugio dello scrittore

Dottore chi?

Dal Penna contro Penna III

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    "A trattar le persone secondo il merito, chi mai si salverebbe dalle frustate?"

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    Axum incursione...
    Questo racconto ha vinto la sfida di scrittura creativa Penna contro penna III


    DOTTORE CHI?

    Avete presente come ci si senta a essere svegliati dal grugare di un piccione che, appollaiato sul vostro stomaco, vi guarda coi suoi piccoli occhi vitrei? Neppure Adam Chesterton fino a quando si svegliò su una panchina al centro di Hyde Park, a Londra. Il paffuto volatile, piegando la testa prima a destra e poi a sinistra, sembrava voler stigmatizzare il suo non proprio irreprensibile stile di vita, ma non avendo alcuna intenzione di farsi giudicare da qualcuno che passava il tempo a defecare sulla gente senza alcun rimorso, lo scacciò con un gesto della mano e poi provò ad alzarsi, senza riuscirci. Adam rimase quindi a domandarsi perché viaggiare nel tempo dovesse essere così maledettamente simile a un dopo sbornia: risvegliarsi in luoghi mai visti con un terribile mal di testa e con il poco credibile proposito di non commettere più un simile sbaglio.
    Recuperato l’equilibrio, l’uomo si guardò intorno. Signore dagli ampi abiti con ombrellini per ripararsi dal sole -puramente ornamentali visto il cielo plumbeo- si accompagnavano a eleganti uomini con bastoni da passeggio e cappelli a cilindro, mentre in lontananza si udiva lo scalpitio di zoccoli dei cavalli che scandiva il frequente passaggio di carrozze.
    Viaggiare nel tempo non era una scienza esatta. Quel maledetto margine d’errore di ventotto giorni e sedici secondi era spesso stato fonte di spiacevoli inconvenienti, quindi anche se l’epoca era certamente quella giusta, Adam doveva assicurarsi di essere giunto in tempo e preso dalla frenesia, dimenticò per un momento qualsiasi cautela e si avvicinò ad alcuni passanti.
    «Signore! Mi scusi» balbettò, agitando in aria un braccio come se stesse allontanando delle mosche «Lei, per favore! Potrebbe dirmi la data? Mi scusi, sarebbe così gentile da…»
    A ogni sua parola corrispondeva uno sgranare di occhi e un repentino aumento della distanza da parte dei passanti e certo non si poteva biasimarli: la voce affannata e gli abiti anacronistici non contribuivano certo a renderlo una compagnia affidabile. Per sua fortuna, a uno di quei gentiluomini cadde una copia del Times, dandogli così modo di verificare la sua ipotesi. Era il 20 Marzo 1897. Qualcosa a metà tra una smorfia e un sorriso gli si formò allora sul volto, emozionato al pensiero di essere giunto dove tutto ebbe inizio..

    Adam si muoveva tra le strade di Londra con inaspettata sicurezza. La pioggia battente non lo disturbava in alcun modo. Per lui, trecento anni erano trascorsi in pochi istanti, ma in fondo la città non era cambiata poi tanto: il Big Ben scandiva ancora i suoi rintocchi, Westminster era ancora il centro del potere politico e a Buckingham Palace viveva ancora la Famiglia Reale. Ma a Chesterton non interessavano queste cose. Lo scopo del suo viaggio era ben diverso e non poteva permettersi distrazioni di alcun genere.
    A ben guardare, i lerci abiti che aveva barattato con uno dei numerosi ubriachi e senzatetto che infestavano i vicoli londinesi -in cambio di un fascio di sterline che non sarebbero state in corso di validità prima di altri tre secoli- erano inadatti quanto quelli del Ventiduesimo secolo, ma almeno gli permettevano di mescolarsi tra la folla di manovali, scaricatori dei Docks e ambulanti senza attirare l’attenzione.
    La casa in stile vittoriano di fronte alla quale si fermò, coi suoi rossi mattoni a vista e le colonne bianche alle finestre, non era differente da tutte le altre della strada, ma il nome sulla porta, George Fleming, era proprio quello della persona che stava cercando e questo gli fece tirare un sospiro di sollievo. Molte informazioni si erano perse col tempo quindi, pur avendo ancora un discreto margine –l’evento che lo aveva spinto a intraprendere quel viaggio non sarebbe avvenuto prima di un altro mese- l’essere riuscito a scovare l’indirizzo esatto -scoperto casualmente su un antico contratto di locazione intestato a George A. Fleming, rinvenuto nei sotterranei del British Museum- semplificò molto quella che altrimenti sarebbe stata un’ardua caccia al tesoro.
    Bussò tre volte, ma non ottenne risposta. Bussò altre tre volte, ottenendo lo stesso risultato. Allora provò a entrare, senza però scordare le buone maniere prima di attraversare l’uscio.
    «Professor Fleming. È permesso?»
    Adam avanzò con cautela lungo il corridoio poco illuminato, ma ogni suo passo sul pavimento di legno mal posato produceva un rauco scricchiolio, tanto che dopo alcuni metri, attirato dal fastidioso rumore, un esile omuncolo sui sessant’anni fece capolino da una delle porte, la più distante.
    «Per la Regina, chi è? Signora Paddington, siete voi? Non è giorno di pulizie, oggi!»
    «No» quasi sussurrò il viaggiatore del tempo, fermandosi «Il mio nome è Chesterton, Dottor Adam Chesterton. Mi perdoni per l’intrusione.»
    Il padrone di casa strizzò gli occhi nella vana speranza di superare la miopia che lo affliggeva, poi inforcò gli occhiali e finalmente focalizzò i lineamenti dell’inatteso ospite.
    «Dottore chi? Cosa desidera?»
    «Dottor Chesterton. Sono un fisico e vorrei discutere con lei delle sue ricerche.»
    Fleming sembrò esitare per alcuni istanti, poi sorrise.
    «Prego, si accomodi. Gradisce una tazza di the?»

    Dopo alcuni convenevoli consumati in quello che sembrava fungere sia da laboratorio sia da sala da pranzo, per il fisico venne il momento di esporre le ragioni di quella visita. Dalle finestre filtrava poca luce, ma sul banco da lavoro -una lunga tavola da pranzo adattata allo scopo- oltre a spessi volumi accatastati senza una logica apparente e fogli letteralmente ricoperti di appunti, formule e schizzi, vi erano una mezza dozzina di lumi, le cui fiamme producevano un curioso gioco di ombre sulla dozzinale carta da parati.
    Un grammofono diffondeva nella stanza le note del Prélude à l'après-midi d'un faune, di Debussy.
    «Sa» esordì, alzandosi dalla sedia e appoggiando la tazza sulla tavola «ho letto molto a proposito del suo lavoro sulla tangibilità del tempo e sulla sua applicazione a livello pratico. Mi lasci dire che ammiro la sua capacità di vedere oltre i comuni vincoli.»
    Fleming aggrottò le sopracciglia senza mai distogliere lo sguardo dall’ospite.
    «Intende le possibili applicazioni. Sono solo ipotesi, teorie che sto sviluppando e che potrebbero non portare a nulla. Ma se posso chiedere, lei come fa a conoscere le mie ricerche? Ha forse parlato con mio figlio?»
    «No» rispose Adam sorridendo «Non sapevo neppure che lo avesse, un figlio.»
    «Oh, sì. Ha circa la sua età. Sa, è professore anche lui e spesso mi aiuta durante i miei esperimenti e le mie ricerche.»
    Ci fu un lungo silenzio, poi il professore proseguì.
    «Quindi, come ha saputo di…»
    Cogliendo l’impazienza di Fleming, Chesterton decise di soddisfare la sua curiosità.
    «Conosco il suo lavoro perché io l’ho messo in pratica.»
    Attese alcuni istanti, giusto il tempo che reputava necessario per fargli metabolizzare una simile affermazione.
    «So che sarà difficile per lei da accettare, ma io vengo dal futuro. Per la precisione dall’anno 2197.»
    Il professore si lasciò andare a una fragorosa risata, poi tornò serio.
    «Senta, se è venuto per deridere le mie teorie, può anche andarsene. Non sarebbe neanche il primo. Ma io non ho tempo da perdere, quindi se non le dispiace…»
    «Vorrei poterglielo dimostrare, mi creda, ma dovrà credermi sulla parola. Inoltre, dovrebbe essere felice di sapere che le sue teorie si sono rivelate utili.»
    Fleming rifletté un momento.
    «Va bene. Poniamo che lei stia dicendo la verità. Come mai è venuto qui?»
    Adam sospirò.
    «Nel prossimo mese, lei svilupperà un’equazione basata sulla sua teoria: di fatto, sarà la chiave per viaggiare nel tempo. Limitato dalla tecnologia del suo secolo, la accantonerà nella speranza che in futuro qualcuno possa utilizzarla in modo pratico, cosa che avverrà all’inizio del Ventiduesimo secolo. I viaggi nel tempo diventeranno una realtà e inizialmente, verranno utilizzati per puro scopo scientifico, per illuminare tutti i punti oscuri della storia dell’umanità. Ma come c’insegna la storia, le priorità dei governanti impiegano sempre poco tempo a volgere verso interessi più personali» ringhiò, battendo un pugno contro una parete «Io facevo… farò parte del team scientifico che nel mio tempo segue e analizza tutti i viaggi, ma quando ho scoperto che avrebbero tentato di sfruttare questa tecnologia per modificare la storia, mi sono sentito in dovere di intervenire.»
    Il professore ebbe un sussulto poi, quasi colto da una macabra illuminazione, chiuse gli occhi e crollò letteralmente sulla logora poltrona alle sue spalle.
    «Mi dica perché è venuto da me.»
    Chesterton esitò, poi fece scivolare la mano nella tasca della giacca coperta di terra e fango.
    «La storia è piena di avvenimenti che meriterebbero di essere modificati, che solo per qualche insignificante dettaglio, hanno provocato migliaia di morti o peggio, ma le intenzioni dei miei superiori non erano… non saranno così nobili e se il viaggio nel tempo non può essere utilizzato a fin di bene, non ha ragione di esistere.»
    La scintillante sagoma di una pistola sgusciò fuori dalla tasca e si materializzò nella mano di Adam, il cui tremolio tradiva l’inesperienza nel maneggiare armi da fuoco. Era un uomo di scienza e di pace, Adam Chesterton, non un soldato né tantomeno un assassino, ma dal suo punto di vista aveva ottime ragioni per diventarlo.
    «Mi dispiace, professore. Mi creda, non vorrei farlo, ma è necessario» singhiozzò, quasi stesse per mettersi a piangere.
    Voi come reagireste se vi trovaste in una situazione simile? Probabilmente, vi basereste sulle vostre esperienze e vi lascereste sopraffare dall’emotività. Per Fleming fu lo stesso. Erano ormai chiare le intenzioni del suo interlocutore, quindi si aggrappò all’unico punto fermo della sua vita: la scienza.
    «Lei… Lei afferma di essere uno scienziato…»
    «Un fisico, come le ho detto» lo interruppe Chesterton.
    Il professore iniziò a sfregarsi nervosamente le mani.
    «Un fisico, certo. Quindi spera che eliminandomi, i viaggi nel tempo restino un’utopia, qualcosa di cui leggere solo nei romanzi di Jules Verne, giusto? Non ha però considerato quello che io chiamo il principio dell’immutabilità: il tempo non è altro che un anello chiuso di eventi, che passato e futuro contribuiscono a mantenere tale.»
    Adam sbuffò, quasi infastidito dalla retorica del professore.
    «Sì, lo so! Il principio di auto consistenza di Novikov!»
    Fleming corrugò la fronte.
    «Di chi, scusi?»
    Chesterton ricordò allora che Novikov avrebbe enunciato la sua teoria solo un secolo più tardi e non volendo rendere quella conversazione ancora più paradossale di quanto già non fosse, decise di tenere per sé un dettaglio del genere.
    «Lasci perdere, non importa.»
    «Conosce la teoria, quindi saprà anche che gli avvenimenti non possono essere modificati, né da lei né dai suoi superiori. Il semplice fatto che lei sia qui, probabilmente contribuirà a creare quel futuro che è venuto a modificare. Uccidermi quindi non servirebbe a nulla.»
    Il fisico grugnì contrariato.
    «Oltre alla tecnologia, sono state sviluppate nuove teorie, persino più geniali di quelle di Stephen Hawk… cioè… di altri importanti scienziati. Il paradosso del nonno non è più un’opzione valida da molto tempo, dal mio punto di vista. Come ho detto, finora ci siamo limitati a osservare la storia in modo oggettivo, senza interferire, quindi questo sarà il primo e unico tentativo di partecipazione attiva, la dimostrazione stessa che il mio viaggio non è stato inutile.»
    Fleming sorrise rassegnato.
    «Allora faccia quel che deve. In ogni caso, avrà ottenuto il suo scopo. Mi dispiace solo di non avere il tempo di dire addio a mio figlio.»
    Il fisico sollevò il braccio e per un momento fu tentato di portarsi la pistola alla tempia. Ma se anche lo avesse fatto, cosa avrebbe ottenuto? Forse, l’aver informato il professore sarebbe stato sufficiente per convincerlo a non portare avanti i suoi studi e la storia sarebbe comunque cambiata. Ma come avrebbe potuto rischiare, vista la posta in gioco? E se poi, nonostante tre secoli di studi, avesse avuto ragione Fleming? I dubbi ormai lo attanagliavano, ma non avrebbe rinnegato anni di studi solo per una congettura, per un’ipotesi partorita da una mente ancora inesperta in materia di viaggi nel tempo, anche se geniale. Esitò a lungo, ma alla fine, con un notevole sforzo, premette il grilletto due volte, la prima verso il professore e la seconda verso se stesso.
    Per un curioso caso del destino, nel momento stesso in cui George Alexander Fleming morì, suo figlio, George Arthur Fleming, assisteva alla nascita del suo primogenito, ma questa è tutta un’altra storia.

    Avete presente come ci si senta a essere svegliati dal grugare di un piccione che, appollaiato sul vostro stomaco, vi guarda coi suoi piccoli occhi vitrei? Neppure Adam Chesterton fino a quando si svegliò su una panchina al centro di Hyde Park, a Londra… Di nuovo.

    Edited by Axum - 10/12/2017, 18:54
     
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    C'è poco da dire caro Kishu! Un gran bel racconto, scrittura, trama: tutto eccellente.
    Primo posto meritatissimo! Di nuovo complimenti :)
     
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    Grazie Tramontana, ma non voglio credere che tu non abbia trovato neppure un appunto da farmi :D
     
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    A dire la verità no :P
    L'unica cosa che mi sono chiesta leggendo è: ma in trecento anni la lingua parlata era la stessa? Mi spiego: se io viaggiassi nel tempo fino al mio stesso paese ma 3 secoli prima, capirei quello che dicono? (Magari però è una sciocchezza ;) )
     
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    Ottima osservazione in effetti. Ammetto di non averci pensato. Posso ribattere solo che essendo un detrattore dei neologismi, spero di no :)
     
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    Il cavaliere tenace

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    Geniale ricollegare incipit e chiusura per una traccia del genere, è la cosa che più ho apprezzato.
    Come sempre, poi, ottime proprietà di linguaggio, i tuoi personaggi sembra proprio di vederli e ascoltarli, qualsiasi frase ha le cose giuste al posto giusto, mai troppo di detto o troppo poco.
    E, di nuovo, sembra che la limitazione dei caratteri non abbia minimamente influito sul racconto. Nemmeno io trovo degli appunti da fare.
    Sei riuscito a fare estremamente bene quello che io ho tentato di fare. :rolleyes:
    L'ho preso come il modello di compito in classe del compagno bravo di cui seguire l'esempio. :lol:
     
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    Grazie, troppo gentile :D Beh, se la vita ti dà dei limoni, fai una limonata :D Mi sembrava una scelta ovvia, visto che si parlava di paradossi. Per il linguaggio è questione di pratica: mi sono imposto da tempo di scrivere anche un semplice messaggio in italiano corretto e dopo un po' viene naturale (qui però rimando al tutorial sulle ampollosità :D ).
    Quando leggo alcuni testi, ho l'impressione che i personaggi dialoghino restando in piedi, con le braccia lungo i fianchi, come due robot, mentre nella realtà le persone si muovono, gesticolano, cambiano espressione e tono di voce. Basta ricordarsi questo e descriverlo.
    Vorrei essere in grado di mettere per iscritto tutti questi piccoli accorgimenti, cose che ho letto qua e là e che mi sono rimaste impresse. Per fortuna esistono posti come questo forum dove io cerco di condividere il poco che so e di apprendere quello che ogni altro utente ha da condividere, perché non si finisce mai d'imparare :)
     
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  8. Obliter
     
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    Primo appunto, sono alquanto sicuro che il cognome Chesterton sia un velato riferimento. :P

    CITAZIONE
    emozionato al pensiero di essere giunto dove tutto ebbe inizio..

    Qui manca un punto di sospensione.

    CITAZIONE
    Voi come reagireste se vi trovaste in una situazione simile? Probabilmente, vi basereste sulle vostre esperienze e vi lascereste sopraffare dall’emotività. Per Fleming fu lo stesso.

    Questo è un passaggio molto raro, una rottura della quarta parete tra il narratore e il lettore, una scelta rischiosa ma che ho davvero apprezzato.

    Nonostante il tuo racconto non sia umoristico/demenziale, ho notato qualche analogia con la "Guida galattica per gli autostoppisti" di Douglas Adams.
    Il brano è molto scorrevole, è stato un grandissimo piacere per me rileggerlo al di fuori del contest.
    Mi associo ai complimenti degli altri utenti, primo posto meritatissimo, complimenti Kish! :lol:
     
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    Complimenti per aver colto la citazione di Chesterton :D
    Ops! Il puntino mi era sfuggito. Ma per essere precisi, è uno in più, non uno in meno. Volevo metterne uno in verità. :)
    Scelta rischiosa, ma consapevole. So che non è una cosa universalmente apprezzata, ma mi piaceva l'idea di dare quel senso stile "Ai confini della realtà".
    Forse ti riferisci al piccione quando parli di umorismo. Era proprio per rompere il ghiaccio :)
     
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    Il cavaliere tenace

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    ahi ahi ahi Kishuseiko, con quel punto in meno arrivi a 10799 caratteri e vieni squalificato!
     
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    Molto interessante, nonostante la fantascienza (e anche la scienza) mi siano decisamente estranee mi è piaciuto. L'unica cosa che ho trovato poco efficace nello stile è stata la ripetuta allocuzione al pubblico. Più che un maggior coinvolgimento mi è risultata fuori registro.... ma è proprio una inezia personale. Bravo!
     
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  12. Liborio
     
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    Piccione
    No, non è polemica, né altra allusione. È solo che l'incipit di questo racconto mi ha ricordato un altro thread.
    Ho letto il racconto di uno che scrive,e che lo sa fare. Punto.
    È questiopne di linguaggio, il tuo scorre veloce come l'acqua di un torrente montano ma senza ostacoli come l'acqua piovana della grondaia (spero non ti offenda per l'accostamento, è solo per spiegarne il moto).
    È difficcile esprimersi evitando giudizi, in realtà un giudizio c'è stato ed è insindacabile, vale per tutti i racconti. Quindi, non aggiungo altro che possa sembrar tale.
     
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    Giudica quanto ti senti, siamo qui apposta :) È così che si migliora ;)
     
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  14. Esterella
     
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    Un brano scritto veramente bene. Sei riuscito a catturare l' interesse dall' inizio,col piccione, alla fine. Ottimi i dialoghi tra i due personaggi, tra l'altro ben caratterizzati. L' intervento dell' autore all' inizio e alla fine risulta molto efficace, nella parte centrale invece sembra rallentare un poco il ritmo del racconto, ma è proprio poca cosa, come quei rossi mattoni, che forse io avrei preferito leggere mattoni rossi.insomma proprio inezie perché il brano è ottimo. Complimenti. :clap:
     
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    Ogni tanto ho il difetto di voler cercare una certa musicalità. Da qui i "rossi mattoni a vista" anziché i "mattoni rossi a vista" :)
    Cerco di limitarmi, ma avendolo incorporato nel mio stile da un pezzo, non sempre ci riesco.
    Felice che ti sia piaciuto :)
     
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18 replies since 6/12/2017, 15:41   235 views
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