Il rifugio dello scrittore

Il Beffroi di Crevecoeur

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    "Avanti pelandrone, sveglia!"
    Vandœuvre aggrottò la fronte, tenendo ostinatamente gli occhi chiusi. Sapeva che fingersi ancora addormentato non avrebbe placato la quotidiana, esuberante sveglia di Mathieu... Ma la speranza, come già all'epoca era noto, è dura a morire.
    "Lo so che sei sveglio, scansafatiche di uno scribacchino!"
    La voce simile a un latrato canino del giovane campanaro del beffroi risuonò questa volta particolarmente vicina al suo naso.
    Sconsolato, il poeta aprì di malavoglia un occhio, vedendosi prontamente salutato dal ghigno capovolto di Mathieu.
    "Una mattina di queste spiccherai il volo giù da questo fottuto campanile, sappilo." biascicò scocciato è ancora intorpidito Vandœuvre, mentre l'altro si tirava in piedi ridacchiando di cuore e assumendo da quell'angolazione le sembianze di un gigante burlone di quelli delle leggende fiamminghe.
    Con pochi balzi, suddetto "gigante" si inerpicò sul davanzale della bifora gotica alla destra del pagliericcio di Vandœuvre e ne aprì le imposte, accogliendo la gelida aria invernale nel già non molto caldo ventre del campanile.
    "D'accordo" esclamò teatrale il ragazzo, una mano sulla fronte e una maschera contrita sul volto "se proprio vuoi... Addio, Van!!!"
    E spiccò un salto all'indietro, scomparendo nel vuoto.
    "Addio."
    Vandœuvre stette lì un minuto buono, godendosi ciò che restava del tepore nel suo pagliericcio. Poi, sempre con molta calma, si stiracchiò avvertendo la classica scarica di sollievo al distendersi dei muscoli e delle giunture.
    Si tirò su a sedere, e proprio in quel momento una testa bionda e scarmigliata fece capolino dal davanzale della finestra ancora aperta.
    "Ma... Mi lasci morire così?" pigolò il campanaro risentito.
    "Seguirti non potevo di certo" ribatté pigramente il poeta, cercando a tastoni gli stivaletti e infilandoli sulle calze sforacchiate a dovere da anni di onorato servizio. "Non so aggrapparmi alle guglie con la tua stessa destrezza"
    Gli angoli della bocca imbronciata di Mathieu scattarono immediatamente in su come il largo petto del ragazzo, che con un balzo si issò a sedere sul davanzale della finestra.
    Vandœuvre sogghignò sotto i baffi, mentre si infilava il panciotto anch'esso liso dal tempo e recuperava gli occhiali dal pavimento prima che qualche piede incauto (e magari anche suo) decidesse di porre fine alla loro utilità pestandoli e liberandolo dal supplizio di quelle lenti. Erano la cosa più costosa che possedesse, che diamine! E poi senza di essi non vedeva a un palmo dal naso...
    "Che farai oggi? Andrai avanti con uno di quei sessandodici racconti che hai iniziato o ne comincerai un altro che poi lascerai lì a marcire assieme agli altri?" buttò lì il giovane campanaro, saltando giù dal davanzale e inerpicandosi sulle travi del soffitto alla volta delle corde per suonare le campane.
    Vandœuvre si fermò, la cravatta annodata a metà e le sopracciglia corrucciate.
    "Sessandodici dovrebbe essere un numero?" chiese acido, ricevendo come risposta un sonoro sbuffo.
    "Comunque no, oggi cercherò di terminare uno dei miei vecchi lavori" riprese, finendo di annodarsi la cravatta e accostandosi alla finestra per chiuderla. "Sono certo che rileggendoli riuscir..."
    L'improvviso suono delle campane gli serrò le parole in bocca, invadendo tutta la torre e spandendo i suoi rintocchi regolari e potenti nei cieli di Crèvecœur.
    Il poeta lasciò vagare lo sguardo sulla folla di tetti aguzzi che si stringeva attorno alla torre civica, sovrastata in lontananza dalle due torri e dal tiburio della cattedrale. Pian piano, l'alba affiorava placidamente dalle nubi livide dell'orizzonte lavando via dal cielo l'oscurità della notte appena terminata.
    Uno spettacolo meraviglioso, che già Henry Vandœuvre aveva trascritto in poesia tempo addietro... Peccato che le sue poesie si contassero sulle dita di una mano. Troppo poche per una raccolta. Troppo poche per guadagnarsi da vivere.
    E un sonetto pubblicato di tanto in tanto sulla "Voix de Crèvecœur", il giornale locale, non rendeva come i libri interi che si pubblicavano a Parigi, o come i lunghi ed intriganti romanzi a puntate che si pubblicavano sui feuilletons.
    L'unico romanzo che Vandœuvre avesse mai pubblicato su un feuilleton era durato cinque capitoli. Decisamente troppo poco per un libro.
    "E quindi, imbratta-scartoffie?" lo aggredì alle spalle la voce di Mathieu. "Cerchi quella roba che cercate sempre voi poeti e che non trovate mai? Ma quanto diamine può essere difficile trovarla?"
    Vandœuvre scosse la testa ridacchiando mentre il campanaro accanto a lui strizzava gli occhi per scandagliare il panorama "alla ricerca" dell'ispirazione.
    "Lascia stare, Pan... Torna a casa, ti staranno aspettando..." gli suggerì il poeta sorridendogli affabile.
    Mathieu si batté una mano sulla fronte.
    "Vero! Le galline..." gettò un'altra occhiata fuori e inarcò le sopracciglia. "E poi... Tonaca da beccamorto in avvicinamento!"
    Il campanaro spalancò nuovamente la finestra e si lanciò, atterrando sul pinnacolo sottostante.
    "Ci si vede, scribacchino!"
    Lo salutò con un rapido gesto della mano, poi, simile a un grottesco coboldo, ridiscese lungo la facciata del beffroi balzando agilmente tra guglie, gargoilles, davanzali, edicole e altri pinnacoli fino a terra.
    Vandœuvre lo seguì con lo sguardo mentre atterrava sul selciato imbiancato dalla neve, si rialzava come nulla fosse e si dileguava oltrepassando il carretto di legno di Madame Soléne, la cartomante, e scomparendo nella rada folla dei primi passanti.
    Tra essi, il poeta non tardò a riconoscere la "tonaca da beccamorto" vista da Mathieu poco prima. Dalla cima del campanile le lenti degli occhiali gli descrissero una figura alta e avvolta in un mantello nero simile a un lugubre sudario.
    Vandœuvre sospirò.
    Ecco che arrivava Jacques.
     
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    Madadayo!

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    Bé stavolta non ho proprio niente da dire, se non farti i miei complimenti più sentiti.

    Scrivi davvero bene e, come nel caso di Isabella, si vede che sei molto ferrato sul
    periodo storico (che in questo caso non riesco ad identificare con certezza. Forse
    diciassettesimo-diciottesimo secolo? La location si direbbe essere la Francia, per
    ovvie ragioni di nome del personaggio e il riferimento a Parigi, ma potrebbe anche
    essere un'altra zona francofona)

    Ad ogni buon conto non so se tu abbia ancora pubblicato qualcosa ma dovresti davvero
    provare. Hai talento e questo si percepisce immediatamente.

    Il resto sono pinzillacchere.
     
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    Ti ringrazio moltissimo per i tuoi complimenti Xarthyn!
    L'ambientazione è proprio la Francia del XIX secolo; questo scritto apre in teoria un racconto, che il sottoscritto, proprio come il protagonista, probabilmente non porterà mai a termine... Anche se mi piacerebbe presentare a tutti anche altri personaggi, da Jacques e la sua "tonaca da beccamorto" a Madame Soléne col suo carretto e i suoi tarocchi fino a quei personaggi non ancora citati...
    Ancora grazie per il tuo commento!
     
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    Madadayo!

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    Diciannovesimo certo..avrei dovuto capirlo dal riferimento ai romanzi.

    Mi farebbe comunque piacere poter leggere in questa sezione altri dei tuoi
    pezzi.

    Per curiosità quali sarebbero i tuoi periodi storici favoriti?
     
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    Il Re Cinghiale

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    Buonasera...
    Cavoli, raramente mi trovo in simili ambasce, dovendo commentare un racconto (di regola però se leggo poi mi piace commentare, pardon!;-)

    In effetti trovo che sia un incipit interessante, anche se avrei meglio reso palpabile il periodo storico, laddove... insomma, come diceva il collega, rimane di primo acchito un pochino confuso, tutto sommato.

    Trovo invece (refuselli qui e là a parte e una formattazione da block brezneviano Anni '70... Consiglierei un maggiore uso degli "a capo", sinceramente) trovo invece, come dicevo, molto confuso il dialogo tra i due protagonisti.

    Sarò io che non son bravo a scalare merli e torrette, ma insomma... ci rimetterei un poco le mani, perché a parere mio la stoffa c'è.
    Semmai leggerò qualcos'altro per comprendere meglio la penna dell'Autore.

    Mi scuso, ma sono abituato a dire le cose come le penso e le sento, altrimenti stare in un sito di scritture e di confronto non avrebbe alcun senso, quindi parere personalissimo, sia chiaro;-)

    Grazie e tanti auguri di una lieta Santa Pasqua.
    Andy
     
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4 replies since 17/10/2017, 19:19   41 views
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