Il rifugio dello scrittore

Tutorial - Le descrizioni del personaggio

Come, quando, e se servono

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    Carissimi,

    oggi affrontiamo un nodo che talvolta genera fraintendimenti sull'argomento: "Show, don't tell".

    Le descrizioni dei personaggi

    Sovente incontro persone che scambiano la famosa dritta "Show, don't tell" per una sorta di obbligo nel fare descrizioni in stile lista della spesa, delle quali vado subito a fare un (cattivissimo) esempio:

    Aveva lunghi capelli biondi, sottili e quasi trasparenti, luminosi come l'oro, che scendevano lungo le spalle, sulla pelle diafana. La statura degna di una dea, con i tacchi altissimi e un vestito da sera, bianco, attillato e lungo, le mani affusolate e le unghie laccate di un rosso carminio, il rossetto delle stesso colore, la bustina di Zendi tra le mani, e i gioielli di Bulbari, due occhi color ghiaccio, le sopracciglia disegnate...
    Già qui, il lettore è probabilmente andato via, a fare altre cose più divertenti e magari più interessanti. In più: dire che il personaggio ha due occhi, due gambe, due ginocchia, due orecchie, due pupille, due iridi, due sopracciglia, due piedi, due caviglie, et similia, è un po' come prendersi gioco del lettore, e dimostra anche il tipico "vergar acerbo".

    Forse l'equivoco nasce proprio dal "mostrare". Per show, don't tell s'intende:
    non metterti a parlare, non raccontare "quello che fa il personaggio", bensì:
    fa che le tue parole lascino intendere le azioni che il personaggio svolge.
    Il più trito e ritrito dei verbi, cioè: trasalire, è un verbo apposito per non raccontare: era immerso nei pensieri e, d'improvviso, si rese conto che qualcuno lo stava interrogando.

    Lo show si concretizza con l'uso dei verbi, con la formulazione di frasi che lasciano trasparire persino l'abbigliamento.

    26/07/18, ore 23:50 EDIT: (incursione temporale e posticcia).
    Dopo nove mesi e nove giorni, giacché un utente mi ha fatto domande utilissime, che mi hanno stimolato a rispondere in modo compiuto, riporto qui quel qualcosa che potrebbe risultare utile a chiunque passi da questo thread.

    La miriade di verbi diversi e specifici che abbiamo nella lingua italiana, ci permette una scelta vastissima di modalità diverse per costruire e dunque esprimere la scrittura per immagini.
    Mostrare non è sintetizzare; mostrare è: riuscire, attraverso la ricchezza dei verbi, a scrivere frasi in cui sembra di vedere quel che accade, come se il lettore fosse davanti a una tela o a uno schermo. Per noi italiani, a merito dei grandissimi traduttori, Show, don't tell significa tutta un'altra cosa, perché noi, coi nostri svariati verbi e con i nostri tipi di sintassi, possiamo permetterci di mostrare (più efficacemente, e in modi ben diversi).
    Se noi scrivessimo come fanno gli anglosassoni, risulteremmo, da un punto di vista linguistico e lessicale, come bambini che arrancano.

    Sintetizzare (all'anglosassone) è:
    Il soldato, colpito, morì sul colpo. (sappiamo soltanto che il colpo è stato letale).

    Raccontare (metodo che può generare facile noia) è:
    Il soldato, ignaro del cecchino appostato dietro una roccia, che sembrava solo una roccia, non si attenne ai protocolli della trincea, perché non avrebbe mai immaginato di potersi beccare un proiettile, e invece fu raggiunto in pieno cranio e, prima di morire, riuscì a vedere il sangue gocciolargli sulla punta del naso.
    In questo raccontare, il lettore ascolta la voce narrante, e riceve fatti "di seconda mano", senza sentirsi troppo coinvolto di persona; il godimento è ridottissimo, e le forme passive, più le elucubrazioni dell'autore fioccano (male).

    Scrivere per immagini è:
    Il soldato sentì d'improvviso un odore metallico arrivargli al naso, e capì che si trattava dell'adrenalina; la sentì anche in bocca. Si gettò pancioni sul fondo della trincea, perché quella roccia a nord-ovest poteva nascondere un cecchino. Attese un solo minuto e si levò dal fondo, mostrando la sola cupola dell'elmetto. Il cecchino c'era, e col suo proiettile cavo attraversò la lamiera del copricapo, devastandogli il cranio.
    Qui l'autore non ha stringato e non ha raccontato come uno che vede e poi riferisce "filtrando" i fatti attraverso le proprie impressioni ed elucubrazioni... Ha mostrato per intero l'immagine di quel che è avvenuto a quel soldato e... IN quel soldato (fatti, sensazioni fisiologico-sensoriali e aspetto psicologico).

    Ritorno al testo del 17/10/17 ...
    Se le scarpe sono di una data marca anziché un'altra, allora dev'esserci un motivo validissimo e concreto, utile alla storia, e non soltanto l'esposizione di un trend o il tentativo di caratterizzazione che lo "premia/esalta" o lo "sminuisce" dal punto di vista estetico.
    Se diciamo che indossa stivali da rodeo, ma poi gli speroni, nella storia, non serviranno a nulla (no arma, no rumore che tradisce, no ultima risorsa per difendersi...), allora il lettore si chiederà a cosa è servito descrivere quel tipo di stivali, sapendo che il tizio è un cowboy che fa pure i rodeo.
    Un bracciale tempestato di diamanti purissimi, sarà utile soltanto se quel bracciale, per dirne una qualsiasi, una a mero caso, servirà, nello svolgersi della storia, come risorsa economica quando il personaggio va in rovina finanziaria.
    Descriviamo soltanto se il dettaglio serve alla storia, altrimenti, oltre ad annoiarsi, il lettore dimenticherà ogni singola descrizione; lo farà nel giro delle due righe successive.
    Comunque siano, le descrizioni andrebbero sempre "sparpagliate", seminate un po' alla volta, facendole comparire di tanto in tanto, e soltanto se in quel momento del narrato quel dettaglio descrittivo serve a qualcosa di utile, quel qualcosa che cattura e intrappola il lettore.

    Le descrizioni stesse, ovvero far vedere al lettore com'è il personaggio esteticamente, o come è vestita la persona, se sono attribuite a personaggi già iconici (un Hippie di 70 anni, un nerd, un emo, un hipster, un barbone, un damerino, un cameriere, un dandy, un tossico strafatto, una squillo, un soldato in trincea, un selvaggio che vive lontano dalla civiltà, una tardona che vuol fare la giovane, un operaio in tuta, un architetto o un avvocato, un ingegnere e il suo fedele casco da cantiere...), sono già auto-rappresentativi. A cosa potrebbe servire la descrizione di una cravatta di seta, se ciò è già un obbligo per chi fa l'avvocato? E le sue scarpe pulite? Sono sempre pulite, perché lui è un avvocato.
    Nessuno si sognerebbe un hippie in smoking, come nessuno immaginerebbe un barbone profumato, coi gemelli d'oro e i vestiti stirati di fresco.

    Il come è vestito, o il come ha i capelli, diventa necessario soltanto se il personaggio, da noi tenuto dapprima in sordina, deve andare a una festa (per dirne una), oppure come diventa dopo ventidue chilometri fatti a piedi, senza cibo né acqua.
    Sarà utile descrivere come si veste, quando noi stessi siamo stati dapprima vaghi, perché il personaggio non è "collocabile" nelle icone o negli stereotipi estetico-formali.

    Dire che l'emo è nero come i capelli, è un bel gioco di prestigio, da maestri, ma: che li stira ogni due ore, o li immortala col gel usato dai falegnami, è già un lavoro inutile, che al lettore potrebbe non piacere, poiché tutti sanno com'è un emo, e se uno non lo sa, s'informa e lo scopre, ergo si illumina e ci apprezza.
    Tuttavia, se pretendessimo che tutti sappiano com'è fatto un boliano adulto, del sistema Bolias, nel quadrante Beta, allora commetteremmo un errore di presunzione (i boliani sono personaggi di nicchia, che solo in pochi conoscono a fondo). Ecco che lì, occorrerebbe senz'altro dire che i boliani adulti hanno la pelle azzurra, assenza di capelli se maschi, il volto suddiviso verticalmente in due emisferi che convergono al centro del volto, attraversando tutto il cranio, e oltre, le labbra, passando per il naso e concludendosi dietro la nuca, e oltre (in realtà non è noto se gli emisferi viaggino lungo tutto il corpo del boliano). Se sanguina, vediamo un liquido apparentemente nero, ma è soltatno blu, molto, molto scuro.


    Fonte: autonoma (me medesimo).

    Edited by Axum - 26/7/2018, 23:50
     
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    Non so se sia il posto giusto per porre una domanda del genere, ma lo faccio, dato che trovo questi tutorial utilissimi e quindi non penso faccia male la maggior visibilità.

    Ho compreso il significato di quanto hai detto; Axum, e lo condivido. Mi chiedevo se questo valesse anche per la descrizione dei luoghi.
    In genere sono uno che tende a sorvolare e prediligere le scene dinamiche, quindi mi trovo costretto a inserire delle descrizioni che al fine della storia sono inutili, come hai detto tu, semplicemente per rallentare il ritmo.
    Come reputi questa scelta? È sempre meglio evitare descrizioni che non hanno un'utilità diretta?
     
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  3. mister bradipo
     
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    CITAZIONE (Showmaster @ 9/11/2017, 18:56) 
    Non so se sia il posto giusto per porre una domanda del genere, ma lo faccio, dato che trovo questi tutorial utilissimi e quindi non penso faccia male la maggior visibilità.

    Ho compreso il significato di quanto hai detto; Axum, e lo condivido. Mi chiedevo se questo valesse anche per la descrizione dei luoghi.
    In genere sono uno che tende a sorvolare e prediligere le scene dinamiche, quindi mi trovo costretto a inserire delle descrizioni che al fine della storia sono inutili, come hai detto tu, semplicemente per rallentare il ritmo.
    Come reputi questa scelta? È sempre meglio evitare descrizioni che non hanno un'utilità diretta?

    Se posso dire la mia opinione penso che le descrizioni non siano mai inutili. Mi spiego: qual è il fine della storia? Cosa intendi per fine della storia? Tizio uccide Caio perché vuole rubargli Sempronia. ERgo: che lo uccida in mezzo al mare o su una montagna non fa differenza perché il fine della storia è la sua vendetta? Quindi descrivere la montagna in cui si svolge il duello avrebbe importanza solo se citassimo eventi che in qualche modo influenzano la storia tipo, per es., una slavina che sommerge i due antagonisti (e che rende necessario descrivere il ghiacciaio situato in cima alla montagna).
    Io penso che le descrizioni facciano parte integrante della storia, e del suo fine quindi. Ci sono autori di ogni genere ed epoca che hanno dipinto degli affreschi di inaudita bellezza e solo per mostrare il mondo che andavano popolando di fatti e persone.
    Che male c'è?
    E' chiaro che non deve diventare un'abitudine pesante e stucchevole, ed è altrettanto chiaro che le descrizioni rallentano il ritmo e dunque vanno usate con sapienza.
    ultimamente io sto cercando di impostare il mio lavoro in questo modo: immagino la scena che intendo descrivere. E mi faccio delle domande preliminari del tipo: 1) livello di drammaticità? 2) durata? 3)quantità di personaggi coinvolti? 4) location?
    In base alle risposte calibro il livello di scrittura. A volte invece che descrivere un tunnel buio per venti righe, citando le screpolature della roccia fradicia nei minimi dettagli, è sufficiente enfatizzare l'odore di muffa e morte che raggiunge le narici del protagonista per rendere l'idea!
    Non so se mi sono spiegato...spero di si!
     
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    CITAZIONE (Showmaster @ 9/11/2017, 18:56) 
    Mi chiedevo se questo valesse anche per la descrizione dei luoghi.
    In genere sono uno che tende a sorvolare e prediligere le scene dinamiche, quindi mi trovo costretto a inserire delle descrizioni che al fine della storia sono inutili, come hai detto tu, semplicemente per rallentare il ritmo.
    Come reputi questa scelta? È sempre meglio evitare descrizioni che non hanno un'utilità diretta?

    La ringrazio per la domanda, esimio Showmaster.

    Hai presente i grandi registi dei film, quando usano i piani ambientali, le panoramiche, i primi e i primissimi piani, che poi sono detti: dettagli?
    Ebbene, ci sono buone notizie, poiché i grandi registi non hanno inventato nulla; hanno solo "rubato" quella maestria dallo scrigno intellettuale dei grandi scrittori.
    Ergo, se il lettore si accorge che tu lo stai - soltanto - tenendo sulla corda, mostrando dettagli ambientali che non serviranno a nulla, allora accade che - dapprima - ti prende sul serio e dunque si fida di te, perché pensa: Se mi ha mostrato una cattedrale con file di alberi maestosi sul viale che conduce alla grande costruzione, e ha specificato che c'è una birreria sulla destra, significa che, prima o poi, quei fattori "torneranno", e l'autore mi farà capire il perché complessivo di quell'immagine .
    Ma... Se poi "il ritorno" non avviene, allora il lettore, letteralmente - s'infuria, perché si sente preso in giro, e dunque prende a svalutarti, a sminuirti o, peggio: a darti dello scrittorucolo.

    Vogliamo chiamarla "simmetria"? Vogliamo chiamarla "logica narrativa"? Vogliamo chiamarla "astuzia dello scrittore"? Vogliamo chiamarla "dovere dello scrittore"?
    Ebbene, comunque vogliamo designarla, quella precisione certosina diventa un diritto inviolabile a favore del lettore.
    Possiamo anche appellarla come: coerenza narrativa.

    Per rispondere in modo direttissimo: il lettore, per il merito della sua posizione "senza responsabilità", diventa - in fase di lettura - almeno tre volte più intelligente dell'autore, e dunque, come dicono quelli che abitano sotto il grandioso Vesuvio: Non lo fai fesso! ;)
     
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  5. Liborio
     
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    Axum,
    è la storia della pistola di Cechov?

    Edited by Axum - 10/11/2017, 14:26
     
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    Una cameretta perennemente disordinata.

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    Ringrazio molto entrambi per le risposte esaurienti, credo di essermi fatto un'idea migliore riguardo le descrizioni.
    Buona giornata! :ci si vede:
     
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    Madadayo!

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    Quindi in soldoni: non mettere mai il superfluo se questo non è necessario alla storia.

    Della serie, non dire che la vecchietta ha una borsetta a meno che nella scena dopo
    non venga rubata da qualcuno, o lei non la utilizzi per mettere KO un rapinatore.

    Punto secondo: si deve inserire solamente ciò che il lettore non può già immaginare
    per conto suo. Ovvero: non descrivere l'abbigliamento di un Re perché tutti si aspettano
    come si vesta un re, mentre il fatto che un ricognitore commerciale galattico di Betelgeuse
    abbia una livrea verde deve essere fatto notare, essendo ciò poco noto.

    O sbaglio?
     
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  8. mister bradipo
     
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    Per come la vedo io la regola va conosciuta ma a volte infranta. Niente é assoluto. L'importante é non abusare ma neppure credo sia piacevole un libro modello registro degli eventi.
    insomma, io credo che un minimo di descrizione serva sempre, sopratutto quando serve x tratteggiare i personaggi. Mi spiego: inutile dilungarsi su colore degli occhi, lunghezza dei capelli, forma del viso ecc ecc. Ma se compare una ragazza che il protagonista si sta mangiando cogli occhi si assume che una descrizione rispecchi i suoi pensieri. Inutile descrivere il lattaio che gli porta il latte e se ne va. Quando svrivo io cerco di immaginare come percepisco la realtá e agire di conseguenza. É come fare una stessa strada un giorno a piedi e il hiorno dopo in auto. Prova a descrivere le due scene. La strada é la stessa ma a piedi scriveró dei profumi,dei colori, delle sensazioni. In auto no, basterebbe svrivere tizio sfrecció per via xxx e raggiunse casa...
     
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    Qualcuno mi corregga se sbaglio, ma ho il sentore che
    questa filosofia "minimalista" forse derivi anche dal fatto
    che si vuole lasciare il più possibile spazio al lettore di
    riempire i vuoti con la propria immaginazione.

    Ovvero è più simile ad un dipinto cinese o giapponese dove
    le nuvole dorate coprono e lasciano esposto, laddove la filosofia
    opposta "ultradescrittiva" è più simile all'arte barocca dove il
    superfluo è ovunque.

    Effettivamente sono d'accordo anche io sul fatto che un compromesso
    fra i due approcci sarebbe, forse, l'ideale.
     
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  10. mister bradipo
     
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    Un errore che facevo all'inizio era di concentrare le descrizioni solo sull'aspetto fisico. capelli, occhi, altezza, corporatura e via dicendo.

    Via via ho imparato a descrivere i personaggi con il carattere, che spesso rivela anche i tratti della fisicità. Come dire, difficilmente un uomo risoluto, dall'espressione fiera e i tratti squadrati evocherà un tombolotto grasso e pelato col naso a patata. Ma posso rendere l'effetto nella mente del lettore senza neppure scrivere un solo elemento descrittivo!
    Altro stratagemma sono i dettagli fisici meno tipici, che spesso spiazzano e rivelano più di ogni altra cosa (tatuaggi, piercing, difetti di pronuncia e via dicendo...)
     
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    Più che altro mi chiedo: sono da evitare i giudizi "oggettivi" sull'apparenza dei personaggi,
    ma quando stiamo utilizzando il POV di un personaggio che guarda un altro e magari critica
    certi suoi aspetti fisici (della serie "ma guarda quel grasso tombolotto lì") credo che si potrebbero
    utilizzare visto che non si tratta della "voce dell'autore".

    Ovviamente andrà reso comprensibile che in quel momento ci troviamo nella "testa" del personaggio.
     
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    Mi complimento con mister bradipo del quale, bianco su nero, ho visto in pochi mesi i progressi di cui parla. Sì, mister bradipo: chi si impegna ne ricava i frutti, e tu lo hai dimostrato in un modo eccezionale.

    Xarthin: un personaggio può dire e pensare ogni cosa personalissima, sennò che personaggio sarebbe? La difficoltà sta nel non lasciar trasparire le intenzioni dell'autore, e un trucco valido per ovviare quell'inconveniente consiste nell'alternare un personaggio con "certi pensieri" a uno con pensieri opposti, o fortemente dissimili. Per fare questo gioco tramite la narrante è sufficiente caratterizzare a dovere i personaggi, dando loro una vera e propria identità di temperamento, meglio se "un po' alla volta", e senza spoiler. :D
     
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    CITAZIONE (Axum @ 27/4/2018, 17:01) 
    Mi complimento con mister bradipo del quale, bianco su nero, ho visto in pochi mesi i progressi di cui parla. Sì, mister bradipo: chi si impegna ne ricava i frutti, e tu lo hai dimostrato in un modo eccezionale.

    Xarthin: un personaggio può dire e pensare ogni cosa personalissima, sennò che personaggio sarebbe? La difficoltà sta nel non lasciar trasparire le intenzioni dell'autore, e un trucco valido per ovviare quell'inconveniente consiste nell'alternare un personaggio con "certi pensieri" a uno con pensieri opposti, o fortemente dissimili. Per fare questo gioco tramite la narrante è sufficiente caratterizzare a dovere i personaggi, dando loro una vera e propria identità di temperamento, meglio se "un po' alla volta", e senza spoiler. :D

    E se abbiamo solo un personaggio?

    Comunque la narrativa mi pare di capire che non sia davvero una scienza esatta, anche
    se mille corsi di "scrittura creativa" in stile anglosassone han cercato di far intendere il
    contrario.
     
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    Nessuna branca dell'arte rappresenta una scienza esatta. :unsure:
    Detto tra te, me e il resto del forum, compresi quelli che qui capiteranno: gli inglesi dovrebbero preoccuparsi di recuperare tutto ciò che hanno perduto nel tempo sull'idioma, ridotto ormai a un semplice "linguaggio", anche per colpa degli statunitensi, che della lingua ne fanno strazio. Se non avessimo i grandi traduttori, che in sostanza riscrivono daccapo i testi originali, cogliendone l'essenza e adattandola alla nostra intelligenza con le preziosità e le ampiezze della nostra lingua, noi italiani considereremmo la letteratura degli anglofoni come il narrar degli infanti. Chissà quante gliene tira l'immenso Guglielmo! :D Stimo molto, invece, i francesi, ancora oggi così rigorosi verso l'integrità dell'idioma, ricco quanto il nostro.

    Se abbiamo un solo personaggio vale la stessa cosa, ma non riesco ad immaginare una storia in cui il singolo personaggio non parla con nessuno, non fa confronti né interazioni. Cosa intendi con: solo un personaggio? Azzardo: un mero viaggio mentale senza eventi concreti?
     
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    Eh, guardacaso le scuole di "Scrittura Creativa" sono una invenzione
    americana anni '70-'80 quando certi sedicenti autori decisero che si
    poteva "insegnare" a fare i romanzieri (facendo anche un bel botto
    di grana nel contempo).

    Ma vi sono parecchi che prendono ciò che viene scritto in America
    o UK come un sacro testo da copiare a piè pari (ricordo un editor
    su internet che stroncava qualsiasi stile non ricordasse quello di
    Brandon Sanderson), nonchè il principio di "Show Don't Tell"
    preso a maniera di un dogma religioso, piuttosto che di una regola
    di buonsenso.


    Sì intendevo dire il "viaggio mentale".

    Per dire, nella mia ultima storia ho inserito dei momenti in cui il
    personaggio rifletteva su alcune cose o eventi in precedenza.
    Rivedendoli mi rendo conto che forse hanno costretto il personaggio
    ad una eccessiva "staticità", ma non so davvero come poter sposare
    un minimo di introspezione psicologica con la necessità di un narrato
    snello.


    Ho provato coi flashbacks, ma quelli possono aiutare
    solo in parte.

    Mi rendo conto che questi miei primi esperimenti stanno diventando una
    macedonia assurda, ma penso sia inevitabile se uno vuole poi man mano
    nel tempo acquisire la capacità di "setacciare" ciò che è fango da ciò che è
    oro.

    A ben pensarci la corsa all'oro è una cosa molto "americana", però.

    Edited by Xarthin - 27/4/2018, 18:11
     
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