Il rifugio dello scrittore

Chi ben comincia...

INCIPIT 1

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    “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.” Albert Einstein

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    diavolo di un mister bradipo! :woot:
    Se si stressando i demoni, figurati i comuni mortali...(e c'è sempre lo zampino di qualche femminuccia :lol:)
    Adesso l'altra metà del cielo mi farà la pelle!

    Comunque gradita l'esposizione e la trama inusuale, che denota un buona predisposizione alla
    fantasia e creatività.
    Bravo.
     
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    Molto bello e fantadioso. Complimenti!
     
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    Il cavaliere tenace

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    Grazie Kishu per questi spunti!!!


    Ancora una volta non avevo sentito la sveglia. Balzai giù dal letto urlando, terrorizzato dall'idea di aver ormai esaurito ogni giustificazione plausibile e di non essere riuscito a mantenere l'unico vero impegno che mi era stato richiesto.
    Poi però, fui costretto a un buon cinque minuti di silente sofferenza per quella brusca uscita dalle coperte. Il ginocchio. E la sciatica, anche quella mi stava punendo per essermi dimenticato di quanti anni avessi.
    Cosa avrei potuto farci? Non avrei mai acconsentito a farmi mettere uno di quegli aggeggi per le orecchie, avrebbe significato ammettere di star diventando sordo e darla vinta a quella sciacquetta della mia nuora. Giammai.
    Già me la vedevo, la sua faccia da sberle, quando mi avrebbe chiesto anche quel giorno se non avessi sentito la sveglia. Poi avrebbe fatto quanto mi aveva promesso, e cioè non mi avrebbe più permesso di andare a prendere a scuola i miei amatissimi nipoti.
    Ancora oggi mi chiedo cosa ci trovi di attraente quel disgraziato di mio figlio in un demonio del genere.
    Pover’uomo, aveva fatto di tutto per difendere i miei diritti di nonno remando contro la sua mogliettina dei miei stivali, la quale osava sostenere la mia inaffidabilità nei confronti dei due piccoli.
    C’era solo da uscire dai gangheri, io di bambini ne avevo tirati su molti più di due, ed erano venuti tutti meglio di lei, questo era poco ma sicuro.
    No, quella mattina non avrei fatto tardi alle scuole elementari per nulla al mondo, avrei preso la mia rivincita.
    Prima, però, dovevo trovare gli occhiali, o non avrei preso proprio un tubo.
    Eccoli, i miei amati fondi di bottiglia, con quelli potevo vedere anche i batteri.
    Strisciai con le babbucce fino al bagno, dove mi lavai in tempo record. Mezz’ora.
    Sfrecciai verso la cucina, ma quando raggiunsi la soglia dieci minuti dopo, decisi che avrei rinunciato al mio sacrosanto pane burro e marmellata, al costo di avere la mia rivincita su Carlotta la nuora bigotta.
    Avevo ancora due ore prima che la bidella suonasse la campanella del destino. Sarebbe stata dura, ma ce l’avrei messa tutta.
    Era il momento di vestirsi.
    Camicia, quella era d’obbligo. Venti minuti ben spesi.
    Poi i pantaloni, quelli nuovi, li avevo presi al mercato quattro o cinque anni fa. Me la cavai in un rispettabilissimo quarto d’ora.
    E poi il dilemma.
    Quale giacca? Dio, se solo ci fosse Ofelia! Lei sapeva sempre cosa dovevo mettermi.
    Non fu facile, soprattutto perché nel frattempo dovevo ricordare se avessi preso la pastiglia il giorno prima. In dieci minuti risolsi il tutto.
    Calze e scarpe, ecco il vero ostacolo di ogni giorno, soprattutto quando le prime sono delle diavolerie strettissime per le vene vanitose, o qualcosa del genere. Anche quelle erano opera del demone, ovviamente. Tutti trucchetti per ostacolarmi, certo, ma in venticinque minuti ero bello che a posto.
    La coppola, quella era facile, era appesa affianco alla porta di ingresso, vicino al bastone.
    Era il momento di uscire. Avevo quasi quaranta minuti, la vittoria era già in pugno: anche se la corriera fosse appena passata, quella successiva avrebbe fatto in tempo.
    No!
    Avevo scordato di baciare la fotografia di Ofelia, quello proprio non me lo sarei perdonato. Al diavolo Carlotta, al diavolo l’odio, l’amore era più importante.
    Ofelia era stata la mia salvezza, non avrei mai potuto metterla al secondo posto, anche se ne fosse andato del mio orgoglio di uomo.
    Quei venti minuti di spostamento decretarono la mia sconfitta, non sarei mai arrivato in tempo.
    Baciai Ofelia.
    E mi salvò ancora una volta.
    Mi ricordò che quel giorno era domenica.

    Edited by Showmaster - 25/2/2018, 23:44
     
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    :schianto:
    Quindi la nuora non aveva proprio tutti i torti :D
     
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    Il cavaliere tenace

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    Già :lol: ma è bello pensare a come potrebbero vedere le cose i nonnetti, dal loro punto di vista. Quelli che is sentono giovani dentro.

    EDIT: mi sono dimenticato di fare i miei complimenti a stonestein per la sua proposta! Mi ha molto divertito, e il finale spiazza piacevolmente :)
    Xarthin invece, forse non serve ribadire appunti che andrebbero fatti allo Xarthin del passato, si notano elementi un po' confusionari che ormai, per quanto sto leggendo di tuo, sono superati :) un buon testo, forse un po' "basic" come idea quella del lavoratore in ritardo.
    Bravo anche mister bradipo, mi piace come hai condito la scelta naturale del lavoratore in ritardo con un tocco di fantasy, al contrario di Xarthin che invece ci ha spolverato la fantascienza.
     
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    Mi hai fatto paura!!!
    O tu, Show, sei un vecchietto sotto mentite spoglie, oppure hai lavorato in loro sostegno, e dunque hai fatto loro le TAC mentali!
    Dannazione! È proprio così, in ogni dettaglio.
    Mi sembra che abbia parlato per tre minuti ma poi scopro che chi ha finto spudoratamente di ascoltarmi è morto di tedio, ed è già andato in decomposizione, oppure è fuggito già da un giorno, senza che io me ne accorgessi! :angry:

    Mi hai fatto divertire come un matto (piano piano, lentamente, ovvio). :lol:
    Einstein aveva ragione, ma il fatto è che noi anziani non andiamo nello spazio lontano dal pianeta: avvertiamo la relatività anche da qui, dalla superficie. :schianto:
     
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    Ci sono altre due opzioni Axum: che io sia vecchio dentro, e forse in parte è così :lol:, e poi c'è la verità, e cioè che mi sono affidato alle vicende dei miei amatissimi nonni materni, per i quali, pur con i loro infiniti limiti arcaici, ho sempre piacere a dedicare tempo per ascoltarli. Mai come ora, scrivendo questo racconto e leggendo il tuo commento, mi sono reso conto di quale magnifica risorsa siano. Una finestra su una mentalità diversa dalla nostra e molto interessante da comprendere.

    Mi fa molto, molto piacere che ti sia divertito nella lettura, per esperienza so che i tuoi apprezzamenti sono preziosi :)
    Detto questo... Spero che tu non sia conciato esattamente come il povero protagonista del racconto, altrimenti inizio a farti le mie condoglianze! :schianto:
     
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    Ci provo anch'io.

    Ancora una volta non avevo sentito la sveglia. Balzai giù dal letto urlando, terrorizzato dall'idea di aver ormai esaurito ogni giustificazione plausibile e di non essere riuscito a mantenere l'unico vero impegno che mi era stato richiesto.
    E' incredibile che sia successo; sono rimasto sveglio tutta la notte in uno stato di agitazione angosciante. Ad un certo punto devo aver ceduto e sono piombato. Adesso tutto ritorna amplificato dal risveglio e dalla certezza di essere in un inammissibile ritardo. Nella fretta di muovermi non riesco nemmeno ad inveire. Mi rimbomba nella testa un senso di colpa opprimente. Mentre compio con le mani tremanti i gesti necessari a vestirmi cerco di concentrarmi. Ho lasciato tutto pronto ieri sera e se non faccio errori posso ancora farcela. Afferrò la borsa è mi impongo di fermarmi sulla soglia di casa per fare il punto. Ho preso il biglietto aereo, i documenti, le chiavi della macchina, i soldi. No, non manca nulla, ne sono sicuro. Mi sbatto la porta alle spalle e comincio a correre giù per le scale; cado. No, no, no, non devo fare così, non posso fare errori, adesso devo essere perfetto, devo fare attenzione ad ogni gesto, devo essere freddo. Non riesco a placare il tremore delle mani e aprire la portiera con le chiavi richiede tre tentativi. Mi urlo dentro di smetterla, di stare calmo e concentrato. La strada per il Logan Internetional Airport la conosco perfettamente, l'ho fatta cento volte, sono le 6.32, non c'è traffico, posso farcela. Davanti a me, sulla carreggiata deserta c'è un semaforo rosso, sono tentato di proseguire, poi freno bruscamente. Non devo assolutamente correre rischi, farsi fermare da una pattuglia adesso sarebbe fatale. Resto fermo, solo davanti al semaforo, la via sembra deserta. Sento scorrere dentro ogni secondo, con la mano che trema sul volante. Al verde riparto cercando di non far fischiare le ruote sull'asfalto. Il volo parte alle 7,45. Guardo continuamente l'orologio ripetendomi che posso ancora prenderlo. Arrivo all'aeroporto, posteggio nel parcheggio già prenotato. Cerco di ridurre al minimo la conversazione con l'addetto per comprimerne la durata. Comincio a correre con tutta la forza che riesco a trovare nelle gambe, mi bruciano i bronchi per il fiatone. Arrivo al punto di controllo trafelato, gli addetti si rendono conto del mio ritardo e agevolano il mio passaggio. Cerco sui tabelloni il volo American Airlines 11 per Los Angeles, identifico il gate, ricomincio a correre. Arrivo quando gli altri passeggeri sono già stati imbarcati e sento la disperazione piegarmi le gambe. Mi avvicino al banco e la signora bionda e perfettamente truccata dall'altra parte mi sorride con apprensione e mi tende la mano perché le dia il biglietto. Mi imbarcano ancora, sono salvo. Sono salvo. Si affretti, mi dice, posto 8D. Mi sistemo e cerco di riprendere fiato. Sento il cuore sbattermi forte dietro lo sterno, le vene del collo pulsare. Dopo pochi minuti l'affanno è passato ma il cuore continua a picchiare, non più per la corsa ma per l'emozione che mi invade come una febbre. Sento il viso avvampare e il sapore dell'adrenalina in bocca. Ora tutto andrà bene, tutto si svolgerà automaticamente, inesorabilmente. Sono felice. Allah, sono il tuo servo Mohamed Atta, ora mi alzerò, andrò ad uccidere il pilota e porterò la tua infinita furia a distruggere gli infefeli.

    33 minuti dopo il volo AA11 per Los Angeles si schiantera sulla facciata settentrionale della torre nord del World Trade Center
     
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    Che dire... Non me l'aspettavo :o
    Sicuramente non banale, pensare a un terrorista ritardatario. Non pecchi d'immaginazione, questo è certo :)
     
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    Showmaster!

    Piacevolissimo leggerti.
    Nonostante la tua giovane età, sei riuscito a immedesimarti perfettamente
    in un futuro, nel quale prima o poi transiteremo tutti.

    Che dire: complimenti.
    Mi sei piaciuto "assai".
     
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    Grazie stone! Piacere mio.

    Edonista, un finale sicuramente sorprendente, complimenti anche da parte mia.
    Forse lo hai scritto con un cellulare, con correttore automatico? C'è qualche accento da correggere e alcune sviste di punteggiatura.
    Per il resto molto buono, conciso, scorrevole, concitato.
     
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  12. FraScribit
     
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    Buona prova per tutti e due!
    Bravo, Show - Bravo, Edoni :clap2: :clap2:
     
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    Show, grande! La tua ironia è divertente ma quando la macchi con succo di cuore diventi eccezionale. La deviazione al cimitero per baciare la moglie e credibilissima e induce nel lettore (almeno in me) vera emozione. Non ho fatto in tempo a riprendermi dal gancio che è arrivato il montante: il rincoglionimento senile in versione tenera. Mi hai steso, grazie
     
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    La poesia non ha bisogno di seguaci, ma ... di amanti

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    Un applauso sia a Show che a Edonista, i vostri racconti mi sono piaciuti tutti e due!.
    Facendo un passo indietro, e dopo aver riletto anche gli altri, debbo ammettere però che quello di stonestein è il più esilarante.
    Quando lui si vede nella vetrina e quando il signore di mezza età urla: " È arrivato lo sposo! " avevo le lacrime agli occhi dal ridere.
    Ma i complimenti vanno altresì a tutti e cinque! Bravi! :clap2:
     
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    grazie al, ti porgo un fazzoletto virtuale. :)
     
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