Il rifugio dello scrittore

Penelope

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    Mi scuso con chi l'avesse già letto altrove, è un pezzo a cui sono affezionata, scritto un paio d'anni fa e modificato qualche mese fa. Mi fa piacere postarlo anche qua. Bye


    Quando mi dicono che la grammatica è noiosa e inutile, generalmente abbozzo una difesa d’ufficio e poi lascio perdere, cambiando argomento: non riesco a spiegare l’evidenza.
    Perché è difficile spiegare come lessico, sintassi, punteggiatura, calligrafia… siano per me una droga a cui non riesco a rinunciare.
    Credo sia iniziato tutto alle elementari, con i primi dettati ortografici: il mio compagno di banco, un bambino mite e introverso che sopportava paziente le mie domande a raffica e le mie idee geniali, scriveva benissimo, non faceva neanche un errore nei dettati e io lo ammiravo come nessun altro in classe.
    Durante i dettati ogni tanto sbirciavo il suo quaderno, non per copiare - figuriamoci, avevo il mio orgoglio - ma per vedere quando andava a capo: volevo andare a capo quando ci andava lui, e così allargavo o stringevo la mia grafia per arrivare con lui in fondo alla riga.
    Sono sempre stata un tipo fortunato, perché all’epoca non andava di moda la psicologa in classe, se no qualche patologia irreversibile legata a qualche trauma intrauterino, scommetto che me l’avrebbero trovata.
    Comunque le cose non sono migliorate al liceo, perché tu non te ne sei neanche accorto (nessuno avrebbe potuto) ma quando ti ho chiesto in prestito il quaderno di fisica, d’accordo era una bieca scusa per venire poi a casa tua a riportartelo, ma soprattutto volevo vedere come scrivevi, e il 4 scritto con la stanghetta verticale dritta intera e non spezzata, te l’ho copiato, e per anni ho continuato a scriverlo così, stando male tutte le volte che lo facevo.

    Un giorno di qualche decennio successivo mi è arrivato un foglietto con scritto a penna il tuo numero di telefono e un messaggio a voce dell’ambasciatore che portava pena, che era: "Ha detto di dirti di chiamarlo, se hai bisogno."
    Non era un bel periodo, e sì, avevo bisogno, e l’ultima cosa a cui stavo pensando era a come scrivevi a penna il 4 sul quaderno di fisica, perché quando tuo figlio adolescente l’hanno espulso da tutte le scuole del regno, e anche l'assistenza sociale comunale, regionale e penitenziaria, non sa più che pesci pigliare… a certi dettagli calligrafici nemmeno io faccio più caso.
    Ti ho scritto un messaggio, non ricordo esattamente le mie parole, ma ricordo le tue:
    “Tedia pure quando vuoi”.
    Dev’essere stato quel “tedia” a farmi perdere di nuovo nel labirinto del lessico e della sintassi, e vedi bene che è stata colpa tua, che chissà da dove ti è venuto lo slancio di offrirmi il tuo aiuto, dopo quasi dieci anni che non ci incontravamo più nemmeno per strada.
    Non ci potevi pensare vent’anni fa?
    Allora avevo solo bisogno di te, insieme al tuo lessico e alla tua sintassi e al tuo 4 con la stanghetta intera.

    Non posso fare la cronistoria di tutto quello che ci siamo detti e scritti in questi anni, soprattutto in quest’ultimo anno, da quel primo “tedia pure quando vuoi”.
    A dire il vero l’ho fatta la cronistoria, scritta e cancellata decine di volte, novella Penelope della telematica (Telemaco del resto…) e non so cosa ne ho dedotto, non so cosa ne ho capito.
    Ieri però mi hai scritto un messaggio, era il tuo compleanno, e io ti ho mandato i miei auguri, e la tua risposta è stata sorprendente.
    Niente di particolare il contenuto: rispondi puntuale alle mie battute, come in un’ordinanza di custodia cautelare, ma qualche secondo dopo mi scrivi un’altra cosa, come se ti fosse venuta in mente all’improvviso: mi ringrazi, perché i miei messaggi ti infondono sempre fiducia e buon umore nonostante tutto.
    E concludi con: “E’ bello!”
    E’ stato il punto esclamativo a colpirmi e continua a scaldarmi il cuore quando ci penso, perché tu non sei tipo da esclamazioni, e le interiezioni le usi raramente, perché le emozioni sono bandite dalle tue comunicazioni con me, come pure i punti di sospensione.
    Però questa volta hai usato il punto esclamativo.
    E sarà un’idea ridicola e assurda, come tante che mi attraversano spesso in un lampo, eppure oggi penso che davvero un po’ tu abbia imparato, in questi anni, a volermi bene.
    E spero mi basti.
     
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    “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.” Albert Einstein

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    hai fatto bene a postarlo anche qua.
    Un bel monologo con te stessa,
    un'attesa di anni coronata da un punto esclamativo.
     
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    Grazie del commento Stone, in realtà il titolo originario - più preciso ma meno evocativo di questo - era : Punteggiatura.
    Ciao! :)
     
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    Una storia d'amore basata sulla grammatica. Originale!
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    Grazie Lady, felice che ti sia piaciuto! :)
     
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