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Mi rendo conto che questi miei primi esperimenti stanno diventando una macedonia assurda, ma penso sia inevitabile se uno vuole poi man mano
nel tempo acquisire la capacità di "setacciare" ciò che è fango da ciò che è oro.
A ben pensarci la corsa all'oro è una cosa molto "americana", però.
Ben riflessivo e intrigante nella considerazione finale!. -
mister bradipo.
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Eh, guardacaso le scuole di "Scrittura Creativa" sono una invenzione
americana anni '70-'80 quando certi sedicenti autori decisero che si
poteva "insegnare" a fare i romanzieri (facendo anche un bel botto
di grana nel contempo).
Ma vi sono parecchi che prendono ciò che viene scritto in America
o UK come un sacro testo da copiare a piè pari (ricordo un editor
su internet che stroncava qualsiasi stile non ricordasse quello di
Brandon Sanderson), nonchè il principio di "Show Don't Tell"
preso a maniera di un dogma religioso, piuttosto che di una regola
di buonsenso.
Sì intendevo dire il "viaggio mentale".
Per dire, nella mia ultima storia ho inserito dei momenti in cui il
personaggio rifletteva su alcune cose o eventi in precedenza.
Rivedendoli mi rendo conto che forse hanno costretto il personaggio
ad una eccessiva "staticità", ma non so davvero come poter sposare
un minimo di introspezione psicologica con la necessità di un narrato
snello.
Ho provato coi flashbacks, ma quelli possono aiutare
solo in parte.
Mi rendo conto che questi miei primi esperimenti stanno diventando una
macedonia assurda, ma penso sia inevitabile se uno vuole poi man mano
nel tempo acquisire la capacità di "setacciare" ciò che è fango da ciò che è
oro.
A ben pensarci la corsa all'oro è una cosa molto "americana", però.
Ci sono autori che hanno fatto del cosiddetto flusso di coscienza la loro arte, e parlo di giganti del calibro di Virgina Woolf! Altri sono stringati e essenziali e limitano l'azione dei propri personaggi a quella fisica. Un buon compromesso, secondo me, è Frank Herbert (l'autore di Dune per capirci), che inserisce i pensieri dei propri personaggi tra i dialoghi con somma maestria.
Ribadisco quello che mi ha di recente detto uno scrittore affermato: prendi spunto dai cantautori. In due strofe devono descrivere un personaggio.
E così aggiungo io: la chiamavano bocca di rosa, metteva l'amore sopra ogni cosa. Non è forse tutto qui? o devo aggiungere: bocca di rosa era bella e seducente, in ogni suo gesto traspariva il furore della tarda primavera, quando i temporali estivi si affacciano dal mare e spazzano via gli ultimi fiori dai rami degli alberi. i suoi capelli stormivano al vento, e le labbra carnose promettevano passione... secondo me buona la prima!
Che ne dici Axum? ho afferrato il concetto?. -
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Sì, è così, mister bradipo.
In sostanza, a favore della cosiddetta narrativa di genere, in cui si preferisce la narrazione mirata direttamente alla godibilità offerta al lettore, si è sempre (ora non più) contrapposta la narrativa letteraria, una sede in cui l'autore fa solo ostentazione delle capacità retoriche, ponendosi su un pulpito, curandosi più dell'orchestrazione delle parole con cui si esprime anziché le emozioni toccanti che potrebbe trasmettere al lettore.
L'esser reboanti e l'ampollosità in sé (come nell'esempio lodevole di contrapposizione che hai mostrato), non è più dei tempi attuali, poiché il pubblico necessita di azioni e fatti, con narrati in cui potersi immergere e immedesimarsi. Il lettore attuale se ne frega di quanto sia "bravo o colto" l'autore, e ancor meno pensa "a lui-persona", come - invece - avveniva in passato.
La narrativa letteraia era per pochi, di nicchia. La narrativa di genere ha contribuito alla moltiplicazione esponenziale dei lettori, non perché "inferiore" (come dicevano i palloni gonfiati, all'inizio) e nemmeno per la più facile reperibilità, bensì in quanto concreta, più adeguata alla realtà che la narrativa di genere riesce a trasmettere in modo "sanguigno", attraverso una vera e propria co-mu-ni-ca-zio-ne. Ergo, la nuova qualità letteraria trova la sua forza motrice nella capacità di coinvolgimento emotivo che l'autore riesce a trasmettere al lettore, che ne resta appagato, e non... "stupito dalla bravura linguistico-retorica dell'autore (narciso)".. -
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Salvo il mondo accademico.
Quello scrive ancora con tutta la roboante ampollosità dell'ancién regime eh eh.
Ok d'accordo che non scrivono narrativa, ma pure loro dovrebbero pensare
un po' di più all'utente finale invece che fare lubrificazione fallica mentale tutto il tempo.CITAZIONEL'esser reboanti e l'ampollosità in sé (come nell'esempio lodevole di contrapposizione che hai mostrato), non è più dei tempi attuali, poiché il pubblico necessita di azioni e fatti, con narrati in cui potersi immergere e immedesimarsi. Il lettore attuale se ne frega di quanto sia "bravo o colto" l'autore, e ancor meno pensa "a lui-persona", come - invece - avveniva in passato.
C'è chi dice che la necessità di "azioni e fatti" derivi dall'influenza dei medium visivi
su quelli letterari, anche se hai giustamente fatto notare come i registi si siano limitati
a fare con una cinepresa quello che è possibile anche a parole su una pagina.
Riguardo agli americani sul "Writer's Digest" avevo letto una volta un articolo in cui
c'era chi affermava la necessità della "visualizzazione" all'estremo per rendere poi
possibile una più rapida trasposizione in serie Tv dove, a detta sua, "davvero girano
i soldi e il pubblico oggigiorno".. -
mister bradipo.
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una cosa è certa Xarthin, ora come ora chi scrive tende a pensare in termini di "regia".
Quando costruisco una sequenza di scene io la vedo così. E mi rendo conto che può essere anche un limite, ma così è. Ciak...azione!. -
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Non lo sto intendendo come limite, sono il primo a pensare che sia meglio evitare
di scrivere come Joseph Conrad XD
Azione sia... anche se temo che per quanto mi riguarda girerò ancora un bel pò
di film di serie Z (ma senza zombie venuti da Marte).. -
mister bradipo.
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e perché no... pensa riuscire a scrivere di zombi marziani senza cadere nel cliché. Questa è una sfida, altro che i soliti garbugli cervellotici spaziotemporali . -
.e perché no... pensa riuscire a scrivere di zombi marziani senza cadere nel cliché. Questa è una sfida, altro che i soliti garbugli cervellotici spaziotemporali
E interdimensionali.
Scherzi a parte ho un'idea per qualcosa che riguardi dei non-morti,
ma la terrò per più avanti.
Per adesso il mio interesse è sperimentare per acquisire capacità di
regia, più che di scriptwriting.
Insomma, mi piace fare l'architetto di trame ma devo imparare a far
bene il muratore.
Per quanto concerne il riuscire a rendere il carattere di un pg senza tante
descrizioni e molta "visualità", mi hai fatto tornare in mente Sergio Leone.
Lui era sicuramente un maestro nel riuscire a tratteggiare una intera
personalità facendo pronunciare ad un personaggio anche solo due parole,
e lasciando che le sue azioni definissero il resto.
Edited by Xarthin - 5/5/2018, 10:55.