Il rifugio dello scrittore

Penna contro Penna I

Quattro racconti inediti da leggere!

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    Verona

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    21/04/2017


    Carissimi,

    qualche settimana fa mi sono divertito a punzecchiare un po' di utenti; li ho incitati alla scrittura di un racconto libero, ma non troppo... Dovevano rispettare due obblighi principali, più altri:
    - 17 personaggi obbligatori.
    - 5400 caratteri di massima, senza eccezioni.

    Di mia iniziativa, ho scelto una giuria, composta da:
    al44to (perché è un maestro, in ogni cosa che fa)
    Artemis. (perché è una persona a cui mi affiderei per qualsiasi cosa, persino che mi facesse una puntura con un ago lungo un metro)
    EmmeTi (perché quando scrive è meticolosa, attenta, precisa, con uno stile introspettivo, oppure - parimenti - "a muso duro"; la sua scrittura è sempre lineare, concreta, verosimile e scorrevole, anche quando usa lo stile in vera prosa, quella che si presterebbe alla recitazione teatrale)
    Mamma Lupa (perché è l'altra mia figlia virtual-adottata...)
    Tramontana (perché scrive in modo creativo, sa inventare anche l'inimmaginabile, abile nei colpi di scena, coinvolgente se scrive i sentimenti, le sensazioni; sa trasmettere "da testa a testa")

    Dopo aver inviato - in pieno anonimato in fatto di autori - i testi che ho ricevuto dagli sfidanti, ovvero da:

    Showmaster
    stoenestein
    Srtefano94
    KISHUSEIKO



    i giurati si sono svenati alla velocità del fulmine e hanno espresso i loro voti in segretezza e in isolamento dagli altri giurati.

    Ecco il documento consegnato ai giurati: (posticcio significa che ora il nome c'è, ma quando ho dato il doc ai giurati c'era soltanto il codice alfanumerico).

    Signor/ra giurato/a, hai sei parametri coi quali giudicherai in piena segretezza e isolamento dagli altri, che sono questi:
    1 verosimiglianza dei fatti inventati (leggi: credibilità delle situazioni, anche se si tratta del fantasy più sfrenato)
    2 congruenza tra i fatti
    3 originalità delle situazioni ei fatti esposti
    4 forma di esposizione (grammatica, tempi verbali, interpunzione, ortografia, sintassi generale e lessico)
    5 suspense percepita
    6 senso di appagamento al momento del finale

    Ogni singolo parametro ha un voto minimo (2) e uno massimo (12). Assegna il tuo voto voce per voce, in tutti i sei parametri; fallo in rosso.

    INIZIO DEI TESTI


    COD: N703£HJfKs3 (posticcio: Showmaster)
    Un mazzo di guai
    Le fronde dei rigogliosi boschi della regione del nord frusciavano, sferzate dal vento fresco. Lo sfarzoso e possente castello che sorgeva lì, tra le conifere, si stava preparando ad accogliere una delle riunioni più importanti. Il frutto di quell’assemblea avrebbe probabilmente determinato l’esito della guerra in corso. Nella sala centrale del primo piano, i due ostaggi erano inginocchiati al cospetto dell’enorme e dorato trono del vecchio Re dei Diamonds, affiancato dalla seduta più modesta riservata alla Regina.
    I restanti dieci membri del seme Diamonds erano sparpagliati alle spalle dei prigionieri, in attesa dell’inizio del processo.
    – Cari compatrioti, vi ringrazio per essere tutti qui presenti per questo dibattito da me indetto – esordì il vecchio re, con voce roca, attirando l’attenzione di tutti. – Come ben sapete, la guerra che sta imperversando non volge a nostro favore. Tuttavia, durante l’ultima battaglia contro gli Spades delle regioni montuose dell’ovest, questi due soggetti sono stati acciuffati dal nostro eroe Asso – indicò un prestante giovane inclinando lievemente lo scettro.
    – Immagino che tutti conosciate i nostri due sgraditi ospiti.
    – Oh, io lo so benissimo chi sono! – esclamò un bambino con voce stridula. – Sono Jolly Nero e Jolly Rosso, vero?
    – Esattamente, piccolo Due – rispose il re ridacchiando tra i folti baffoni.
    – È inutile che ti vanti – disse stizzita una bimba affianco, squadrando il piccoletto che si beava della bella figura che aveva fatto. – Tanto anche io lo sapevo.
    – Ora, dati i miei ottantasei anni suonati – riprese il Re – Ho bisogno dell’aiuto di tutti per capire quale di questi due aveva preso le sembianze di Quattro al fine di uccidere a tradimento il nostro amico Otto.
    – E perché mai dovremmo giustiziarlo? – ribatté una ragazza bionda, accostata alla parete. – Meglio così, Otto era innamorato del mio Quattro, per quanto mi riguarda mi ha solo tolto un impiccio!
    – Sei! – la sgridò presto un ragazzo circa della sua età. – Otto era solo un ragazzo, ed era comunque parte dei Diamonds – Le si avvicinò per darle una carezza. – E poi, sai bene che non potrei mai tradirti.
    – Basta con le smancerie! – strillò la regina, irritata, per poi soffiarsi il naso. – Mi fate tornare in mente il mio ex marito – si interruppe per asciugare qualche lacrima, poi sfoggiò uno sguardo inceneritore. – Sarà stato sicuramente lui, il re degli Hearts, a far a uccidere Otto, per farmi un ulteriore torto! Bastardo dentro com’è…
    – Mi dispiace deluderla, maestà – intervenne Jack, la guardia reale, inginocchiandosi a fatica per via della pesante armatura argentea. – Ma il territorio degli Hearts è a sud, nella regione delle sabbie calde, non avrebbero mai potuto inviare un Jolly senza che uno degli altri semi lo intercettasse.
    – Come osi dubitare delle potenzialità di un Jolly? – protestò il prigioniero in rosso. – Se volessi, potrei benissimo attraversare l’intera regione di Cards senza che nessuno mi riconosca!
    – Cosa aspettiamo? – si lamentò un giovane soldato biondo seduto in fondo alla sala, intento ad ammirare la lucentezza di un gioiello. – Non è ovvio che sia Jolly Rosso il colpevole? Già al momento della cattura si vantava di quanto fosse stato bravo
    – Non sia così affrettato, sir Sette – rispose un uomo in una grande veste rossa, con le mani dietro la schiena. – Ricordi che i Jolly non sono che fanfaroni, quel che dicono sono spesso fandonie.
    – Ha ragione – intervenne una ragazzina dall’aspetto trasandato, con una grossa ascia sulla spalla. – Nove è un alchimista, lui ha sempre ragione. Sette pensa solo ai soldi e ai suoi innumerevoli e rivoltanti oggetti preziosi. Di conseguenza il colpevole è Jolly Nero il timidone, no?
    – Oh, che carina, vuoi salvarmi? Mi fai venire il batticuore. – ridacchiò Jolly Rosso.
    – Non ci pensare nemmeno – ribatté Cinque. – Che schifo! A me gli uomini non piacciono.
    – Posso intervenire? Fare mosse non ben ponderate potrebbe rovinarci tutti. – un barbuto uomo canuto si fece avanti, muovendo passi nel suo saio.
    – È proprio lei che volevo sentire, Dieci – disse il Re. – La ringrazio per essere venuto fino a qui apposta.
    Il frate annuì, poi si voltò a spiegare.
    – In tutto questo tempo passato da eremita ho appreso quanto il potere dei Jolly sia temibile e straordinario al tempo stesso. Se uccidessimo un Jolly innocente, l’intero seme verrà distrutto dal suo potere; se a morire fosse il Jolly che ha ucciso il nostro compatriota, mentre serviva un seme nemico, saranno i membri di quel seme a scomparire. Ciò significa che il successo ci porterà verso la vittoria, mentre l’errore a morte certa.
    L’aria si fece tesa e densa di nervosismo generale.
    –Tuttavia non sappiamo quale Jolly stia servendo gli Spades in questo momento, poiché non si sa quando essi cambiano schieramento e come scelgano il successivo…
    – Ottime notizie! – esclamò Asso. – Il Rosso, che prima era da noi, si è poi unito agli Spades, quindi probabilmente si tratta di lui!
    – Non così in fretta – intervenne Nove. – Dai miei studi è emerso che a influenzare il cambio di seme dei Jolly è l’interazione delle molecole chimiche della sua aura con quelle dell’aura di chi incontra. E siccome sappiamo che non molto tempo fa gli Spades hanno incontrato i Clubs, può darsi che il Nero, che prima stava con i secondi, sia passato ai primi.
    – Concordo, e poi il Rosso non avrebbe potuto restare per così tanto tempo in mano agli Spades. Avrà sicuramente cambiato in questi mesi! – disse Cinque.
    – Non possiamo basarci su semplici supposizioni! – si ribellò Quattro. – Sarebbe molto più saggio affidarsi a ciò che sappiamo e cioè che il Rosso è stato sotto l’ala Spades!
    – Non abbiamo scelta, ci toccherà procedere democraticamente e votare per giustiziare Jolly Rosso o Jolly Nero.
    Tutti ammutolirono. Il Rosso sghignazzava divertito, mentre il Nero era silenzioso, paonazzo e terribilmente imbarazzato da tutti quegli occhi puntati su di lui.
    – Procediamo, e che possa la dea Briscola far sì che si faccia la giusta scelta!
    Il Rosso uscì dal castello Diamonds, tirando un sospiro di sollievo.
    – Ci è mancato poco che mi facessero fuori. Hanno fatto un ragionamento corretto, ma non hanno afferrato che entrambi i Jolly appartenevano agli Spades – si abbandonò a una sonora risata, per poi avvolgersi in una luce. Pochi istanti dopo, ecco il suo aspetto diventare identico a quello di Jolly Nero.
    – E ora… Chi scoprirà mai quale dei Jolly è rimasto in vita? Ricordate semi, l’apparenza inganna!


    COD: P8shRaH4 (posticcio: stonestein)
    Social Asocial
    Una tenue luce filtrava attraverso le veneziane abbassate sui finestroni alle spalle dei giurati.
    Tom, l’avvocato della difesa li stava osservando uno ad uno, cercando di penetrare nelle loro menti.
    Si soffermò su una donna sulla cinquantina, volto scavato, espressione arcigna e con gli angoli della bocca solcati da una smorfia. Teneva le mani giunte quasi fosse in preghiera, tentando invano di nascondere il segno recente lasciato da una fede non più portata al dito.
    – sicuramente una divorziata che si vergogna di essere tale – pensò
    Al suo fianco un vecchio con aria smarrita, e Tom si chiese come si potesse pretendere un giudizio da un quasi novantenne la cui unica preoccupazione era quella di arrivare vivo alla fine della giornata.
    Immediatamente dietro loro un uomo sulla trentina; intravedeva lo sguardo timoroso di chi combatteva contro sé stesso per non scappare. Tutta quell’attenzione, quell’essere al centro della scena lo metteva in palese disagio e agitazione. Si strofinava nervosamente le mani probabilmente sudaticce.
    Un colpo di tosse calamitò la sua attenzione verso un faccione rubicondo, seminascosto da un cappello a larghe tese, stile cow-boy. Nella mano grassoccia, con i salamini delle dita cinti da vistosi anelli d’oro, reggeva un sigaro cubano di marca, fortunatamente spento. Tom, riconobbe un “Behike”, roba da quasi quattrocento euro l’uno. Sorrise pensando che una persona che poteva permettersi di fumare quella roba, sicuramente era giunto in quell’aula a bordo di una Cadillac con sul cofano delle corna di toro e le maniglie d’oro massiccio.
    Davanti a lui, un individuo stravaccato sulla sedia, che mentre masticava rumorosamente un chewingum a bocca aperta, si rivolgeva con spocchia ai vicini.
    – mi hanno convocato perché sanno che ho una vasta esperienza in queste cose e sono il più indicato tra di voi. Il migliore! – lo udì affermare
    Tom si lasciò andare alle sue considerazioni – una giuria di frustrati per un caso così delicato…
    Era così concentrato che quasi non si accorse che il buon vecchio John, il poliziotto presente al processo, con voce autorevole urlò per farsi sentire.
    – Signori, in piedi! Entra la corte! – aggiungendo di suo – e un po’ di silenzio, per cortesia!
    Tom ridacchiò sotto i baffi.
    Di li a poco, il processo ebbe inizio.
    Robert e Alice correvano felici nel cortile dell’oratorio di Don Chris.
    A otto anni tutto è gioco, tutto è innocenza pura, Il mondo e la vita sono meravigliosi a quell’età.
    Meravigliosi fino a quando…
    – Robert cos’hai oggi? –
    Lo vedeva triste, senza il suo solito sorriso solare.
    Solo dopo tantissime insistenze Alice riuscì a incunearsi nel suo cuore ferito.
    — No, — disse tra i singhiozzi Alice – Don Chris non può aver fatto questo!
    Mantennero il loro segreto sentendosi così sporchi che nessun sapone poteva lavar via quello schifo.
    Tom vide l’avvocato dell’accusa.
    Lo conosceva molto bene, un bastardo che non si faceva scrupoli calpestando tutto e tutti.
    Si avvicinò minaccioso a Robert, ora ventenne, seduto con aria assente sul banco degli imputati.
    — Hai ucciso quel sant’uomo di Don Chris. Nella tua perversione hai tentato di adescare il Don, e quando lui ti ha allontanato lo hai ucciso!
    Alice, presente in aula si alzò di scatto urlando – Falso, non è vero, è Robert la vittima di quel porco!
    – Zitta tu! Sei una lesbica perversa degna del tuo amichetto gay! – fu la pronta reazione del bastardo.
    George e Sara, due adolescenti nei social di internet, furono colpiti dalla loro vicenda confessata in sfogo, nel luogo forse meno opportuno. Per un gioco di cui presto persero il controllo cominciarono invece di confortarli, a tormentarli.
    Robert fu la preda predestinata.
    – Ah Ah Ah, finocchietto, ti sei fatto il prete, vero? Ti piaceva farti toccare e sentirglielo crescere e spingere dentro i calzoni! Ti ha ucciso l’anima e merita la morte! Ammazzalo, ammazzalo, ammazzalo!
    Quelle parole rimbombavano nel cervello di Robert ossessivamente, ogni pagina che lo riguardava sul social gli urlava: ammazzalo, ammazzalo, ammazzalo! Tutti ridevano di lui, decine, centinaia, migliaia di followers.
    Un giorno incontrò per caso Don Chris, dopo anni che non lo vedeva.
    Appena lo vide, il suo cervello fu squarciato da un urlo: ammazzalo, ammazzalo, ammazzalo!
    Era il momento di Tom.
    Chiamò come teste un grande esperto in informatica e rapporti con i social media.
    — Si avvocato, confermo la mia perizia. Robert è vittima di cyberbullismo.
    — E quindi? – e Tom si voltò verso i giurati come se stesse aspettando da loro una reazione.
    — Posso confermare senza ombra di dubbio che Robert è stato istigato dal branco a commettere l’omicidio.
    Tom sferrò il colpo finale.
    – E’ in grado di indicarci da chi proveniva…
    – Senza ombra di dubbio!
    Il perito si voltò di scatto verso George e Sara, indicandoli con il dito teso come fosse un fucile e premendone il grilletto affermò:
    – Loro!
    I due, che al colmo della loro presuntuosa onnipotenza si erano recati in aula per godere in pieno della bravata, furono colti di sorpresa.
    Dalla giuria si levò all’unisono un – Ohhh! — di stupore.
    Ma ciò non valse l’assoluzione di Robert, che fu condannato a trent’anni per l’omicidio del Don.
    Fu condotto in carcere da un John consapevole in cuor suo delle attenuanti non concesse al ragazzo.
    Alice rivolgendosi a Tom – Avvocato, lei è stato per me un grande eroe, ma questo non ha potuto modificare il verdetto ingiusto, una sentenza che non ha lasciato spazio a quello che ci ha rovinato la vita per sempre, e…
    Tom le posò dolcemente il dito sulle labbra per tacerla.
    – Ssst, non disperarti, faremo ricorso! – abbracciandola forte con il suo rassicurante sorriso.
    La guardia carceraria osservava Robert dallo spioncino.
    Provava una gran pena.
    – La vita è stata crudele con lui – pensò – Si è chiuso in sé stesso come un eremita, quasi a voler espiare colpe non sue ma diventate tali. In fin dei conti quella persona ha avuto il fatto suo, e chissà quanti Robert si stanno tormentando in questo momento nel mondo.
    Il ricorso si ebbe due anni dopo.
    A Robert vennero riconosciute le attenuanti e la pena ridotta a sette anni.
    Al prete, anche a seguito di altre denunce arrivate dopo l’ondata mediatica sollevata dal processo, furono addebitati reiterati episodi di pedofilia.
    George e Sara furono indagati per istigazione all’omicidio e a loro volta erano in attesa di essere citati a giudizio.
    Alice attese con il cuore gonfio di gioia il momento del ritorno del suo amico e platonico compagno di vita.


    COD: P89ekjH6349 (posticcio: Stefano94) (((per Artemis.: utente potenzialmente recuperabile sebbene mooolto assente)))
    L’ultima battaglia
    Disteso sull’erba, assaporavo il vento mentre mi accarezzava il viso.
    Guardavo gli alberi di ulivo, verdi e rigogliosi con le loro strane forme e contorsioni, davano ospitalità a tutti, nessuno escluso; e la natura tutta usufruiva di questa loro benevolenza, rispettandoli e a volte forse anche temendoli. I rami impetuosi ormai carichi di olive fungevano da ombra e mi permettevano di rilassarmi per qualche minuto dai forti e carichi raggi di sole, che in questa arida terra non perdonano e la fanno da padrone. Tutti si piegano al caldo torrido, tranne appunto, gli alberi d’ulivo.
    Poco distanti da me due bambini giocavano a rincorrersi e ad arrampicarsi sui rami di qualche fusto secolare. Sembrava come se i robusti tralcili reggessero e accompagnassero nella loro esplorazione come farebbero allo stesso tempo le mani benevole di una madre e quelle forti di un padre.
    Le persone iniziarono ad arrivare, vidi gente di tutte le età e classe: un ricco borghese in abiti signorili, una coppia etero e una omosessuale poco più che maggiorenni, un prete, un vecchio... E presto non mi sentii più solo, se mai lo fossi stato, dato che la compagnia della natura era più che sufficiente.
    Presto delle persone si avvicinarono a me. Era sceso dalla collina persino Giovanni, uno scorbutico agricoltore un po' antipatico a tutti che pensava tutto il giorno solo alle sue pecore e capre. Un altro ragazzo in forze e di bell’aspetto si inginocchiò su una gamba sola accanto a me e disse:
    –Sai che è pericoloso stare qui vero? Tra un po' arriveranno e faranno ciò che devono
    – Lo so – risposi ¬
    – Bene, ma a quanto pare non sei solo
    A quel punto una donna triste, malinconica e visibilmente stressata si avvicinò e disse che lo faceva per i “bambini, per il futuro”. Aveva divorziato da suo marito un anno prima e sapeva che lui sarebbe stato “dall’altra parte”, un vero stronzo insomma.
    Mi distesi nuovamente sull’erba a rimuginare. Tutta quella gente era veramente venuta a rischiare la propria vita?Essere schedati per sempre dal partito e rischiare probabilmente di finire in carcere fino a data da destinarsi. Per me l’esistenza da clandestino era normale, di routine, ma per loro? Forse avevo esagerato, non avrei dovuto coinvolgere tutte queste persone in questa storia assurda.
    Iniziarono a sentirsi in lontananza i rumori dei carri in avvicinamento e si poteva nettamente distinguere il gran polverone generato dalle ruote possenti, a bordo militari armati fino ai denti e burocrati da quattro soldi.
    Circondarono presto il perimetro della campagna e puntarono le loro armi ipertecnologiche contro chiunque.
    Appollaiato su un albero però un ragazzo sghignazzava fragorosamente fino ad innervosirmi;
    – Cos’hai da ridere?– dissi con tono deciso e quasi minaccioso
    –Le loro armi ormai non sono altro che scheletri di metallo senza vita
    –T–tu, sei riuscito a disattivarle???– Ero sbalordito, questa nuova generazione di ragazzi era fuori dal comune, e nessuno in trent’anni di regime aveva mai osato o riuscito a fare una cosa simile.
    –I tempi stanno diventando maturi– pronunciò un vecchio arrivato chissà come accanto a me, e a quel punto mi feci forza e gridai:
    –ANDATEVENE! OGGI QUI NON DISTRUGGERETE NULLA!
    La risposta non tardò ad arrivare, e la donna riconobbe subito nella voce il marito che a suo dire era solo un fanfarone:
    –Avete dieci minuti per sgomberare l’area! Gli alberi devono essere abbattuti per la collettività, sapete bene che nelle città non è più ammessa alcuna forma di flora naturale, i pannelli solari che costruiremo convoglieranno l’energia raccolta da quest’area per il fabbisogno del popolo! E gli alberi diventeranno combustibile per i più bisognosi!
    –MAI, QUESTI SONO GLI ULTIMI ULIVI RIMASTI NELL’INTERA NAZIONE! DOVRETE PRIMA PASSARE SUL MIO CADAVERE!
    I militari scesero in fretta dai carri e si misero a cercare tra di loro un superiore, mormoravano qualcosa tra di loro, un nome forse, che risuonava come una campana incutendo stima e timore.
    Un panciuto generale si fece quindi spazio tra la folla, indicando con il dito l’audace ragazzo che aveva osato gridargli addosso
    –Oggi signori, avremo l’onore di uccidere nientepopodimeno che l’inafferrabile KOBA!
    Tutti, nessuno escluso, rimasero esterrefatti. Ne avevano sentito parlare, ma credevano fosse un’invenzione del regime e quasi nessuno dei presenti lo aveva probabilmente mai visto in faccia, perfino i bambini avevano udito il suo nome almeno una volta. KOBA, il sedicente capo della rivoluzione era qui, da solo a difendere l’ultimo stralcio di natura del paese.
    I soldati erano a loro volta sorpresi, negli ultimi tempi l’organizzazione clandestina “Hope” era stata decimata ma non avrebbero mai pensato di prendere così facilmente il pesce più grosso di tutti.
    Il generale fece segno di far fuoco,ma le armi che erano state precedente disattivate fecero cilecca.
    Fu a questo punto che Koba si guardò intorno, apri il giaccone e mostrò a tutti cosa nascondeva: il suo torace era totalmente ricoperto di dinamite.
    –Si, forse oggi morirò ma porterò via con me voi porci bastardi!
    Colte visibilmente dal panico le persone intorno a lui si allontanarono, i bambini si nascosero tra gli alberi cercando ancora protezione dietro quegli ulivi con cui avevano amorevolmente giocato poco tempo prima.
    Il prete iniziò a pregare, inchinandosi di fronte al suo Dio, e così fecero i credenti presenti.
    I più giovani si strinsero invece intorno a Koba, e un ragazzo che fino a quel punto era stato in silenzio gli rivolse per primo la parola dicendo:
    – Potrebbero morire tanti innocenti con questo tuo gesto, lo sai vero?
    – A volte bisogna fare dei sacrifici per una causa più grande
    Il suo volto si indurì come quello dei soldati che intanto avevano tirato fuori le loro spade.
    –Noi non temiamo la morte!– Gridò il generale e tutti si scagliarono ferocemente contro di lui.
    Una lacrima solcò visibilmente il volto di Koba che si lasciò cadere all’indietro per posarsi nuovamente sul prato, forse per l’ultima volta.



    COD: L0sWpL2m (posticcio: KISHUSEIKO)
    Gli ultimi profeti
    Avanzando a fatica, padre Ryley cercava di ignorare gli insulti e le spinte che i manifestanti per i diritti dei gay, ragazzi e ragazze di ogni età accalcati nella piazza antistante l’istituto San Cassiano, gli riservavano. Certo, in una città di provincia come Mercy, così distante dal do ut des delle grandi Capitali del potere politico e religioso, probabilmente era solo l’abito talare, simbolo stesso della presenza della Chiesa, ad aizzare le reazioni scomposte dei giovani che con cadenza settimanale e motivazioni sempre differenti, si radunavano in quel luogo.
    Avendo vissuto isolato dal mondo per quasi diciotto anni, come una sorta di eremita, Ryley sapeva reagire in modo quasi ascetico alle provocazioni del mondo civile e nonostante l’esile corporatura, resisteva alle percosse con inaspettata fermezza. In ogni caso, un intervento da parte degli unici due agenti, presenti esclusivamente per obblighi di servizio e visibilmente disinteressati alle intemperanze dei manifestanti, sarebbe stato da escludere.
    Guadagnato l’ingresso, ebbe come un sussulto, forse a causa del surreale silenzio, rotto solo dalla registrazione di un coro gregoriano che si diffondeva nei corridoi, o forse per l’essere tornato nel luogo della sua prima assegnazione. Non era stato scelto a caso per quell’incarico e gli ordini ricevuti dalla Curia erano precisi: incontrare alcuni ragazzi del liceo locale e valutare la natura della loro particolare capacità. I giovani infatti, da qualche mese facevano lo stesso sogno ricorrente, tanto strano da attirare l’attenzione della Chiesa.
    I tre studenti erano già nell’ufficio di padre Ryley ed entrando, al religioso bastò un attimo per intuire il loro disagio. Uno dei due maschi, Luke, continuava a strofinarsi nervosamente le mani, cercando goffamente di combattere la sua profonda timidezza. L’altro, Ducky, stava a braccia conserte con l’espressione accigliata e in mezzo a loro sedeva Silvy, la più giovane, nel cui sguardo era possibile scorgere l’imbarazzo provocato dal trovarsi in quel luogo. Sedendosi sulla scrivania per dare un tono informale a quell’incontro, il prete li fissò.
    – Sapete perché siete qui?
    Luke e Silvy si limitarono ad annuire; Ducky, sbuffando, decise invece di esprimere tutto il suo disappunto.
    – Perché siamo fuori di testa! – sbraitò, gesticolando freneticamente.
    – No – sorrise Ryley – Niente del genere. Siete qui perché vi è stato concesso un dono.
    Attese un momento, poi proseguì.
    – Vedete – spiegò con tono paterno – Voi non siete i primi. Nel corso dei secoli vi hanno chiamati streghe, malati mentali, figli del demonio. In realtà il termine giusto per definirvi è profeti.
    I ragazzi si guardarono l’un l’altro. Ducky scoppiò a ridere e Luke rimase a bocca aperta. Solo Silvy, più pragmatica, cercò di ottenere qualche spiegazione.
    – Scusi, ma non riesco a capire. Lei sta parlando di profeti come quelli della Bibbia? Ma noi abbiamo solo fatto un sogno. Cos’abbiamo a che fare con loro?
    – Voi – rispose Ryley – probabilmente avete fatto il sogno più importante della storia dell’umanità.
    Di nuovo, i ragazzi si fissarono, ma stavolta rimasero in silenzio.
    – Vi va di raccontarmelo?
    A turno, i giovani narrarono di aver sognato di una donna, tradita e abbandonata dal marito, che in un momento di debolezza intrecciò una relazione con un sacerdote, rimanendo incinta. Per evitare lo scandalo, il padre della donna, un magnate arricchitosi sviluppando software, ottenne dalla Curia il trasferimento del prete in una missione nel cuore dell’Africa. Nove mesi dopo, un violento terremoto scosse tutta la regione, e l’ottantaseienne milionario morì nel crollo della sua villa. Nello stesso momento, la donna partorì due gemelli, un maschio e una femmina, destinati a crescere con opposti valori e soprattutto, accogliendo in loro tutto il bene e il male prodotti dalla razza umana. Raggiunta la maggiore età, dal loro scontro sarebbero dipese le sorti del mondo.
    Dopo averli ascoltati, il prete chiese loro di esprimere la propria opinione al riguardo. Luke, spaventato, bofonchiò qualche frase sconnessa, mentre Silvy gli domandò come poteva tutto ciò essere vero. Ryley sfoggiò nuovamente un sorriso, ma non era più quello rassicurante di poco prima. I suoi lineamenti si erano fatti seri e un velo di tristezza sembrò calare su di lui.
    – Perché sono io quel sacerdote. Ero giovane e la mia fede non era ancora così salda. Sono stato allontanato, ma non mi sono stati tolti i voti e solo grazie a questo incarico ne ho compreso la ragione. Come vi ho detto, altri hanno fatto il vostro stesso sogno, ma voi siete i primi a ridosso dell’avverarsi della profezia.
    Ducky scoppiò a ridere.
    – Quindi noi dovremmo credere che l’Apocalisse biblica stia per avverarsi e che tu sia il padre del nuovo Messia e addirittura del Diavolo? E magari anche che sia stato mandato qui per impedire tutto questo, come l’eroe di qualche pessimo film? Secondo me sei solo un fanfarone!
    – Vorrei che fosse così – commentò il religioso.
    – E comunque cosa dovremmo fare noi? Io non ho nessuna intenzione di aiutarti. Tu hai sbagliato quindi il problema è tuo!
    Silvy, bianca in volto, si voltò verso il ragazzo.
    – Se è vero non possiamo infischiarcene! Dobbiamo fare qualcosa!
    Alle sue spalle, Luke annuì.
    I giovani cominciarono a discutere animatamente tra loro continuando a sostenere posizioni opposte, ma non passò molto prima che Ryley li interrompesse. Sollevò un braccio e per la prima volta, si alzò dalla scrivania e si portò alle spalle dei tre.
    – Non ho mai avuto intenzione di chiedervi aiuto. Siete solo dei ragazzi e non avreste mai dovuto essere coinvolti in questa storia. È vero, sono stato io a sbagliare; spetta a me rimediare, ma non certo mettendo in discussione il volere di Dio. Quelli come voi, i profeti, sono frutto del libero arbitrio, un’anomalia che rischia di mettere in discussione il grande Disegno. Il mio compito è di impedire che ciò avvenga. Forse, la maggior parte della gente preferisce chiamarlo fato, ma resta il fatto che per quanto ci si affanni, il destino di ognuno di noi è già stato scritto e non ci resta che accettarlo. Dobbiamo accettarlo.
    Ryley aprì un cassetto ed estrasse una pistola. Tre rapidi colpi rimbombarono tra i corridoi dell’istituto. Nessuno sarebbe accorso. Il loro, di destino, si era compiuto la prima volta che avevano parlato dei loro sogni.
    Subito dopo, si puntò la pistola alla tempia.
    – Io sono Morte, distruttrice di mondi.

    Come è andata a finire?


    Ha vinto il nostro KISHUSEIKO
    Come ricordete, nessuno dei testi è passato dalle mani di alcun editor e dunque i testi sono immacolati, esattamente come li avete consegnati.

    Riapriamo i commenti?



    Gli sfidanti sono stati puniti... ehm... PREMIATI con un libro virtual-sfogliabile, fatto con le mie manone (non uno di quelli con "le pagine a scatto").

    miniAxumViso2
    AxumSpiritoooso


    Ecco un esempio del libro, che però contiene le chicche del maestro Alberto, il nostro al44to:


    Edited by Axum - 30/10/2017, 03:26
     
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    Commenti? Felice di aver vinto, ma dopo questo giro di prova (quattro marionette spaesate nelle mani del burattinaio Axum :D ) le cose si sono fatte serie e tutti gli sfidanti hanno ingranato la quarta!
     
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1 replies since 30/10/2017, 03:03   71 views
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