Il rifugio dello scrittore

Tutorial - Ampollosità e frasi reboanti

Come (non) scrivere

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    Ampollosità e uso di frasi reboanti
    Le due caratteristiche vanno a braccetto, talvolta si intersecano, talaltra si intrecciano.



    Avete mai ascoltato, nei film in bianco-nero, quegli avvocati che durante l'arringa finale si trasformavano in Omero del Novecento?
    Gli amatori dell'ampollosità parlano, anzi, assaltano il pubblico con frasi altisonanti, che sembrano versi programmati a tavolino.
    Gli ampollosi trasformano la buona retorica, che è l'arte del bel parlare, in un'orgia di parole vuote, utili soltanto all'auto-compiacimento dell'oratore. Sembra di assistere all'attore principale di una greca tragedia.
    Anche la posizione di una parola può generare ampollosità.

    In narrativa è ampolloso tutto ciò che nel testo rappresenta ostentazione e forzature verbose che mirano a ricalcare la presunta conoscenza di forme antiche, desuete, ammantate da caterve di avverbi che terminano in "ente", e infarcite di aggettivi esposti come vagoni di un trenino che trasporta noia.

    Un esempio pratico:
    La chioma fluente della ragazza triste copriva le gote inesorabilmente bagnate dal dolore infertole da quell'uomo rude. Ella (red alert: Essa ed Esso vanno bene per dare pronomi agli animali) sperò per lungo tempo che l'amore infranto potesse viaggiare a ritroso nel tempo, affinché riuscisse ad agguantare i momenti lieti, gli istanti di gioia che si trasformavano puntualmente in estasi, e riportarli lì, in quella stanza buia, cupa come l'abisso che aveva in cuore e ormai silenziosa.
    L'ansia e il dolore per l'amore perduto la straziavano quando inevitabilmente tornava alla realtà, trasalendo e accorgendosi che un altro giorno volgeva già al termine.
    Un'altra mane, figlia di un sole che più non la scaldava, si presentò. La sera sarebbe giunta presto ma per lei era sempre tenebra, da mane a sera: il crudele era lontano, e mai sarebbe ritornato per lenire le ferite profonde di lei.
    Quanto ardore in quei giorni felici, quanto spirito in quelle parole meste, sussurrate al chiarore di quella stessa luna, ora gelida ed estranea.
    ~~~

    E... abbiate fede: il testo sopra, rispetto a cose che ho visto, è ampolloso soltanto un po'.

    Reboante... ante... ante... ante...

    Si stagliava fiero, sul punto più alto della collina. Maestoso e gigantesco, feroce alla vista diurna, inorridente a notte fonda.
    L'acciaio abbondava prepotente sulle travi del grande ponte levatoio. Nell'acqua voraci rettili, lucertole colossali, armate di denti micidiali; stravolte da fame atavica, spaventavano con la voracità orrenda ogni sorta d'altro animale. Guai, terrore e strazio, alle le carni ancora vive dei condannati e degli incauti stolti.
    Giammai il pavido avrebbe sfidato l'esuberanza delle guardie a cavallo di quei destrieri con muscoli vibranti, imbardati con decorazioni agghiaccianti, equini di razza purissima, che l'avrebbero travolto e sepolto simultaneamente, lasciando sui fili d'erba un grigiore sottile di polvere funerea.
    E l'olio ardente, riversato sui nemici temerari, trattati come pesci gettati in una caldaia di liquido bollente, vogliosa d'altre squame da disintegrare.
    Era d'inverno ma nelle stanze dei sovrani, col calore dei fuochi perpetui, pareva d'essere nella fucina del fabbro, l'uomo che forgiava le armi, che le affilava ma non troppo, affinché le sciabole potessero offrire i dolori più lancinanti. La morte doveva giungere lenta, come un premio che salvava gli arti e il corpo dall'inferno bagnato di sangue.
    Il re, nella grande corona tempestata di preziosi, si mostrava come un deo, e le sue vesti scintillavano ad ogni passo deciso e tremendo. L'apoteosi della sua magnificenza giungeva quand'egli tonava: «Servi, a me ! Sudditi, inginocchiatevi alla mia potenza e contemplate le vostre miserrime esistenze !»



    Fonte: autonoma (me medesimo), compresi i testi di esempio.
     
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    Grazie per la guida, l'ho apprezzata anche se conoscevo bene o male l'argomento ma leggerne degli esempi mi ha fatto comprendere meglio quanto questi grandi paroloni oltre che ad appesantire, portano a rendere la descrizione confusa e piatta.
    Ad es. nella descrizione dei rettili del secondo pezzo, mi sono così persa fra le parole da dimenticare di cosa si stava parlando.
    Non sono manco lontanamente riuscita a immaginarmi le lucertole nella descrizione.

    Mi preoccupa un po' il fatto che il primo racconto mi sia piaciuto...
    È grave?
    Il secondo non sono riuscita a finirlo perché straziante, sfiancante, raggelante, incredibilmente sfibrante per delle povere, semplicemente meningi stanche. :P :P
    P.s. Anche se ormai ho scritto, adesso mi è venuto il dubbio che i tutorial non si potevano commentare XD se è così fammelo sapere che distruggo il messaggio ^_^
     
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    "A trattar le persone secondo il merito, chi mai si salverebbe dalle frustate?"

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    Se non avessi potuto, la discussione sarebbe stata chiusa. Ma se non è questo un argomento su cui discutere qui, allora non so :)
    Anch'io spesso, di getto, scrivo in modo aulico, poi passo tempo ad alleggerirlo.
     
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    Lo immaginavo, ma meglio chiedere per essere corretti. No? ;)
     
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    Sì, Albazzurra: quando ho scritto la prima storiella sono stato sadico, perché so che a molti piace quel modo di vergare, ma se uno sta scrivendo con uno stile romanzesco, ossia quello stile che faccia più presa sui fatti esposti, anziché sull'ego ampolloso dell'autore, va a finire che il romanzo (o racconto che sia), diventa prosa allo stato puro, e ciò stride mooolto, sempre, davanti a qualsiasi lettore. ;)
    Aggiungo: non è "delitto" scrivere in modo ampolloso ma quello stile non può reggere per un intero romanzo o un racconto, anche se breve/i.
     
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4 replies since 17/10/2017, 00:30   202 views
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