Il rifugio dello scrittore

Passi nella galleria

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    L'automobile del signor Ianni, una Ford Focus segnata dal tempo, viaggiava a velocità smisurata sull'autostrada A24.
    Era una mattina grigia e umida: il sole affiorava debolmente dietro le montagne, mentre una nebbia sottile sottile si era levata da terra e nascondeva il cielo. Il signor Ianni era un uomo di bassa statura, con capelli radi e baffi cespugliosi e una carnagione così pallida da farlo sembrare una cadavere pronto alla decomposizione. Era un tipo assai sbadato, ma manovrava il proprio mezzo con assoluta sicurezza, tanto che in poco tempo si ritrovò a tre quarti dell'autostrada, ovvero dove sorgeva il famoso traforo del Gran Sasso.
    Il traforo del Gran Sasso, l'ostacolo più imponente per ogni autista: si tratta di un tunnel stradale lungo dieci chilometri circa che passa sotto il massiccio del monte da cui prende il nome, e quando l'uomo scorse in lontananza il pertugio scuro di forma semicircolare che stava a indicarne l'ingresso, una goccia di sudore cominciò a rigargli la fronte.
    Aveva già affrontato in passato quella galleria, ma ogni volta era come se fosse la prima perché, secondo il pensiero del signor Ianni, non si poteva mai sapere che cosa nascondesse una traversata così intensa e, a prima vista, interminabile. L'automobile correva e correva, poi l'uomo decise di diminuirne l'andatura, sollevando leggermente il piede dall'acceleratore: si trovava ormai di fronte alla bocca del traforo del Gran Sasso. I cartelli avvertivano i passanti sulla lunghezza del tunnel. Il signor Ianni deglutì, esitò un attimo, infine fu inghiottito come tutte le automobili dall'oscurità della galleria.

    L'interno non era poi così buio e tetro: delle luci artificiali, appese al soffitto a intervalli piuttosto regolari - alcune non funzionavano alla perfezione - illuminavano la strada sottostante. il signor Ianni si osservò intorno: le pareti del tunnel, verso l'alto, curvavano. Come ogni altro tunnel, insomma, eppure l'arco pareva più piatto, quasi schiacciante, e la cosa lo rese nervoso. E se il peso della montagna non fosse scivolato regolarmente ai lati della struttura, cominciando a pressare e facendo prima o poi crollare tutto? Ed ecco che un rumore sinistro echeggiò da sotto l’asfalto, simile a uno scoppio. Stava per andare in paranoia, e le sue pupille divennero presto offuscate dal terrore che potesse capitare qualcosa di catastrofico.
    L'automobile giunse, dopo dieci minuti circa, alla fine della galleria ma... dov'era la fine? Il contachilometri sul pannello segnava la strada percorsa da quando aveva fatto il suo ingresso nel traforo del Gran Sasso: il signor Ianni era un tipo previdente, voleva rimanere il più sereno possibile durante la traversata, eppure questa volta era successo qualcosa di veramente strano poiché il numero di chilometri avanzava sempre più, superando quelli della lunghezza del tunnel. Dov’era finito, verso cosa stava viaggiando ora?
    Il signor Ianni non sapeva bene cosa fare. La prima cosa che gli venne in mente fu di fare manovra e tornare verso l’entrata, tenendo sempre conto dei chilometri ma, quando finalmente pensò di averla raggiunta, questa era sparita. Era rimasto prigioniero della galleria.
    Al pensiero di essere bloccato lì dentro per chissà quale motivo, le lacrime presero a scendergli dagli occhi. Gridava e imprecava, ma tutto questo non lo aiutò a sentirsi meglio né a trovare una risposta allo strano quesito. Cosa diavolo poteva essere successo?
    L’uomo uscì dall'automobile e gridò ancora e ancora, finché la sua rabbia non cessò in un violento impeto di tosse. Si accasciò sul cofano, stringendosi il petto con una mano...

    A un certo momento, quando la fine sembrava ormai giunta, la voce di qualcuno raggiunse i suoi timpani. Era fioca, ma comunque distinguibile:
    «C'è nessuno... uno... uno... uno?»
    Il signor Ianni si levò prontamente in piedi, ristabilendo i contatti con la mente.
    «Sono qui, segui la mia voce!» rispose, mentre le luci cominciarono a sfarfallare. «Merda!»
    «Tranquillo, è tutto sotto controllo».
    I faretti si spensero, uno a uno, e il signor Ianni era già immerso nel buio più completo quando un fascio luminoso gli venne puntato in faccia.
    «Tieni, ho una torcia anche per te».
    Il tizio era vestito di una tuta gialla che lo ricopriva per intero e un caschetto munito di visiera che lasciava intravedere la sua faccia. Era scafandrato come nei film di fantascienza dove gli scienziati lavorano a qualche esperimento tossico o radioattivo. Era un poco buffo, e anche grassoccio.
    «Tu chi sei?»
    «Lavoro qui dentro. C'è un laboratorio sotterraneo, non lo sapevi?»
    «No...» rispose il signor Ianni, quasi volendosi scusare di questa suo mancato sapere.
    «Devo dirti una cosa, ma dovrai cercare di rimanere calmo. Non spaventarti... » disse il tizio grassoccio a bassa voce, mentre il signor Ianni tremava di paura. «Uno dei nostri esperimenti è fallito, e a causa di ciò è stato aperto un portale interdimensionale... I miei compagni sono tutti morti».
    Il signor Ianni si prese qualche istante per realizzare. Poi, gli occhi lucidi e il viso più pallido che mai, disse:
    «Non-non-non ti credo! Che diavolo stai blaterando, che diavolo stai blaterando?! Prima l'uscita c'era, ora non c'è più, e io son sicuro che qualcos'altro...»
    «Zitto!» intervenne il tizio grassoccio con la sua voce ovattata. Il signor Ianni non riuscì a concludere il proprio ragionamento poiché dei passi cominciarono ad avvicinarsi ai due superstiti. Erano passi duri e pesanti, di qualcosa che non poteva essere umano.
    Si nascosero dietro l'automobile e spensero le torce. La cosa, che si muoveva nell'oscurità, ruggì ferocemente.
    «Che diavolo succede, che diavolo succede?!» moriva di paura.
    «Zitto!»
    Poi l'asfalto fu percosso con violenza; il colpo fendette l'aria - i due poterono udirlo prima che raggiungesse terra - e tutto quanto venne fatto tremare, come durante una scossa di terremoto.
    «Che diavolo sta succedendo?!»
    L'automobile fu lanciata via, contro una parete, e l'uomo, impaurito, scorse involontariamente il corpo della creatura: era un orrore di muscoli, con il vaso glabro e venoso, e una lingua chilometrica fuoriuscì dalla sua bocca lasciandone intravedere i denti aguzzi.
    «Oddio, oddio!» urlò, mentre il soffitto cedeva, come nelle sue peggiori paure.
    Il mostro afferrò il tizio grassoccio e gli morsicò un braccio, facendo spruzzare il sangue da tutte le parti. Poi il cemento sopra di loro crollò, e tutti e tre vennero investiti da una valanga pesante una tonnellata.
     
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    ehm... che ansia :o:
    L'idea è buona ma la scrittura non mi convince. Talvolta sembra che tu stia raccontando una storia agli amici del bar, più che scrivendo un racconto, non so se riesco a spiegarmi: L'automobile correva e correva, poi l'uomo decise di diminuirne l'andatura, sollevando leggermente il piede dall'acceleratore... Io metterei: L'uomo sollevò il piede dall'acceleratore per diminuire l'andatura. fu di fare manovra e tornare verso l’entrata, fu di invertire la marcia.
    La parola morsicò mi piace poco ma è un parere personale. e tutto quanto venne fatto tremare e tutto quanto tremò.
    Merita una buona revisione :)
     
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    Grazie Tramontana, il tuo parere è stato importante per me. Ti ringrazio per le sottilineature e i suggerimenti costruttivi.
    Li inserirò presto nel racconto. :)
     
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  4. Liborio
     
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    Non mi fanno impazzire questi generi.
    E che li leggi a fa? Sento una domanda.
    Voglio apprendere di più, trovare il ritmo.
    Veniamo a bomba. Le osservazioni di Tramontana mi sembrano pertinenti. Avrei anche inserito il motivo per cui Ianni si trovava su quella autostrada, forse un particolare che renderebbe. Ma non sono esperto di horror, voglio dire non so se certe azioni sono da descrivere e definire.
    Ma in generale non mi dispiace il modo di narrare.
    Perdona, se puoi, l'ignoranza e l'incursione.
     
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    “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.” Albert Einstein

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    gradevole nella lettura e aggiustato il tiro come suggerito
    da Tramontana diventa un belracconto.

    Mi ha fatto venire in mente una serie di telefilm di alcuni anni fa (tanti)
    in cui acceadevano situazioni assurde e grottesche, tipo quella che hai raccontato.

    La serie si chiamava "ai confini con la realtà"
    Una serie mitica, ai più giovani il consiglio di vederne qualche episodio...

     
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4 replies since 10/11/2017, 11:28   55 views
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